Per una nuova economia prometeica

Dic 1, 2023

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L’Economia è la gestione delle risorse scarse. Così definita essa stabilisce la gestione di ciò che non è infinitamente disponibile e, se correttamente intesa, limita gli sprechi e garantisce la sopravvivenza della vita all’interno del proprio ambito di responsabilità. Una volta raggiunto il livello di sussistenza l’economia accresce la spinta vitale verso la politica di potenza e persino verso l’espansione. 

Da queste poche righe appare già chiaro come l’economia si ponga in diretta relazione con la politica, la tecnica e l’ecologia. Anche se tale rapporto è divenuto gerarchico nel mondo contemporaneo capitalista, ove è l’economia a dettare le norme alla politica. Ma di quale economia stiamo parlando? Quella della gestione delle risorse scarse o quella delle speculazioni, che sulla scarsità può fare perno? 

Tutto appare chiaro e condivisibile sinché si rimane sul piano delle definizioni astratte e delle dichiarazioni di intento: ma non è il piano sul quale avviene il dibattito politico quotidiano, soprattutto quando le istanze mainstream vengono contestate sull’agone social, ove si svolge una parte considerevole del dibattito antisistema [1].

Contro la logica delle opposizioni: “Inquinare per andare contro Greta” e “Sprecare per andare contro i razionamenti”

A fronte delle parole d’ordine in campo ecologista propugnate dal golem Greta Thumberg, una parte consistente della platea social non allineata ha sostenuto immediatamente una logica suicida e irrazionale di stampo manicheo: si è infatti arrivati ad elogiare l’inquinamento come risposta antitetica alle mode “gretine”; il che equivale ad iniziare a fumare soltanto per dare contro alla pubblicità “il fumo uccide”. 

Di non differente approccio sono le rivolte social rispetto agli inviti alla riduzione dei consumi e degli sprechi susseguenti la crisi – più speculativa che energetica – e idrica – questa tristemente vera – del 2022: lo spreco è sempre stato un elemento eticamente inammissibile rispetto a chiunque propugni una politica anticonsumista, spartana e ascetica. Dove è finito il contadino/milite politico povero ma fiero? Tra l’altro, ironia della sorte, si finirebbe per abbracciare la politica dello spreco propugnata già negli anni Trenta del secolo scorso da autori, tutto sommato funzionali al sistema, quali G. Bataille.

Quasi affetti da una forma di stanchezza intellettuale, gli scontenti del web rifuggono lo sforzo psichico necessario per capire quanto le istanze del sistema si basino su aspetti concreti (inquinamento, cambiamenti climatici, risorse scarse, crisi idriche) e quanto sulla base di tali aspetti concreti ci sia in termini di strumentalizzazione ideologica e speculazione economica. 

A questo si aggiunge una cronica incapacità di sapersi rifare alle origini dialettiche e terzaforziste delle proprie radici ideologiche. Come ben rilevato anche da altri, è soprattutto il fronte alternativo italiano a non saper fare un uso corretto dei propri autori di riferimento. 

Aumentare le risorse tramite la tecnologia

Per risolvere problematiche energetiche o ambientali è sterile ricorrere fattualmente o invocare mediaticamente un neo luddismo; al contrario è proprio aumentando la componente tecnica che sarà possibile ridurre l’impatto ambientale

Valga come esempio la consuetudine in voga in molte società africane, peraltro direttamente rilevata anche da chi scrive, di non peritarsi affatto di utilizzare qualsiasi forma di combustibile o di sfruttare la propria natura nel modo più indiscriminato, pur di riuscire a raggiungere il tanto agognato standard di consumismo occidentale. Come conseguenza non è certo in una megalopoli del terzo mondo che sarà possibile respirare aria pura o vedere corsi d’acqua incontaminati. Al contrario è molto più probabile vedere assieme tecnologia, utilizzo razionale delle risorse e minore impatto ambientale in società che applicano fattualmente le tecniche più avanzate e futuriste.

Occorre infatti affrontare un punto di inestimabile valore in campo economico: l’aumentare della componente tecnica nelle metodologie di ottenimento delle risorse scarse – come combustibili fossili – massimizza le possibilità di ottenimento; conseguendo così l’inaspettato risultato di aumentare il totale delle riserve col passare del tempo e grazie al miglioramento di beneficiano le tecniche di estrazione. 

In altri termini per x (il tempo) che tende a più infinito f(x) (le risorse considerate scarse) tenderanno a crescere grazie all’impiego del fattore tecnologico.  

Se dunque, per rimanere nel campo delle risorse, nel secolo scorso era possibile sfruttare un reservoir petrolifero soltanto in una certa percentuale, con il miglioramento di varie tecnologie di upstream sarà possibile tendere al cento per cento di sfruttamento [2].

