Lo spirito del combattente

Set 24, 2023

Tempo di lettura: 7 min.

Intervista a Cinabro Edizioni e ricognizione militante sulle arti marziali quale veicolo di crescita spirituale

La redazione di identitario.org ripropone questa bella intervista, realizzata da Adamas – Casaggì Fight Crew a Cinabro Edizioni, in seguito alla pubblicazione de “Lo spirito del combattente”, libro curato dall’Associazione culturale e sportiva Furor. 

Dimenticatevi i “selfie” in palestra e i tapis-roulant. Scordatevi anche le “over 40” dai leggings fluorescenti che intasano i corsi di Zumba. Prendendo in prestito una potente immagine di Christopher Ross, potremmo dire che migliaia di anni di civiltà separano la moderna e degenerata concezione dello sport dall’idea che questo libro vuol trasmettere.  Lo spirito del combattente” non tratta – infatti – di fitness narcisistico e allenamenti per la prova costume. Al contrario, parla di guerra: nello specifico, di sport da combattimento e di come questi possano rappresentare una via per conoscere se stessi. Per capirci di più, abbiamo deciso di intervistare le Edizioni del Cinabro, che ha pubblicato il testo curato dalla “Associazione culturale e sportiva Furor”.

Cinabro Edizioni tratta da sempre tematiche di ordine spirituale, in seno ad una concezione del mondo tradizionale. In che modo gli sport da combattimento e le arti marziali possono rappresentare una via per una crescita interiore?

Nella società moderna le istituzioni e la religione hanno perso la funzione di guida che le caratterizzava nelle civiltà tradizionali. All’uomo di oggi viene lasciata vivere una vita vuota, nell’anonimato, senza punti di riferimento. In questo scenario decadente, gli sport da combattimento e le arti marziali sono sicuramente un ottimo strumento di formazione per rivoluzionare il proprio essere.
Come affermato preliminarmente dall’Associazione Culturale e Sportiva Furor, curatrice del volume “Lo spirito del combattente” che oggi presentiamo, «le stanze interiori dell’uomo sono sede del corpo, dei sentimenti, della mente e dello Spirito. Il corpo è la parte esterna che compone l’uomo; parte che va curata, ma dalla quale non dipende felicità alcuna».
Infatti, solo attraverso impegno, attenzione e consapevolezza del perché si compie una determinata azione (tre pilastri per praticare gli sport da combattimento), l’uomo riesce a lavorare sul piano fisico per ottenere benefici anche su tutti gli altri ambiti superiori e più profondi al piano corporeo e, quindi, a incanalare l’energia verso un reale cambiamento di sé. Il combattente – cioè colui che ha deciso di informare la propria esistenza a valori guerrieri, abituando il proprio corpo alla fatica degli allenamenti, testando la propria resistenza, migliorando e superando se stesso ogni giorno – può imparare a vedere nelle difficoltà esteriori un’occasione e una prova per conoscersi e misurarsi in un conflitto che è, innanzitutto, d’ordine interiore e che solo di riflesso assume un carattere esteriore.

Possiamo dire – quindi – che il combattente vive una sua “metafisica della guerra”?

Essendo gli sport da combattimento uno strumento utile per condurre una lotta interiore finalizzata alla rivoluzione del proprio essere e vivere una vita orientata in una direzione verticale (ascesi interiore), potremmo tranquillamente dire che il combattente, con il suo sacrificio, vive una sorta di metafisica della guerra. Esistono molte vie per conoscersi e condurre il proprio sviluppo interiore e il combattente assume come via quella dell’impatto del combattimento. Attraverso duri allenamenti e la preparazione al combattimento, sviluppa le sue possibilità e usa ciò che apprende per migliorare tutto il suo essere. Mettendo da parte istinti e passioni, il combattente deve salvare e far emergere la parte migliore di sé e sopprimere ed eliminare quella peggiore. Attraverso un confronto interiore con se stesso, il combattente pone il proprio essere in relazione con ciò che è Sacro, svolgendo un’attività anche spirituale che lascerà qualcosa di eterno, quindi oltre il vincolo del tempo. Come in guerra, chi pratica sport da combattimento, si trova da solo nell’arena: ad accompagnarlo ci sono solo i suoi difetti, i suoi limiti ma anche la sua forza, il suo sacrificio, la sua volontà, la sua decisione, la sua fede in Dio e nella vittoria. Tempo e spazio non esistono più, così come non esiste l’Io con le sue diverse manifestazioni (superbia, paura, arroganza, presunzione, ira, impulsività) ma solo sacri valori e nobili virtù; è questa la metafisica del guerriero.

Nel corso della sua vita l’uomo moderno affronta di rado prove di coraggio e – nella maggior parte dei casi – si trova a vivere da spettatore forme virtuali e irreali di violenza. Gli sport da ring possono rappresentare una risposta positiva a questo senso di insoddisfazione diffuso?

