Ancora una volta, nel paese delle libertà, lo Stato si leva l’abito da legislatore liberale per indossare quello di boia giustiziere, mettendo da parte il sempre discusso diritto alla vita per abbracciarne il divieto. È questo ciò che si è verificato il 25 gennaio 2024, nel – quasi totale – silenzio di stampa e televisione, quando in Alabama è stata effettuata la prima esecuzione al mondo tramite gas azoto. Ad essere giustiziato è stato il 58enne Kenneth Smith, colpevole – insieme ad un altro uomo – di aver commesso un omicidio su commissione trentasei anni fa.
Tralasciando la complessità del sistema legislativo e giudiziario di una repubblica federale come quella statunitense, lascia un sorriso amaro apprendere che – ad imporre ad un uomo la morte per ipossia, dopo oltre venti minuti di agonia – sia stata la magistratura di quello stesso Paese, che da ottant’anni è arbitro della “giustizia del mondo”, capace di rendersi giudice in pressoché qualsiasi controversia politica nel globo e, soprattutto, che tramite il proprio monopolio ideologico continua ancora oggi ad esportare – oltre alla sua celebre “democrazia” – gli ideali di quelle false libertà che inquinano l’intera società occidentale e che ne stanno segnando il graduale declino.
Per farla breve, coloro che hanno generosamente preteso di insegnare all’Europa del 1945 cosa fosse la libertà e successivamente le hanno spiegato che ognuno è libero di essere/fare/sentirsi ciò che vuole, oggi ci rammentano che però nessun diritto dell’uomo (neanche quello che sembrerebbe più naturale, come quello alla vita) è realmente garantito, se non previa autorizzazione di un suo simile con la toga al posto della divisa numerata. Nulla di incoerente, in realtà, ma solo un caso singolo che è la perfetta cartina tornasole per comprendere la vera essenza della mentalità made in Usa; se sostituissimo al giudice gli States stessi e all’imputato un paese a scelta tra Vietnam, Iraq, Afghanistan, Siria o tanti altri ancora, avremmo nient’altro che la storia della politica estera americana del XX e XXI secolo.
Come se non bastasse, l’originalità nella scelta della modalità d’esecuzione è dovuta ad una motivazione che conduce ad ulteriori riflessioni: il gas azoto, vietato anche per l’abbattimento di animali, è solamente il piano B della condanna a morte di Smith, dopo che sul finire del 2022 era sopravvissuto a diverse iniezioni letali effettuate su gambe e braccia. Un tempo, quando l’esecuzione si rivelava non fatale per il condannato, ciò veniva considerato un intervento della divina provvidenza, e portava quindi alla risoluzione della condanna a morte. La comminazione di una doppia esecuzione e l’accanimento che troviamo invece oggi nei confronti del condannato, è un evidente frutto della nostra epoca, dove ogni riferimento al sacro va svanendo e sopra all’uomo non troviamo nulla se non altri uomini.
Come se non bastasse, ci sarebbe da ridire qualcosa anche in merito alla pena di morte: come ci conferma questo caso, è l’unica situazione in cui l’uomo non può nutrire alcuna speranza di sopravvivenza. Pure davanti ad una malattia terminale, l’umano spera fino all’ultimo di diventare l’eccezione; il soldato circondato dall’esercito nemico ha sempre in cuor suo la speranza di salvarsi; quello del condannato davanti al boia, invece, è l’unico caso in cui si ha la certezza che la morte vincerà mentre il naturale istinto di sopravvivenza avrà le mani legate. Il paradosso più grande, infine, è che una pena del genere (che trascende completamente la giustizia riabilitativa per abbracciare solo quella vendicativa) venga comminata dallo Stato, dimentico che la propria esistenza è voluta dagli uomini per gli uomini, ma con il compito di riuscire ad essere ente sovrumano, non cedevole a sentimenti (come la vendetta e il risentimento) cui invece è esposto l’uomo.