«Per oltre un secolo, il pezzo portante dell’architettura di produzione e delle tecnologie associate dell’industria del petrolio e del gas è stato il pozzo verticale. La ‘filosofia’ dell’estrazione è stata piuttosto semplice: localizzare, sulla base dei migliori dati geologici e geofisici disponibili, i punti del sottosuolo più probabili per l’accumulo di petrolio e gas, perforare un pozzo verticale, rivestirlo e cementarlo per assicurargli lunga vita e per impedire la migrazione del fluido di giacimento nelle zone adiacenti. Per la maggior parte i pozzi iniziali erano a foro scoperto e realizzati lungo la zona di estrazione per facilitare il libero flusso dell’olio. Tuttavia, si evidenziò presto che questo modello causava successivamente problemi di produzione: eccessivo e non controllato flusso di acqua e gas accompagnato dalla rapida diminuzione della pressione del giacimento e della produttività del pozzo, mancanza di accesso alla zona nelle formazioni scarsamente consolidate, possibilità molto limitata di eseguire servizi e trattamenti di assistenza per i problemi di flusso. Non appena furono sviluppate nuove tecnologie dall’industria petrolifera e del gas e da altre industrie, gli schemi di produzione cambiarono per beneficiare dei nuovi sviluppi. Tra le tecnologie prese a prestito ci sono le teorie di ingegneria del giacimento mutuate dall’idrologia, l’uso delle cariche cave per la perforazione attinto dalla tecnologia militare, i materiali cementanti sviluppati dalle industrie di costruzione, la modellizzazione e la simulazione al computer riprese dall’ingegneria civile e aeronautica e molte altre. Le nuove tecnologie sviluppate dall’industria petrolifera stessa si sono dimostrate eccezionalmente valide in tutte le fasi operative. Tra queste sono degne di nota il logging elettrico, la fratturazione idraulica, il Logging While Drilling (LWD), la sismica 3D, i nuovi scalpelli di perforazione e i sistemi computerizzati di acquisizione dati sul posto.»[3]

Non soltanto: anche la possibilità di effettuare prelievi orizzontali dei reservoir di idrocarburi diminuisce fortemente l’aspetto di impatto ambientale e paesaggistico. Se il paesaggio è lo specchio dell’anima di una civiltà che poi, mediante anche un rapporto di economia circolare della cultura, educa e influenza a sua volta la popolazione che con questo paesaggio convive, ecco che si reifica un’autentica ecologia prometeista.

Il miglioramento delle soluzioni tecnologiche anche in campo domestico – primo ambito di applicazione di una nuova visione del mondo di ecologismo prometeista – è già realtà da diversi decenni: sistemi di infissi, pannelli solari, autoproduzione di energia elettrica per mezzi veicolari nonché utilizzo di robot a basso impatto ambientale sono solo alcuni dei numerosi esempi possibili.

Il passaggio realmente insurrezionale rispetto allo status quo è infatti la realizzazione, non soltanto la teorizzazione, delle tecniche prometeiste nella vita quotidiana della propria famiglia e/o della propria comunità di appartenenza che così si impegna realisticamente nella lotta per la visione del mondo. 

Il separatismo prometeico, sintesi di primitivismo e accelerazionismo

Se la contrapposizione in seno alla compagine che si pone come alternativa rispetto allo status quo, semplificabile e sintetizzabile come “primitivismo vs accelerazionismo”, risulta dotata di una sua limitata utilità dialettica; ancora più interessante sarebbe invece effettuarne una crasi, applicando nella realtà fattuale i migliori aspetti di entrambi gli approcci.

Sarebbe così l’approdo ad una nuova sintesi, al passo con lo spirito del tempo, che si manifesterebbe come poderosa risorsa bellica nella lotta per la visione del mondo. 

La volontà di potenza come volontà di scomparsa

Si potrebbe in primis concepire e poi applicare una via prometeica: comunità parallele sì, ma mimetiche (ovvero poco sbandierate e meno identificabili come hostes mediatizzabili da parte del sistema); al loro interno archeofuturiste/prometeiche (quindi funzionalmente dotate della tecnologia che permetterebbe le possibili forme di ecologia prometeista, non orientate verso l’economia dello spreco ma verso quello dell’accumulo di forze). 

Tale “scomparsa” dai radar del sistema da parte delle isolate comunità prometeiste, rese autonome grazie al ricorso a rinnovate capacità tecnologiche in campo energetico ed economico, impedirebbe al Sistema dominante di agitare e strumentalizzare lo spauracchio del nemico pubblico, sia esso il “novax”, il “complottista”, il “terrorista” e via dicendo. 