 L’uomo moderno abituato nella sua comfort zone ad avere tutto e subito non si sottopone mai a prove di coraggio o a qualsiasi altra attività che potrebbe porlo davanti i propri limiti. Chi pratica sport da combattimento e soprattutto chi li pratica rifacendosi alla Tradizione è consapevole che questi sono un ottimo strumento per imparare a mettere da parte il proprio Io per un ideale nobile quale il lavoro interiore. Chi pratica sport da combattimento, secondo una prospettiva di crescita interiore che conduce alla piena realizzazione dell’uomo, sicuramente avrà un minor senso di soddisfazione rispetto a chi, in preda al materialismo e alla cura dell’estetica, si allena solo per migliorare il corpo ed è quindi schiavo di se stesso. Ecco allora che questi sport diventano uno strumento per combattere tutti quei difetti e tenere a bada tutte le passioni, le emozioni e gli istinti, che si manifestano attraverso l’Io presente in ognuno di noi.

Pierre Drieu La Rochelle scriveva che «l’uomo nuovo» del XX secolo riuscì ad imporsi e a spazzare via la vecchia società borghese e materialista, nella misura in cui seppe incarnare – fondendole in se stesso – quattro differenti categorie umane: l’attivista, il soldato, il monaco e – appunto – l’atleta. Alla luce del fatto che molti lettori di Cinabro Edizioni e di IDENTITARIO.ORG sono impegnati quotidianamente in un’opera di milizia al servizio della Tradizione, quali sono i punti di incontro fra «lo spirito del combattente» e quello che potremmo definire «lo spirito del militante»?

Come già scritto, il combattente è chiamato a svolgere un lavoro su se stesso e combattere i propri difetti come chi milita a servizio della Tradizione. Come un militante, il combattente deve affrontare prove e ostacoli, compiere sacrifici durante l’allenamento e il corso delle giornate, prendersi gioco della sofferenza, trionfare sulla vita e avere fede. Entrambi sono chiamati ogni giorno a scegliere: abbandonare le distrazioni tipiche del mondo moderno oppure farsi trascinare da esse. Combattere il proprio ego e pensare a coltivare il proprio essere oppure diventare schiavo del proprio corpo e della propria sfera individuale. Inoltre, chi ricerca la battaglia, nella militanza come nello sport da combattimento, in maniera orientata e consapevole, può essere facilitato nel lavoro di superamento delle contingenze della vita e diventare come chi non si preoccupa più di perdere nulla, perché ha donato volontariamente tutto ciò che possedeva in quella ‘scelta totalizzante’ intorno alla quale ordinare tutti gli aspetti della propria esistenza. Solo nel momento in cui si distacca dal proprio istinto di conservazione, egli diventa davvero libero, realmente e permanentemente. I punti di incontro tra «lo spirito del combattente» e «lo spirito del militante» sono innumerevoli, quindi, in quanto entrambi vivono essendo consapevoli che vita est militia super terram.

Agli amanti degli sport da combattimento non passerà inosservato un dettaglio leggibile sulla copertina del libro: «prefazione di Alessio Sakara». Conosciuto con l’appellativo di Legionarius (l’universo simbolico della romanità ha da sempre contraddistinto il suo stile), Alessio Sakara è un combattente di fama internazionale, oltre ad essere stato il primo italiano a competere in UFC, la promotion più prestigiosa al mondo nel panorama delle arti marziali miste. Come è nata questa collaborazione?

Prima di spiegare come nasce questa collaborazione è doveroso puntualizzare che questo volume vuole mettere in risalto l’aspetto nobile di tutti gli sport da combattimento, dalla Boxe al Taekwondo, dalla Kick boxing alla Muay Thai. Grazie alla prefazione di Alessio Sakara e ai contributi qualificati di Roberto Chiarella, Denis Conte, Carlo Dipaola, Nicola Gallo e Umberto Rodomisto, questo vademecum punta a far riscoprire, proponendo un approccio più consapevole al ring, il carattere educativo e formativo di tutto il panorama delle discipline da combattimento. I rapporti con questi maestri e campioni e, nello specifico, con Alessio Sakara, sono tenuti direttamente dall’Associazione Culturale e Sportiva Furor, curatrice del volume, che dal 2008 promuove, come strumento di formazione per la mente e per il corpo, la pratica e lo studio degli sport da combattimento. I ragazzi di Furor seguono Alessio praticamente dall’inizio della sua carriera (ci hanno raccontato di tifare per lui sin dai suoi esordi, quando, nel lontano 2005, seguirono nottetempo sul canale TV Roma 56 il suo primo incontro di valetudo disputato a Milano). Tornando alla domanda, la collaborazione tra Alessio Sakara e Furor nasce quasi per una casualità. Circa 10 anni fa Alessio pubblicò sulla propria pagina Facebook uno stralcio del volume che oggi la nostra casa editrice ha pubblicato nella seconda edizione rivista e aggiornata, quando all’epoca non era che un semplice opuscolo stampato in proprio dall’Associazione. Agli occhi increduli dei ragazzi di Furor questo apparve molto strano, in quanto l’opuscolo ancora non era stato distribuito a livello nazionale e mai avrebbero immaginato che potesse addirittura finire nelle sue mani! Colsero l’occasione al balzo e lo contattarono. Lui fu molto felice di poterli conoscere e di stringere rapporti con loro: da allora, oltre a conoscersi meglio, posero anche le basi per avviare questa collaborazione editoriale, quando un loro caro amico, Pasquale Coluccio, iniziò ad allenarsi con lui. Ecco come è nata questa collaborazione che siamo molto onorati di aver contribuito ad accrescere con la pubblicazione del volume inserito nella neonata collana Athlos della nostra casa editrice.

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