Sound of Freedom: un film coraggioso, da vedere e diffondere

Feb 22, 2024

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Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina, e fosse gettato negli abissi del mare”. In questa citazione evangelica (Matteo 18,6), pronunciata con un ghigno di sfida e disprezzo dal protagonista all’atto di arrestare e togliere di mezzo per sempre un pedofilo, forse ricade davvero il significato profondo di Sound of Freedom (2023, 131 min.). Tuttavia, per comprendere davvero la portata dell’ultima opera di Alejandro Monteverde, in Italia solamente due giorni (19 e 20 febbraio) per Dominus Production, bisogna fare un salto in avanti, sino allo sbarco nelle sale americane e a quanto è successo dopo.

SOUND OF FREEDOM - IL CANTO DELLA LIBERTÀ - Cinema Raffaello Cinema  multisala Modena con prime visioni film Cinema di Modena

Sound of Freedom non è certo il primo film nella storia del cinema a narrare le vicende di un probo e valoroso agente speciale impegnato in qualche missione impossibile: da Donnie Brasco (1997) in poi, indimenticabili capolavori sono stati scritti e realizzati al riguardo, e l’opera di Monteverde – va detto – da un punto di vista artistico certo non è un capolavoro. Comunque, la storia di Tim Ballard meritava di essere raccontata. Agente della HSI (branca della ICE, ovvero la forza federale dedita al contrasto dell’immigrazione clandestina), poi fondatore e responsabile operativo di Operation Underground Railroad, progetto finalizzato al recupero di bambini rapiti e trafficati, e quindi speaker di successo, Ballard ha trascorso buona parte della sua esistenza a rimestare nel torbido più osceno e disgustoso, a fare del male più indicibile il proprio pane quotidiano, a muoversi dove molti neppure oserebbero arrivare col pensiero per salvare dall’orrore le sue vittime più innocenti e indifese.

Caviezel: 'Sound of Freedom' a 'weapon of mass instruction' to end child  trafficking - Catholic Review

Una vita simile, dunque, andava raccontata, e per impersonare sé stesso, lo stesso Ballard volle Jim Caviezel, già sex symbol hollywoodiano messo al bando dal gran giro a seguito del suo Gesù in La Passione di Cristo (2004), accusato dai soliti noti di antisemitismo. Intorno a Caviezel, e con il contributo fondamentale di Eduardo Verástegui, attore/produttore messicano e altro volto celebre dello “show-biz cristiano”, Sound of Freedom iniziò a prendere forma, e presto debuttò nei cinema. Fu un cataclisma, semplicemente un cataclisma.

Da un lato, infatti, l’intera galassia mediatico-intellettuale progressista impazzì. I grandi giornali presero a inveire contro quello che era – del resto – un film semplice e artigianale, accusandolo di essere un manifesto QAnon[1], di costituire un disgustoso pezzo di propaganda religiosa, di rappresentare un attacco frontale alla comunità LGBT, entro i cui protetti confini – evidentemente – le anime pure della buona nomenklatura democratica ritengono di annoverare anche i pedofili, sempre più spesso (e con sempre meno ritegno) chiamati “minor-attracted persons”, pudica definizione pseudo-tecnica creata ad arte per camuffare la vergogna. A una simile levata di scudi, però, il pubblico ha reagito in maniera assai diversa rispetto a quanto preventivato. Letteralmente, ha affollato le sale, nonostante il moltiplicarsi in tutti gli Stati Uniti di boicottaggi fisici, picchetti, minacce di morte agli esercenti, misteriosi malfunzionamenti agli schermi che hanno portato alla cancellazione di numerose proiezioni, talvolta con gli spettatori già accomodati sulle poltroncine[2]. Sound of Freedom – neanche a dirlo – ha rappresentato, con i suoi oltre 250 milioni di dollari d’incasso, uno dei successi più strabilianti di tutti i tempi per un film indipendente, trionfo tale da portarlo a battersi nientemeno che con tutti i più pompati blockbuster sfornati dalle majors del campo.

Sound of Freedom” è già un caso anche in Italia, prima dell'uscita - Tempi

Una vera battaglia, dunque, consumata senza esclusione di bassezze. Una battaglia, dicevamo, utile però a comprendere in profondità la portata del problema che Sound of Freedom è e continua ad essere per la via woke al mondo nuovo. Chi ha visto il bellissimo Child 44 (2015), ricorderà l’assenza di scrupoli delle autorità sovietiche nel coprire crimini aberranti pur di non intaccare il mito del paradiso socialista in terra. Il progressismo moderno, degno figlio degli immondi postriboli di Weimar, non si limita a insabbiare abusi, ma della cooptazione dei più piccoli, dei più plasmabili, alle proprie cause – dal transgenderismo alla ‘liberazione sessuale’ – ha fatto una vera e propria bandiera. E dietro certe bandiere, un vero e proprio inferno si stende nel silenzio collettivo.

