I libri di Jack Donovan, senza dubbio, non passano inosservati. Che sia la singolarità dell’autore o la potenza del messaggio, poco importa: queste opere hanno la capacità di saper attaccare frontalmente la decadenza del nostro tempo, suscitando delle emozioni mobilitanti. Con la sua “trilogia del maschio” – iniziata con “La via degli uomini”, proseguita con “Diventare un barbaro” e conclusa dal nuovissimo “Una bestia più completa”, lo scrittore americano sale sul podio delle penne più controverse degli ultimi anni: decine di migliaia di copie vendute, traduzioni in tantissime lingue, un dibattito che non accenna a placarsi e – immancabile – un fiume di polemiche che lo rende “politicamente scorretto”. Non male, come biglietto da visita. Anche quest’ultimo lavoro, fresco di stampa per i tipi di Passaggio al Bosco Edizioni, non tradisce le aspettative e si colloca nel solco dei precedenti: linguaggio semplice e diretto, assenza di fronzoli retorici, riferimenti alti, taglio ancestrale, capacità analitica e propositiva che accompagnano quella critica.
L’incipit, del resto, parla da solo: “questo libro è dedicato ai reazionari, il cui problema è la tendenza a reagire, ovvero ad assumere una posizione puntualmente difensiva e conservatrice, condannandosi così a perdere una guerra d’attrito contro le forze del cambiamento, piuttosto che farsi esso stesso forza di cambiamento”. Un concetto cristallino, che fotografa un atteggiamento diffuso, rispetto al quale è necessario intervenire: perché in assenza di stile, di carattere, di tenuta e di drittura, ogni battaglia sarà inesorabilmente persa in partenza. Jack Donovan, in tal senso, esorta il lettore alla ricerca e al superamento di sé, in barba alle condizioni esterne, allo spirito del tempo e all’egemonia dell’Impero del Nulla.
Se è vero che la mascolinità – per manifestarsi nella sua pienezza – necessita di pressioni esterne oggi inesistenti, è altrettanto vero che non si deve rinunciare ad essere uomini semplicemente perché non si ha il bisogno di cacciare o non si viene chiamati al fronte per combattere una guerra: ciò che risiede nelle virtù, la cui etimologia originaria richiama la mascolinità marziale, ha una validità che basta a se stessa.
La scelta, che diventa spontanea, presuppone una volontà e una consapevolezza: non divento uomo solo perché mi serve esserlo, ma perché lo voglio. Il che non riguarda soltanto il corpo, ma anche le dimensioni più profonde del proprio essere: in tal senso, la Via degli Uomini diventa filosofica. A tracciarne il percorso – in una dialettica che sprona a completamento di sé, quindi al superamento dello stadio attuale – è il costante riferimento a Friedrich Nietzsche.
Nella sua Morale, il genio tedesco dipinge la dinamica del “servo” e del “signore”, richiamando il valore di una vita avventurosa che – connessa ad una nobiltà dell’anima che oltrepassa le contingenze dello spazio e del tempo – può ancora essere coltivata: smetterla di fare le vittime, di rinunciare al mondo, di sentirsi intrinsecamente superiori, di provare invidia e rancore, di accettare la propria prigionia nella speranza che qualcuno venga a liberarci. Una condizione assai diffusa anche nei lidi “dissidenti”, sempre pronti a puntare il dito contro un potere che – oltre ad essere ingiusto – rappresenta il più sicuro degli alibi.
Il pregio di Jack Donovan, al netto di ogni giudizio, è quello di saper guardare in faccia la realtà: dismettere la strada più confortevole, per affrontare le asperità del presente. Il rovescio esatto di un mondo che ha fatto della rinuncia e della debolezza i propri tratti fondanti, in linea con un modello consumistico che reclama passività, apatia, fluidità e assenza di giudizio.
Nel sinergico equilibrio del pensiero e dell’azione – che rifiuta la mera ipertrofia esclusivamente fisica come lo snobismo rinsecchito del topo da biblioteca – si manifesta la giusta tensione verso l’alto: solarità, bellezza, forza e armonia, nella scelta vitale del “qui ed ora”.
L’orizzonte – allora – sarà quello della conquista implacabile, di sé e del mondo: un’opera verticale e famelica nelle periferie desolate dello spirito; una perenne accettazione delle sfide, con lo sguardo rivolto alla vittoria. In mezzo alla marea informe di pseudo manuali motivazionali per aspiranti manager a caccia di notorietà, queste pagine suonano come un disperato appello agli ultimi superstiti: una scossa di energia che mette a nudo e riporta all’essenziale, rammentando l’importanza di essere “creatori di se stessi”.Questo principio, in fondo, è una forma di magia: trasforma l’essere umano in un divino scultore di valori eterni. Perché “l’uomo Nobile pone la sua volontà come bussola del proprio agire, ed agisce basandosi sul proprio interesse o su quello della propria gang, della propria tribù o del proprio gruppo”. Parole nette, che restano scolpite nella pietra. Del resto – anche se ci hanno convinti del contrario, la verità è una cosa semplice. Riscopriamola, diventando delle “bestie più complete”.