Giorgio Moriani, terzo martire livornese degli “anni incendiari”

Feb 29, 2024

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Giorgio Moriani nasce a Marina di Pisa l’8 aprile 1904, figlio del generale Moriani. Passa la sua giovinezza studiando scuola di applicazione per ingegneri. Il 18 maggio un centinaio di fascisti, partendo dal teatro Goldoni, attraversano la piazza Cavour, fino ad arrivare in via Giuseppe Verdi. Passando per via delle Navi vengono fatti segno a insulti, parolacce e lancio di sassi da parte degli abitanti del quartiere. All’improvviso partono, dalle finestre del borgo Cappuccini e da via delle Navi[1], dei colpi d’arma da fuoco a cui i fascisti prontamente rispondono. La battaglia imperversa allargandosi verso piazza Martini, venendo sedata dall’intervento di due camion di guardie regie e di carabinieri che riescono a porre fine alla battaglia arrestando quattordici persone. Nel conflitto rimane gravemente ferito Giorgio Moriani, che viene immediatamente portato in ospedale per via di una ferita d’arma da fuoco alla regione parietale sinistra, ma nonostante l’immediato soccorso muore durante la stessa giornata. Nello scontro rimangono anche feriti Ugo Spagnoli di Roma di anni 21 e Appio Meucci di Narciso di anni 19 studente di Cecina.[2] Tra i feriti anche il facchino Rizzotti, che dichiara di essere stato colpito in piazza Mazzini, da ignoti che a bordo di un’automobile, spararono contro di lui dei colpi di rivoltella.[3]

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Il Popolo d’Italia riporta prontamente la notizia: “Ieri sera un corteo fascista in via degli Scavi è fatto segno a numerosi colpi di rivoltella e moschetto sparati da una finestra. Tre fascisti rimasero feriti, uno di essi, Giorgio Moriani, di anni 19, figlio del generale Moriani, è moribondo”.[4]  Successivamente, tra le 22 e le 23 alcuni sovversivi sparano, nascosti dentro alla fiaschetteria La Tigre, contro un gruppo di cinque fascisti. Le guardie regie accorrono sul posto e sequestrano un pugnale, una pistola, arrestando tre persone e chiudendo l’attività commerciale. Ma non è ancora finita, la stessa sera, in corso Umberto, un giovane non identificato fa fuoco, mancandolo, contro il tenente di fanteria Adorni. Tra le più accese, negli scontri, ci sono alcune donne. E il settimanale fascista A Noi! Si domanda:

“Ed anche qui, come a Empoli come a Foiano, le donne sono state l’anima del delitto sono state le prime a dare il segnale dell’attentato, sono state viste armate di rivoltelle tirare anche esse nel vano di una finestra o di una porta. Madri? No! Impossibile. Megere abbrunite dall’alcool nel fumo nel vizio e nella prostituzione”.[5]

Intanto altri giovani fascisti studenti, frequentanti l’università di Pisa, muoiono per mano ‘sovversiva’: perdono la vita Gino Giannini nato il 12 marzo 1898 appartenente al Fascio di Lucca (Facoltà di scienze)[6], Domenico Serlupi  fascista di Navacchio (scuola di agraria)[7], Giovanni Zoccoli del Fascio di Perugia (medicina). In tutti i casi, compreso Moriani e Botti, il rettore invita la popolazione studentesca a partecipare ai funerali collocandosi dietro il gagliardetto dell’ateneo.[8] Durante l’inaugurazione dell’ateneo il Rettore Pinzani ricorda i 5 ragazzi:

“In fondo è dovere ricordare in questa ora solenne i nomi dei nostri studenti che nell’anno scolastico testé decorso hanno offerto la loro vita giovanile, preziosa e piena di entusiasmi, in olocausto ai santi ideali di Patria, di giustizia e di libertà”.[9]

La figura di Moriani viene descritta come

“Bella e vigorosa giovinezza, ingegno precoce, anima eletta non mai sazia di bene. Giorgio Moriani, figlio d’un soldato prode e d’una donna elettissima, accesa sempre di amore grande per la Patria, non poteva non essere tra i puri, che, in un tempo di morale bassezza di contagiosa viltà, osarono, primissimi ribelli, suscitare negli animi infiacchiti l’ardore della riscossa. Quella riscossa che doveva sbaragliare poi le turpi masnade dei rinnegati e dei disertori. Tra i giovani combattitori era forse il più giovane ma anche il più forte e il più tenace. Breve e luminosa fiorita di anni, degnamente consumata! Il 14 maggio, nel Borgo Cappuccini, la ciurmaglia sovversiva scorazzava per le vie agitando rosse bandiere e malmenando quanti non si palesassero entusiasti di tanta sconcezza. Una colonna di fascisti, allora, cantando “Giovinezza”, si diresse verso quei luoghi. Giunti all’imbocco del Borgo Cappuccini fu accolta da nutrite scariche di fucileria. Anche le donne, urlando e sghignazzando, facevano uso delle armi. Tre fascisti caddero feriti gravemente: Appio Meucci, Ugo Spagnoli e Giorgio Moriani. Il povero Moriani spirava poco dopo all’ospedale. La morte del giovane amatissimo suscitò l’indignazione di tutti i Livornesi. Il padre del caduto, tenente generale Moriani, inviava al Fascio di Livorno la seguente nobilissima Lettera:

“Taccia un istante lo spasimo del mio animo perché mi sia permesso dir grazia a voi fascisti di Livorno a cui l’adorato mio figlio appartenne, tra cui portò la fiamma del suo sacro entusiasmo. Al fatidico grido che l’Italia inalzò dal suo letargo, con voi egli andò fidente verso la morte che l’attendeva dell’ombra; e a chi lo vegliò ed assistette e accompagnò nell’ultima dimora, da voi apprestata, vada la mia riconoscenza di questo mio cuore oppresso ma fiero. In tutta la mia vita amai e servii la Patria nostra, egli dette a lei la fiorente giovinezza; cadde da eroe tra voi eroi di una nuova guerra santa a cui l’Italia chiamava, e il suo sacrificio, come quello di tanti martiri del sublime ideale, sia scintilla che accenda e vivifichi il fuoco d’amore acceso a rigenerare la sacra nostra terra. Con ossequio. Il tenente generale: G. Moriani”.[10]

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Alla sua memoria, il Sindaco, nella seduta consiliare del 19 giugno, rivolge parole di cordoglio esprimendo “la sincerità del rimpianto per chi dà la vita pel proprio ideale, anche se i caduti militavano in partiti che avversano il socialismo”.[11] Il giornale socialista La parola dei socialisti mostra un forte rammarico per lo svolgimento dei fatti e per la tragedia che vede Livorno bagnarsi di altro sangue.[12] I fascisti, intanto, stanchi dei continui lutti, sono ormai decisi a sistemare una volta per tutte la faccenda: “Sulla città Labronica era passata troppa follia anti-italiana […] era ormai ora fosse messa la parola fine alla marcia social comunista”.[13]

Successivamente, a Moriani sarà, dedicato uno dei dieci Gruppi Rionali Fascisti[14] della città e il 9 agosto 1937, alla presenza del Segretario del Partito Starace, presente per il varo del cacciatorpediniere “Camicia Nera” troviamo la madre del caduto Giorgio Moriani a svolgere la funzione di madrina della nave.[15]

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[1] via delle Navi dal 1923 al 1943 si chiamò via Giorgio Moriani
[2] G. A. Chiurco, Storia della rivoluzione fascista
[3] I conflitti. Incidenti e feriti a Livorno, La Stampa, 19 maggio 1921
[4] Corteo fascista aggredito a revolverate. Il figlio del generale Moriani moribondo, Il Popolo d’Italia, 19 maggio 1921
[5] L.M., I violenti siamo noi?, A Noi!, 20 maggio 1921
[6] Vittima, assieme a Nello Degli Innocenti, di un agguato social comunista alle cave di Sesto il 22 maggio 1921
[7] Domenico Serlupi e Giovanni Zoccoli si recano la mattina del 22 luglio 1921 a S. Casciano a Cascina chiedendo che venisse esposta la bandiera tricolore abbrunata dal Municipio socialista. Dopo essersi allontanati vengono aggrediti da un numero maggiore in zona San Frediano. Zoccoli viene colpito ucciso da un colpo di rivoltella, il marchese Serlupi cade dopo pochi istanti colpito da una pugnalata al torace morendo in ospedale dopo cinque giorni di atroci sofferenze.
[8] Il biennio rosso in Toscana 1919-1920
[9] Alla Sapienza. Il movimento Universitario nel discorso del Rettore Mago, Il Ponte di Pisa, 12-13 novembre 1921
[10] M. De Simone, Pagine eroiche della rivoluzione fascista
[11] CLAS, adunata del Consiglio Comunale del 19 giugno 1921
[12] Giù le armi basta col sangue, La parola dei socialisti, 22 maggio 1921
[13] B. Frullini, Squadrismo fiorentino
[14] Costanzo Ciano, 28 ottobre, Dino Leoni, Arnaldo Mussolini, Ugo Botti, Nazzareno Giovannucci, San Marco, Ardenza, Giorgio Moriani, Alberto Agostini
[15] Il varo della “Camicia Nera”, Corriere Emiliano, 10 agosto 1937

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