Perché una nuova versione de La Gaia Scienza di Friedrich Nietzsche oggi (nuova edizione integrale con Idilli di Messina, Ibex Edizioni, 2023, a cura di Alessio Mannino)? Quale genesi ha avuto questa fatica? Quale scopo si pone un progetto così ambizioso?
Dopo Così parlò Zarathustra, si tratta del libro più letto e venduto di Nietzsche in Italia, e motivatamente, potendovi trovare tutti i principali temi del suo pensiero, dalla morte di Dio all’eterno ritorno dell’uguale, dal nichilismo all’amor fati. Da un punto di vista editoriale, quindi, era una scelta quasi naturale. C’è poi una ragione prettamente culturale: oggi che il disagio della civiltà occidentale ci morde nelle viscere, la proposta esistenziale di Nietzsche – a mio avviso – merita più che mai di essere rilanciata. Una proposta, certo, non per tutti. Un esempio, fra i tanti: quando Nietzsche descrive, parlando di “noi senza patria”, coloro che non hanno più riferimenti, intende “noi senza casa”, i senzatetto dell’esistenza. Il suo discorso è più radicale di un pur dichiarato antinazionalismo, e invita infatti a non coltivare più illusioni, dandosi a modellare un senso della vita come l’artista modella la propria opera, non da esteti decadenti, ma da legislatori di sé, tragicamente consapevoli che la “gaiezza” si trova proprio nell’apertura a nuove possibilità, a ulteriore “potenza”.
Il “filosofare col martello” del pensatore di Jena (in realtà, di Röcken, n.d.r.) rappresenta un unicum nella lunga e poliedrica storia del pensiero europeo. Cosa lo rende così importante? Quanto può dire all’“uomo d’oggi”?
Nella nostra epoca, Nietzsche resta indispensabile. È da lui che si deve partire, non solo per far pace con l’evidenza, e cioè con l’idea che la trascendenza di matrice cristiana è definitivamente esautorata, ma soprattutto per immaginare un’alternativa al nichilismo interamente ancorata al qui e ora, cosciente che qualunque nuovo valore non può che basarsi sulla necessità di autoaffermazione del soggetto (individuo, società o gruppo) che lo pone e lotta per realizzarlo. Nietzsche insegna a liberarsi dei pregiudizi e a rifondare i giudizi senza farne degli assoluti, ma non è un relativista: se ogni prospettiva vale in sé, non equivale a qualunque altra. Semplicemente, esistono culture diverse, in una gerarchia di tipo vitalista. Per questo, per dire, trovo il tentativo di attualizzazione di Nietzsche attuato dal francese Julien Rochedy, pur pregevole nell’intento divulgativo, una strumentalizzazione che lo declassa a una bandierina riduttivamente anti-woke e, peggio, simil-tradizionalista. La felice durezza della lezione di Nietzsche non si limita infatti alla riscoperta della propria identità, tanto meno nazionale: lui, piuttosto, vuole che tale identità la creiamo, e la creiamo adatta al presente, vero e solo tempo dell’uomo. Di più: egli sognava addirittura la nascita di “buoni europei” transnazionali. Fatta la tara a quanto di irrealistico e oggettivamente morboso c’era in lui, là dove – ad esempio – teorizzava la divisione in caste e la soppressione dei “malriusciti”, Nietzsche rimane utilissimo sul piano politico, perché con lui si impara a guardare sempre oltre, e a perdere l’abitudine di rinchiudersi difensivamente sul passato. Con Nietzsche, apprendiamo a saper porre la vitalità effettiva, nell’incontro-scontro di prospettive, come unico criterio di “grande salute”.
Die fröhliche Wissenschaft è senz’altro uno dei libri più letti, analizzati, studiati e universalmente celebri di Nietzsche. Come si colloca all’interno della sua opera?
Scritta immediatamente prima dello Zarathustra, l’opera rappresenta il suo zenit, il suo momento più equilibrato. Religione, morale, scienza sono costruzioni umane storicamente e psicologicamente spiegabili attraverso la legge della vita, che è istinto alla potenza. L’universo, eternamente, torna a essere quel che è, senza scampo. Non resta pertanto che aprirsi alla “gioia della x”, alla vita come mezzo per conoscere le potenzialità della vita stessa, e farlo con autoironia, tipica di chi prende serissimamente il compito di diventare ciò che si è, e dunque da “giullari”, da “poeti”. Subito dopo, con il superuomo e tutta l’ultima fase del Dioniso-Anticristo, il grecista Nietzsche – a mio parere – “tradirà” la sapienza greca, che manteneva in Apollo e nella saggezza del limite il polo complementare e inseparabile rispetto al caos del dionisiaco. Su questo, Giorgio Colli ci ha visto meglio di tutti.
Per te, quindi, Nietzsche non va preso in toto?
Nietzsche va letto e capito per quel che ha detto, e non per quello che vorremmo fargli dire noi. Certamente, va preso con le molle. Gli faremmo un torto a considerarlo così poco pericoloso da non rigettarne gli eccessi. A maggior ragione, se vogliamo accogliere e far risaltare l’irrinunciabile forza liberatrice della sua filosofia, nient’affatto astratta o impolitica, ma vivissima e vitalissima.