Riscoprire Tolkien e l’immaginario europeo: radici, natura e Tradizione per assaltare il futuro

Ott 22, 2023

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John Ronald Reuel Tolkien non è stato semplicemente uno scrittore. E non perché fosse anche filologo, glottoteta, accademico e linguista. C’è di più, indubbiamente: possiamo affermare, senza timore di smentita, che il genio di Bloemfontein sia stato il più autentico “creatore di mondi” dell’epoca contemporanea.

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La sua vita e le sue opere, nell’ultimo ventennio, sono state oggetto di un rinato interesse planetario, certamente moltiplicato dalle audaci pellicole cinematografiche dirette da Peter Jackson. Non a caso, il mainstream globalista si prepara a riconfigurare la celebre epopea fantasy de “Il signore degli anelli” nell’ottica psicotica della “cancel culture”: azzeramento dei cosiddetti “stereotipi”, de-virilizzazione coatta dei protagonisti e inserimento di personaggi “black” nelle trame. Anche per questo – allora – si rende necessaria una corretta rilettura dell’opera tolkeniana.

In tal senso, “Tolkien, l’Europa e la tradizione” – curato dall’Institut Iliade e pubblicato da Passaggio al Bosco Edizioni – è un eccellente contributo da mettere agli atti. Il testo – vergato da Armand Berger ed arricchito dai contributi di Paolo Gulisano ed Alessandro Manzo – contiene già nel titolo tutti gli elementi per una sana riscoperta del gigante britannico. Un tascabile di grande livello, il cui scopo primario è quello di riconnettere “la Civiltà e l’immaginario”: attingere ad una eredità che preserva il sacro, sforzandosi di alimentarne tenacemente la fiamma. Perché, scrive l’autore,

“spetta alle generazioni che verranno il viaggiare in contrade ancora sconosciute, lastricate di favole e leggende che trasmettono una saggezza che viene dall’essenza stessa della vita, lontani dalle complicazioni della società moderna”.

La réécriture des mythes européens dans le Seigneur des Anneaux (1/3) | Institut Iliade

Questo viaggio, che ha il potere di far luce su aspetti e sfumature che pochissimi hanno colto, ci permette di riportare al cuore i grandi Poemi di fondazione: l’Iliade, Beowulf, l’Edda e il Kalevala. Non solo: ci proietta nel ciclo arturiano, nella tradizione finnica, nell’immaginario pre-cristiano, in quello celtico, ellenico, germanico, vichingo, latino e anglosassone. Tolkien, insomma, illumina le pendici della nostra immaginazione e la struttura più profonda della nostra cultura, trasformando in creazione ciò che è visione.

Nel farlo, riafferma un’etica guerriera che ribadisce la centralità della parola data, il valore del sacrificio, il senso del dono disinteressato, la glorificazione della lealtà, il rapporto ancestrale con l’onore. La parabola stessa di Frodo Baggins, del resto, suggerisce un eroismo della responsabilità. Interessante, poi, è il richiamo ad un’ecologia del radicamento che contempla il cosmos e richiama un approccio heideggeriano dell’abitare, in linea con la funzione quadripartita dell’esistenza: la terra, il cielo, i mortali e le divinità.

L’eredità del grande bardo – insomma – è davvero sterminata: riscopre e reinventa decine di lingue, compiendo studi pionieristici sullo spazio culturale indoeuropeo; sogna controcorrente, connettendosi alla Tradizione; restituisce vigore alle fiabe, disancorandole dal mero intrattenimento infantile e ricollocandole nel solco di una verticale tensione al meraviglioso.

Armand Berger, Tolkien l'Europa e la Tradizione

Tolkien – dunque – ci offre un vero e proprio “incanto del mondo”. Tuttavia, sta a noi coglierne l’essenza più intima, facendone tesoro e disinnescandone i rischi: perché la “terra di mezzo” non deve rappresentare una comoda e fantasiosa uscita dalla storia, ma una tenace e concreta metafora della vita, riallacciando i fili del mitologico e del reale nel perenne orizzonte della buona battaglia, che poi è sempre quella del sangue contro l’oro, del radicamento di stirpe contro l’universalismo astratto e dello spirito invitto contro la decadenza del volgo materiale. 

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