“Onorane gli artefici ed i martiri. Onorala nell’immagine del Caduto che le ha offerto la sua vita e in quella del mutilato che le ha sacrificato il fiore della sua carne; riconoscila nella canizie della madre orbata del figlio, nel sorriso dell’orfano. Esaltala in chi le ha consacrato la luce del suo intelletto operando per la sua grandezza”.
Pietas: è questo il valore trasmesso dal quarto punto del decalogo delle Ausiliarie. Un principio che si può riscontrare nella storia di Raffaella Duelli, l’Ausiliaria che dedicò la sua vita alla solidarietà e al volontariato.
“Nel dopoguerra ho studiato presso la scuola per il servizio sociale e poi ho frequentato la facoltà di psicologia. Ho lavorato per undici anni presso la scuola speciale per subnormali a Roma, per diciannove nella struttura degli assistenti sociali di quartiere a Ostia, e infine come assistente sociale nella Città dei ragazzi di Roma. Per quanto tempo? Per altri sette anni”.
Ben 37 anni di volontariato, dunque. Volontaria “per l’Onore d’Italia” nel Battaglione Barbarigo della Decima Flottiglia Mas, agli ordini del comandante Junio Valerio Borghese. Prima di intraprendere la strada di Ausiliaria, Raffaella coltivava la passione per l’arte e la letteratura; aveva anche scritto un’opera teatrale dal titolo “Il richiamo del cuore“.
Ebbe modo di dire, raccontando il suo impegno:
“Tante mamme ci chiedevano notizie dei propri figli, caduti in guerra. Ambivamo a dare loro una tomba sulla quale portare fiori, insieme alla creazione di un luogo nel quale fosse testimoniato l’eroismo di chi ha combattuto per difendere il suolo patrio. Nell’opera di recupero delle salme dei combattenti e nella quotidiana attenzione per chi soffre − qualità essenziale nella mia professione − c’è la stessa forza dei valori. Gli ideali di solidarietà e patriottismo che animavano la mia prima giovinezza li ho trasferiti nell’impegno per i bambini delle periferie romane. Una certa idea della patria non può essere disgiunta da quella di solidarietà e di giustizia sociale”.
L’ex ausiliaria riportò tutti i suoi ricordi in un libro ormai introvabile – “Ma nonna, tu che hai fatto la guerra…” (Edizioni Ter) – nel quale racconta il suo percorso ideale alla nipotina. Fu proprio questo spirito di pietas che portò alla realizzazione del Campo della Memoria di Nettuno, un sacrario militare nel quale riposano sessantatré soldati e nove eroi senza medaglia, combattenti sul fronte laziale per i quali non è stato possibile compiere alcun riconoscimento.
Raffaella Duelli, tra gli altri, lottò per dare degna sepoltura a tutti quei giovani che avevano lottato dalla parte dei vinti. Lo Stato italiano, del resto, aveva trovato terra ad Anzio per un enorme cimitero americano e per un altro cimitero inglese, mentre a Pomezia c’era già il cimitero tedesco. Una situazione disumana e paradossale, che porto l’Associazione Decima, e con questa la Duelli, ad acquistare un terreno tra Anzio e Nettuno dove venne realizzato – appunto – il “Campo della Memoria”.
La Duelli, però, non fu sepolta lì, dal momento che, quando morì, non era più un militare, anche se rimase sempre una fiera combattente nella difesa della Patria, dell’onore e della pietas.
“Il volontariato, la scelta di schierarmi in prima linea a difesa dei poveri e degli emarginati, è stata una valutazione politica, un modo per far rivivere gli ideali nei quali credo anche nel la quotidianità, nella professione che ho svolto per una vita”.