La Redazione di Identitario ringrazia Roberto Giacomelli per il contributo inviato. Il pezzo che segue, incentrato sulla critica della tecnologia legata alle IA, affronta un tema spinoso: su questo canale, più volte, abbiamo ospitato riflessioni di segno differente, tese ad identificare – nelle nuove tecnologie – degli aspetti interessanti e da “cavalcare”. Essendo aperti ad un confronto anche interno che stimoli la riflessione ed apra a nuove interpretazioni, pubblichiamo volentieri questa disanima, che certamente contiene degli spunti di largo interesse. Essendo un tema in costante divenire, l’approccio da tenere – per ovvie ragioni – non può essere dogmatico. Spazio al dibattito, dunque…
Il capitalismo, nella sua fase terminale, ha scatenato un attacco alla dimensione umana, dopo avere annullato quella divina: per la prima volta nella Storia, una civiltà delle macchine sta prendendo il posto di quella degli esseri umani. Dopo millenni di scoperte geografiche, di capolavori artistici, di invenzioni politiche, creazioni dell’intelletto come riflesso dello Spirito, la fine della Storia sembra manifestarsi nella riduzione dell’intelligenza ad un suo prodotto: la macchina.
Il saccheggio delle risorse naturali e lo sfruttamento selvaggio dell’ambiente sono il frutto avvelenato del dominio della tecnica, che rende tutto eguale ed uniforme, come è funzionale al sistema predatorio capitalista. Il dominio delle macchine nasce come ricerca della facilità, il rifiuto del sacrificio, il benessere a tutti i costi, la comodità al posto dell’impegno fisico ed intellettuale. Le macchine per loro natura inerti, senza vera intelligenza, qualità eminente umana ed animale, di esseri viventi, strumenti prima meccanici ed oggi tecnologici, sempre frutto dell’ingegno delle menti geniali che le sognarono e progettarono. Servomeccanismi del loro creatore, di cui non potranno mai prendere il posto o mutare il destino, non si ribellano e non alterano il futuro come nei libri di fantascienza, ma possono diventare meccanismi invasivi della vita degli uomini per scelta di quest’ultimi.
Il Sistema spinge verso l’ibridazione uomo macchina, ultimo stadio dell’abbrutimento umano, del distacco dal divino per lo sprofondamento nel tellurico, nella bassa materialità. Ma la responsabilità è esclusivamente dei gregge che si lascia sedurre dalla falsa promessa di liberazione della fatica, di emancipazione dal lavoro. Marx sosteneva che l’uomo è definito dai suoi mezzi di sostentamento e il lavoro è strumento di emancipazione, visione perversa che nega la dimensione trascendente. Il lavoro si nobiltà nella forza creativa, quando da labor, sofferenza si trasforma in opus, l’opera prodotto artigianale o artistico, manifestazione dello Spirito. Oggi il lavoro, anche quello informatico, massima aspirazione di molti giovani non è pesante, ma alienante, segno della regressione spirituale dell’epoca e del decadimento cognitivo imputabile in buona parte alla frequentazione ossessiva delle macchine. Nei fruitori compulsivi delle reti sociali, sentina del peggior narcisismo esibizionista, il deficit di attenzione e memoria è importante, più algoritmi è uguale a meno intelligenza e meno libertà.
L’uso smodato della rete informatica porta all’isolamento sociale, all’alienazione, al fenomeno mai conosciuto prima dell’hikikomori, fuga dalla vita di relazione, essenziale per l’equilibrio mentale, per rifugiarsi in uno spazio ristretto dove l’unico contatto è quello con un pc. Sintomo di paure profonde, di disturbo d’ansia generalizzato, di inconfessate fobie, per cui i giovani che ne sono affetti si ritirano dalla realtà effettiva, per nascondersi in quella virtuale, ossimoro che nasconde il disagio psichico. La piazza del paese dove si esprimeva la solidarietà sociale oggi sostituita dall’”amicizia” su Facebook, era il palcoscenico reale di emozioni e sentimenti, nascevano amicizie, rapporti di lavoro, nuovi amori.
Ora l’isolamento genera solo solitudine e disperazione, con il conseguente aumento del consumo di psicofarmaci e droghe, effetto funzionale alle perverse mire del capitalismo della sorveglianza. Controllare e manipolare soggetti soli e deprivati degli affetti è molto più facile e meno costoso per il Potere che attaccare persone sane inserite in una comunità, forma naturale di aggregazione e difesa psichica funzionale. Nessuna macchina per quanto sofisticata potrà mai sostituire la presenza rassicurante di una persona, nessun social network prenderà mai il posto della tribù, con i suoi valori e i rapporti di mutuo soccorso.
Nessun artificio tecnologico evoca emozioni e sentimenti, nessun programma informatico genera relazioni umane, gli strumenti di lavoro non diventeranno mai sostituti affettivi. Le tecnologia è un alleato degli uomini liberi se viene usata per aiutare la persona, non sostituirla, il vero pericolo dell’intelligenza artificiale è nel suo fine, quando questo è determinato dalla stupidità naturale.