Fascismo, denatalità e scomparsa degli europei: il monito di ieri e l’emergenza di oggi

Apr 3, 2024

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Il drastico calo della natalità che affligge l’Europa non è un fenomeno emerso pochi decenni fa. Lo spettro delle culle vuote ha più di un secolo. Sul tema, tra le diverse pubblicazioni dei primi decenni del Novecento, sono da segnalare due lavori, scritti in toni giustamente allarmistici e tragicamente profetici: Regresso delle nascite: morte dei popoli (1928) di Richard Korherr e il libro Europa senza europei? (1934) di Guglielmo Danzi.

Nell’Italia fascista e nella Germania nazionalsocialista – del resto – l’incremento della natalità è sempre stato centrale, non solo in un’ottica di potenza, ma anzitutto in uno spirito di mera sopravvivenza. Mussolini definì la denatalità «il più urgente fra i problemi dell’epoca». A distanza di quasi cento anni, non solo la situazione è drasticamente peggiorata (nel 1933, con una popolazione di 41 milioni di anime, sono venuti al mondo 988.000 nuovi italiani, con un numero medio di figli per donna di 3,04; nel 2022, con una popolazione di 59 milioni di anime, in Italia sono nati vivi 393.333 bambini – di cui 53.079 con entrambi i genitori stranieri – con un numero medio di figli per donna di 1,25, media alzata dalle donne straniere), ma è aggravata dall’immigrazione di massa, i cui tragici effetti sono sotto gli occhi di tutti. Non solo denatalità e di conseguenza invecchiamento e riduzione della popolazione autoctona, anche progressiva sostituzione etnica.

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Fare figli è una legge divina

Come dicevamo, la demografia è sempre stata al centro della politica fascista. Tra le diverse pubblicazioni del Partito Nazionale Fascista, è interessante ciò che troviamo nel testo La politica sociale del Fascismo (La libreria dello Stato, anno XIV E. F.). Se per Mussolini «Il popolo è il corpo dello Stato e lo Stato è lo spirito del popolo», ne consegue che:

«il problema demografico e quello dell’integrità, della sanità della stirpe […] sono dal Fascismo posti al primo piano; anzi costituiscono la ragione stessa  della sua vita giacché se la vita è combattimento, il numero e la salute della popolazione non possono non preoccupare lo Stato che per l’affermazione della sua potenza deve fare affidamento per la pace e la difesa militare del suo territorio sulla vigoria, sulla sanità morale e fisica del suo popolo». Sul piano demografico, la politica fascista poteva essere riassunta con queste parole «Massimo di natalità e minimo di mortalità».

Il PNF – con il noto tono lapidario – decreta che

Non v’è uomo, a meno che non sia cinicamente abbietto e insensibile alle ragioni medesime della sua esistenza, il quale non ambisca ad essere continuato. È legge naturale cui non si sottrae nessuna specie animale o vegetale; è un’alta legge divina, questa della moltiplicazione, senza di cui il mondo perirebbe.

Il Fascismo ha messo in campo tutti gli strumenti per la difesa e l’incremento della stirpe: disciplina dell’igiene, sanità pubblica, lotta contro le malattie, corretta alimentazione, risanamento edilizio, istituzione di case popolari, educazione fisica e morale della gioventù, difesa fisica e morale della famiglia, protezione della maternità e dell’infanzia.

La politica demografica del Fascismo | Storiaestorie

Le razze dominate si moltiplicano

Il secondo capitolo de La politica sociale del Fascismo intitolato “La tutela e l’avvenire della stirpe” è dedicato alla demografia. Premesso che «la potenza politica e militare dello Stato, l’avvenire e la sicurezza della Nazione sono legati al problema demografico, assillante in tutti i Paesi di razza bianca, non escluso il nostro», occorre «riaffermare, ancora una volta, nella maniera più perentoria, che condizione insostituibile del primato è il numero». Nel 1932 l’Europa contava 515 milioni di abitanti, l’Asia 1,155 miliardi, “negri e mulatti” 145 milioni, indiani e meticci d’America 50 milioni, malesi 76 milioni, popoli residuali 76 milioni.

