Quando in un ente girano tanti soldi e gli organismi di controllo sono “leggeri”, la tentazione di mettere le mani nella marmellata è tanta. Lo strapotere conferito ai governatori, dalle leggi Bassanini in poi, dal Federalismo italiano, irrobustitosi alle soglie del duemila, quindi a metà degli anni novanta, fu, probabilmente, un errore. Quando si distribuirono le risorse alle Regioni e agli enti locali invocando l’autonomia organizzativa e finanziaria si pensò che ciò fosse la panacea di tutti i mali. Sbagliato. Si è indebolito lo Stato, il suo vero centro, la sua autorevolezza e la propria forza propulsiva di Paese. Si sono creati tanti sceriffi padroni nella propria “contea”, sebbene forti del consenso popolare. Ed è così che in Puglia lo sceriffo Vendola, finito nello scandalo dell’Ilva, ed alcuni suoi assessori, finiti nella rete del malaffare, ha fatto da sponda per una presunta rinascita proposta dall’attuale sceriffo Emiliano, che oggi si vede decimato il proprio esercito.
Dalla poco esaltante esperienza dell’Ospedale Fiera nel periodo Covid agli scandali nel mondo della sanità o della protezione civile (vedasi la vicenda Lerario, presidente della Protezione Civile arrestato per la ruberia delle mascherine) o si pensi agli scandali legati al Comune di Bari dove campeggia la bandiera di Decaro, successore in pectore dello sceriffo Emiliano. Insomma, è mai possibile che a qualcuno non venga in mente che si tratta di un problema “sistemico” e che i tanti milioni di euro che gestisce l’ente regionale, in questo caso la Puglia, possono finire nella rete del malaffare proprio per un fatto endemico? Oggi la situazione è degenerata e talune forze politiche fanno finta di non vedere o non ne parlano (essendo un argomento scomodissimo) oppure, artatamente e per fini strumentali, allargano la macchia d’olio. Non è nemmeno bello fare finta che gli “Alfieri” del centrosinistra di oggi non esistano o che non siano stati presi a modello di un presunto buongoverno.
Si vota anche a Lecce e quindi è giusto che le elezioni si svolgano lontano dalla logica del favore illecito o dello scambio, i potenti assessori regionali facciano politica sui temi (se ci riescono) e non promettano mari e monti o non mettano in scena il peggiore dei do ut des. Si faccia politica sulle problematiche dei cittadini e non sulla pelle degli stessi si balli la danza dei privilegi. Il “sistema” può colpire anche le piccole comunità al voto, preda di meccanismi non leciti, sia chiaro. E poi, anche le aziende, soprattutto quelle che si sono fatte largo nel mercato grazie ad intuizioni o al lavoro: non si lascino irretire gli imprenditori da presunte agevolazioni o da partecipazioni troppo intime della politica nostrana nel proprio organigramma. Emiliano parla di rimpasto, Conte di azzeramento, Renzi di dimissioni, tutte formule buone per la scalata alle elezioni europee, per galleggiare anche stavolta in un mare di ambiguità e di sotterfugi, di finte contrapposizioni e di reali contrappesi. Il Dio denaro non è certamente la soluzione e tutti gli scandali che hanno travolto l’Italia dal dopoguerra ad oggi ne sono la plastica rappresentazione.