Tito Menichetti, primo martire pisano degli “anni incendiari”

Gen 10, 2024

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Tito Menichetti nasce a Pisa il 9 dicembre 1898. Nel 1916, a diciassette anni, parte volontario per la guerra.  Al rientro dal fronte, si trova colpito dalla situazione italiana:

Congedato, è sorpreso dallo scempio che si faceva per le piazze della sua Patria di quanto egli aveva costruito insieme con la più bella gioventù italiana per lunghi anni: è nauseato dalla viltà di ministri e dirigenti: attende con animo fremente di sdegno il segnale della riscossa. Quando l’ora scoccò nel quadrante delle fortune della Patria. Egli è ancora al suo posto: fascista!

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Si iscrive immediatamente al Fascio di Pisa, facendosi valere il 2 marzo durante lo sciopero ferroviario e l’insurrezione dei comunisti toscani.
Il 25 marzo del 1921, i fascisti pisani si muovono, dopo aver saputo che sulla porta di un circolo ricreativo e sulle case operaie della cittadina di Ponte Moriano erano stati posti i simboli dei Soviet: falce e martello. [1] Il direttorio del Fascio di Lucca avvisa immediatamente la pubblica sicurezza di provvedere alla rimozione in quanto non avrebbe tollerato ancora per molto un simile fatto. Non ottenendo risposta, circa 60 fascisti di Lucca e di Pisa partono su due camion. A 100 metri dal paese, tra Ponte Rosso e Fabbrica Nuova, il camion dei fascisti pisani si deve fermare per un guasto. Si decide di dividersi in due squadre: il grosso si incammina verso il paese, mentre 5 fascisti restano a guardia del mezzo per cercare di ripararlo. Il grosso del gruppo si reca alla sede del circolo, chiedendo la sostituzione dei simboli con una bandiera tricolore. Alla risposta negativa, sfondano il portone e distruggono la sede del circolo. Come risposta dalle finestre delle abitazioni vicine partono dei colpi di arma da fuoco a cui i fascisti rispondono. Scontro che si risolve con l’intervento dei carabinieri senza nessun ferito. [2]

Durante l’azione il secondo gruppo, rimasto a sorvegliare e aggiustare il camion, viene assalito da “un centinaio di comunisti armati; incominciavano a sparare colpi di rivoltella uno dei quali feriva mortalmente il tenente ex volontario di guerra a 17 anni, decorato al valore, Tito Menichetti[3].

Menichetti seduto su un muretto fiancheggiante un canale, colpito alla testa da un colpo di rivoltella, cade nell’acqua venendo trasportato via dalla corrente. [4] I suoi 4 camerati, a rischio della propria vita, visto che gli assalitori si posizionavano a riva per ostacolare il ripescaggio della salma, riescono a ripescarlo in fin di vita. Dopo breve tempo, esala l’ultimo respiro. Da Lucca, intanto, sopraggiunge un camion con a bordo 25 carabinieri con il capitano e il vice commissario: i comunisti, quindi, fuggono nei campi.

Carlo Scorza tratteggia questo ricordo di Menichetti:

Il 25 marzo del 21 venne a Lucca e con pochi suoi fratelli in fede partì per il Ponte a Moriano, ove doveva essere acceso un nuovo focolare di italianità in mezzo alla tenebra folta che per anni l’odio e la malvagità avevano diffuso tra l’ignoranza e l’errore. A Ponte a Moriano egli non giunse: restò a guardia di una automobile avariata. Fu circondata da bestie avide di sangue: non volle uccidere perché il suo animo, assetato di bellezza rifuggiva da ogni bruttura; ebbe una pallottola nel capo mentre consegnava la sua arma. Lo pescarono morente in fosso melmoso che il Suo sacrifizio ha ormai reso puro come una fonte battesimale. Il padre, la madre, la sorella non hanno più lacrime perché il dolore le ha tutte consumate: i suoi fratelli di lotta non hanno più fiori perché li hanno tutti colti e posti ai piedi del Suo altare: Ogni degno figlio d’Italia però serba nel suo cuore la Sua luce e la Sua certezza. [5]

Adunata Squadristi Roma 22 Marzo XVII un camion in corsa trasporta

La salma di Menichetti viene portata a Pisa, dove il 29 marzo si svolge il suo funerale con una partecipazione immensa, alla presenza di autorità civili, militari e politiche. La cerimonia si svolge nella chiesa di San Frediano: il corteo funebre attraversa tutta la città di Pisa ed è preceduto da un plotone di Carabinieri e di militari del Reggimento Artiglieria a cui seguono le autorità cittadine e le Guardie Regie.