Sound of Freedom, come forse pochi altri film prima, questo silenzio lo infrange senza censure, senza poesie e senza pudori, sbattendo in faccia a chi vi ci si accosta l’intera filiera del traffico di minori, organizzata in modo capillare su più nazioni e in scala industriale, risalendo insieme all’agente Ballard – di mostruosità in mostruosità – dal consumatore finale alla piovra dei cartelli, responsabile dello smistamento del ‘semilavorato’, sino al reperimento della ‘materia prima’ nei sobborghi poveri dell’America Latina. Tuttavia, se solo di questo si fosse trattato, per quanto enorme la bruttezza del mostrato, il film di Monteverde non avrebbe impattato in modo così deflagrante. Infatti, oltre alla verità realista e al coraggio da vendere, Sound of Freedom contiene un’idea ancora più preziosa – e ancora più scomoda – per quanti sono ben consapevoli che – tutto sommato – il miglior alleato della decadenza sia il fatalismo di chi vi si oppone.

Trump screens 'Sound of Freedom,' seeking to rally evangelicals with  trafficking fear - ABC News

L’agente Ballard – poco importa se le sue gesta sono state imbellettate da sceneggiatori compiacenti o meno – prima di essere uno sbirro è un Padre, e prima di essere un Padre, è un Uomo. Padre e Uomo, Uomo e Padre costituiscono nella sua figura un binomio inscindibile e armonicamente coeso, attributi capaci di condurre l’individuo ad azioni inverosimili sulla sola scorta del proprio amore per quanto è giusto. Posto dinanzi ai più inverecondi escrementi dello spirito, immerso nel fondo più limaccioso e violento di una cloaca inimmaginabile, l’agente Ballard non si tira indietro. Potrebbe sottrarsi allo schifo, anzi dovrebbe: perseverare gli costa la carriera, e quasi il matrimonio. Prove durissime da affrontare – fisicamente e moralmente – gli si rovesciano addosso senza soluzione di continuità, l’una addosso all’altra, e nessun premio gli si profila all’orizzonte. Eppure, il Ballard Uomo e Padre in tali prove ci si lancia ugualmente, senza alcuna verve da supereroe o da “vigilante mascherato”, scosso dalla paura, dalla rabbia, dall’angoscia e da mille altri umanissimi sentimenti, e conscio che l’unico suo ringraziamento sarà lì, in quel “canto della libertà” dei bambini liberi e felici scampati grazie a lui a un destino atroce, in quella macina legata al collo di bestie ahimé realissime, finite a loro volta nel laccio di ben altri cacciatori.

Quando chi scrive visionò per la prima volta Sound of Freedom in un cinema maltese, il silenzio di tomba che impregnava l’atmosfera della sala al termine della proiezione gli parve lambire per qualche istante anche le luci, i colori e i rumori della vita notturna che esplodeva giusto fuori dalla porta. Eppure, non si trattava di un silenzio sgomento. Piuttosto, era la quiete turbata e meditabonda di persone qualunque, che magari mai avranno letto colte pagine di lotta e conquista, ma che per una sera, per il tramite di una pellicola indipendente, senza pretese di memorabilità e digiuna di riconoscimenti artistici, carica soltanto di una determinazione disperata e forse proprio per questo così bella, hanno visto un uomo agire anche laggiù dove nessuno vorrebbe, e anche se soltanto per pochi bambini figli di nessuno, aggredire la sorte col ferro della propria volontà e cambiarla. Tutto ciò, in fondo, già di per sé è una vittoria.

NOTE:

[1] Definizione convenzionalmente usata per indicare un florilegio di teorie complottiste e cospirazioniste perlopiù diffuse in ambienti della destra statunitense.
[2] Una simile ordalia di boicottaggi interessò anche un’altra produzione indipendente ferocemente invisa al fronte progressista, ossia l’ottimo Gosnell (2018). Per la regia di Nick Searcy, l’opera seguiva le indagini che portarono all’arresto di Kermit Gosnell, insigne medico abortista di Philadelphia condannato all’ergastolo per l’omicidio di tre neonati sopravvissuti a un’interruzione di gravidanza. Purtroppo, a differenza di Sound of Freedom, la mancanza di star del calibro di Caviezel nel cast e l’assenza di una distribuzione sufficientemente organizzata portarono alla riuscita del boicottaggio, e al quasi completo oblio della pellicola.