Sul piano più strettamente spirituale, il mimetismo applicherebbe il concetto iranico-sapienziale della taqiyya [4], ovvero della dissimulazione della propria spiritualità all’interno di una società ostile, anche come stratagemma, fieramente rivendicata in più occasioni dall’accelerazionista di origine iraniana Reza Negarestani. Nella sua opera il Negarestani ripropone infatti, con un genio decisamente fuori dal comune, questi aspetti dell’esoterismo iranico, ricontestualizzandoli nell’ambito della lotta antisistema contemporanea. Per lui la taqiyya diviene l’hypercamoufflage, l’iper-mimetismo, che il filosofo iraniano tratteggia facendo ampio ricorso al film di Carpenter, La Cosa. Di più, a questa si potrebbe ricollegare la jihad hafi, la guerra santa segreta, condotta da tali comunità jungerianamente mimetizzate negli interstizi della società. 

In questo senso assumerebbe nuovo rilievo la T.A.Z. di Hakim Bey, autore che a sua volta tenta di sintetizzare l’esoterismo islamico del tradizionalista Guenon con il pensiero anarchico contemporaneo; la T.A.Z. infatti troverebbe una sua ulteriore e più consona applicazione in campo archeofuturista, in quanto realmente autonoma rispetto ai fallimentari tentativi della sinistra dei centri sociali autogestiti. È propria di Hakim Bey la massima “La volontà di potenza come scomparsa”, riferita a quelle comunità di coloni americani scomparse nel nulla, ovvero in un darsi alla macchia che diviene mimetizzazione totale e “uscita” dalla democrazia occidentale. 

Questa nuova via corre certamente il rischio di essere odiata da entrambi gli schieramenti (sia primitivista che accelerazionista); una acredine che varrebbe come conferma dall’esterno, semmai ce ne fosse bisogno, della reale portata insurrezionale di questa scelta. Ecco l’aspetto propriamente nietzschiano di questa scelta:

«Le nostre conoscenze più elevate risuonano inevitabilmente – e anzi deve essere così – come follie, in talune circostanze come delitti, allorché vengono indebitamente all’orecchio di coloro che non sono strutturati né predestinati per cose siffatte.» [5]

Vale peraltro la pena di ricordare che anche in seno all’accelerazionismo esistono forti convergenze dall’Alt right al pensiero libertario passando per il separatismo americano: ad esempio Nick Land nel suo Illuminismo oscuro [6] sembra avvicinare l’uscita – la cosiddetta “exit” dei neo-reazionari – con l’isolamento delle comunità di redneck statunitensi. Bizzarro connubio che sembra proprio quella terza via tra i due schieramenti.

«La voce è la democrazia stessa, nel suo sforzo storicamente dominante, quello roussoviano. La voce modella la Stato come rappresentazione del volere popolare, e farsi sentire vuol dire più politica. Se il voto in quanto espressione di una massa politicamente emancipata è un incubo che avvolge il mondo, aggiungersi al baccano non giova. Più che Uguaglianza vs Libertà, l’alternativa in auge è Voce vs Uscita, e i libertari stanno optando per una fuga in silenzio.» [7]

Forse non è più soltanto questione di coniugare Evola con Marinetti, per citare la nota e fortunata formula di G. Faye, ma ancora di più i “separatisti” con gli “archeofuturisti”. Rispetto all’ipersocializzazione della sinistra, denunciata da Ted “unabomber” Kaczinski, l’ecologia prometeista promuove invece una socializzazione isolazionista e autonomia rispetto ai dettami della Cattedrale descritta da Nick Land.[8]

PER APPROFONDIRE, SUGGERIAMO LA LETTURA DELLA RIVISTA PROMETHEICA E DEL BLOG DI POLEMOS.


NOTE
[1] Sul tema si veda Stregoneria Politica, Guido Taietti, Altaforte edizioni, Roma 2021.
[2] Si veda Andrea Anselmo, L’innovazione nelle tecnologie di upstreaming petrolifero, Università degli Studi di Torino, anno accademico 2003-2004
[3] Ali Daneshy, Tecnologie upstream. Nuove architetture dei pozzi e della produzione, in Enciclopedia degli idrocarburi ENI, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 2005-2008 VOL. III. NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ, Pag. 185
[4] Pio Filippani Ronconi, Ismaeliti e Assassini, Il Cerchio, Rimini 2004, pag. 220.
[5] Nietzsche, Al di là del bene e del male, BUR Milano 2004
[6] Nick Land, L’illuminismo oscuro, GOG Edizioni, Albuccione 2021.
[7]  Nick Land, L’illuminismo oscuro, GOG Edizioni, Albuccione 2021, pag. 22
[8] Ma Land non è l’unico “accelerazionista”: altri, soprattutto nel pensiero radicale statunitense, hanno ipotizzato il separatismo di comunità differenziate, mentre con vari mezzi si lasciava il sistema scivolare in un vortice di decadenza. Ma non soltanto, ove possibile ci si riprometteva di accelerarne la caduta tramite il nietzschiano “a ciò che sta per cadere. Dai una spinta”! Se anche tale decadenza non dovesse accadere, non verrebbe meno il compito di testimonianza affidato a comunità separate e autosussistenti – nel significato tecnologico prometeico specificato sopra.