“Stamane con enorme concorso di folla, di cittadini di tutte le classi sociali, delle autorità si è svolto il trasporto funebre del fascista Tito Menichetti assassinato a Ponte Moriano (…) Tutta la città era imbandierata con vessili abbrunati”. [6]

Il rettore Pinzani concede che il corteo funebre per il caduto si fermi nell’atrio del palazzo della Sapienza, intervenendo in prima persona e pronunciando un commosso discorso. Dopo pochi giorni Giuseppe Menichetti, padre del caduto, scrisse una lettera al rettore ringraziandolo delle “lacrime che versavano i di lei occhi durante le di Lei tenerissime e commoventi parole pronunciate nell’atrio della R. Università sul feretro del nostro amato Tito”. [7] Ma i fascisti non dimenticano l’uccisione vigliacca del loro camerata, giurano vendetta tappezzando le mura di Pisa di manifesti: “Tito Menichetti sarà vendicato senza pietà”. A pagare con la vita sarà il maestro e segretario della federazione pisana del partito socialista, Carlo Cammeo, che aveva scritto un articolo [8] in cui condannava il manifesto e derideva la partecipazione femminile a una manifestazione fascista. [9]

Pisa, manifestazione fascista attraversa il Ponte di Mezzo

Tito Menichetti, primo martire del fascismo pisano, è descritto in questo modo:

“Con ardore e valore aveva preso parte, giovane bello e ardito, alla santa guerra di liberazione […] ucciso […] dopo una non sanguinosa dimostrazione fascista, quando egli se ne stava seduto in quiete ad aspettare che l’automobile fosse rimessa sulla strada del ritorno”. [10]

Nel primo anniversario della sua morte, il PNF pubblicherà il seguente manifesto:

“Tito Menichetti è un martire che la ferocia nemica ha elevato a simbolo fulgidissimo di questo nostro movimento che pone la Madre Italia al di sopra di tutto e di tutti. Figlio generoso di questa nostra Pisa, egli che aveva valorosamente combattuta la guerra, tornato in Patria, sentì tutto lo sdegno per la folla e per la delinquenza che ovunque mirava a soffocare il sacrificio, l’eroismo e la vittoria. E fu nuovamente un combattente. Fu dei primi, fu dei migliori Italiani! Tito Menichetti, che oggi vogliamo ricordare, è un esempio di fede mirabile, è severo monito per i vili che armarono la mano dell’incosciente alla loro bieche vendette. E cadde per mano di uno di questi figuri della teppaglia rossa, mentre serenamente, con anima d’italiano, portava la parola Patria in una contrada della nostra terra avvelenata, oggi redenta dal suo sangue; cadde eroicamente come tutti i nostri morti, lasciando ormai eterna del sublime suo sacrifico. Ma non muore colui il quale dà la propria esistenza pel trionfo di una sacra idea! Tito Menichetti è con noi, oggi, come ieri, come sempre. È con noi per guidarci, con la sua fede, col suo entusiasmo, col suo eroismo, verso la conquista di una Patria in cui il sentimento italiano trionfi su tutto ciò che è vergogna ed insulto verso coloro che combatterono prima per la grandezza e che combattono oggi per la dignità d’Italia. Per Tito Menichetti, eja, eja, eja, alalà!”. [11]

Monumento a Tito Menichetti

In seguito, saranno a lui dedicati un Fascio rionale e una canzone sull’aria dell’Inno a Giovanni Berta [12]; inoltre, gli verrà riconosciuta la laurea ad honorem e sarà eretto – nel 1926, in Piazza Gorgona a Marina di Pisa – un monumento in suo perenne ricordo (rimosso alla fine della guerra, nel 1945). Infine a lui sarà dedicato, nella primavera del 1923, il Fascio di combattimento di Ginevra.

[1] Già in precedenza ci furono aggressioni ai danni di fascisti. Il 21 marzo il fascista Italo Puccianti, studente diciannovenne, venne aggredito
[2] Una spedizione di fascisti lucchesi finita in un conflitto con un morto, La Stampa, 26 marzo 1921
[3] G.A. Chiurco, Storia della rivoluzione fascista
[4] Un anno dopo la morte di Menichetti si concluse il processo con la condanna a 17 anni e 7 mesi di reclusione per il ferroviere Giuseppe Neri
[5] C. Scorza, Nostri morti: ricordi
[6] Solenni onoranze al fascista assassinato a Ponte Moriano, Il Popolo d’Italia, 30 marzo 1921
[7] Il biennio rosso in Toscana 1919-1920
[8] C. Cammeo, Incoscienza, Ora nostra, 1 aprile 1921
[9] Libicus, Le Valkirie, Ora nostra, 8 aprile 1921
[10] Chi ha provocato?, Il Ponte di Pisa, 1 aprile 1921
[11] M. De Simone, Pagine eroiche della rivoluzione fascista
[12] https://www.aclorien.it/archiviocantipatriottici/song.php?id=6205

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