SONO PREOCCUPATI, MENO NASCITE, MENO FORZA LAVORO DA SFRUTTARE -

A questo punto, è naturale chiedersi: qual è la causa della denatalità europea? La risposta del PNF potrebbe sorprendere, considerando che il testo in questione è stato pubblicato nel 1936, come ben dimostrano il lessico e i toni:

L’Occidente non solo non ha il primato demografico come quantità, ma va ogni giorno perdendo terreno anche nel campo della qualità. Le sue facoltà spirituali sono in via di esaurimento; la sua anima è infiacchita. La volontà di vivere, la sete di godimento, la febbre del piacere, del benessere, hanno isterilito ogni sorgente di vita spirituale. La paura della prole è il segno mortificante di questa atmosfera di materialismo nella quale respirano le Nazioni della civiltà occidentale. Si limitano le nascite per sottrarsi al pericolo di dividere con i nuovi arrivati i beni materiali; si limitano le nascite per non avere fastidi, per non correre il rischio di responsabilità, per sottrarsi al più sacro dei doveri umani: quello della paternità. Sono questi i segni terribili di una decadenza morale che, incominciata dall’alto, si propaga e si estende a tutti i popoli e le classi, minacciandoli nella fonte stessa della loro esistenza. Questo suicidio collettivo dell’Occidente si manifesta in tutto il suo tragico significato ove lo si ponga in rapporto alla vitalità, allo sviluppo ed alla forza di espansione delle razze di colore.

L’«espansione delle razze di colore», a distanza di quasi un secolo, è confermata dai numeri. Stando alle proiezioni della Nazioni Unite, le popolazioni dell’Africa subsahariana passeranno da 1,152 miliardi del 2022, a 2,094 miliardi nel 2050, raddoppieranno in poco più di una generazione. Non è difficile immaginare dove emigrerà la popolazione in eccesso. Nel 1936 il PNF scriveva già che «la Francia è diventata un pericoloso ponte di passaggio per le razze straniere in Europa; nelle campagne della Francia vi sono decine di migliaia di neri».

Il testo mette in guardia sul carattere transitorio del saldo naturale positivo (il numero dei nati vivi supera il numero dei morti):

Se la diminuzione della mortalità compensa in parte il fenomeno della decrescente natalità e consente ancora ad alcuni Paesi un lieve incremento naturale della popolazione, tuttavia è da ritenersi che tale situazione sia transitoria e dovuta soltanto all’attuale favorevole composizione per età della popolazione. Coll’invecchiamento dell’attuale popolazione la situazione demografica andrà inevitabilmente peggiorando per entrare fatalmente in una fase che avrà i caratteri patologici di una piena agonia demografica.

Difatti, l’aumento della speranza di vita, consentito dal miglioramento delle condizioni sanitarie e più in generale, da un miglioramento della qualità della vita, ha solamente rinviato il palesarsi dei tragici effetti della denatalità. L’Italia ha conservato un saldo naturale positivo fino al 1992 –più di due generazioni dopo il testo del PNF – per poi mostrare la drammaticità del regresso delle nascite: negli ultimi anni l’Italia sta perdendo più di duecentomila abitanti ogni anno, al netto delle naturalizzazioni degli immigrati.

Il testo mette in evidenza il regresso delle nascite dei più grandi Paesi europei. Sintetizziamo i dati: in Francia nel periodo 1871-1880 si registravano 25,4 nascite ogni mille abitanti, scese a 16,1 nel 1934; in Inghilterra nel periodo 1871-1880 si registravano 36 nascite ogni mille abitanti, scese a 24 nel quadriennio 1911-1913 e a 15 nel 1934; in Germania nel periodo 1871-1880 si registravano 39,1 nascite ogni mille abitanti, scese a 14,7 nel 1933; in Italia nel 1874 si registravano 35 nascite ogni mille abitanti, scese a 23 nel 1934.

Snocciolando i dati demografici dell’Inghilterra, il PNF scrive una sinistra previsione:

Le razze dominate si moltiplicano; i conquistatori si assottigliano. Verrà l’ora in cui la marea delle genti dominate tenderà ad annullare, distruggere la sua dipendenza e ad assorbire i conquistatori stessi. Quando una grande Nazione invecchia e la sua popolazione diminuisce, i popoli dominati da essa, chiamati all’appello della civiltà, si ridestano ed attendono impazienti l’ora della sua fine, come è nella giustizia della storia e nella vicenda dei popoli.

Dal censimento del 2021 è emerso che a Londra, la più grande capitale europea se escludiamo Mosca, quasi una persona su due non è europea (46,2% della popolazione). Mentre a Birmingham, la seconda città più grande del Regno Unito, non è più a maggioranza bianca dal 2021, infatti gli europei costituiscono il 48% della popolazione.

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Il monito del Fascismo

Scrive il PNF «I bollettini della denatalità sono come tanti rintocchi funebri della morte che è in agguato», infatti «la Nazione deve sempre fiorire d’uomini: sarà questo il segno migliore della sua sanità e della sua volontà di vita e di potenza». Il monito del Fascismo è chiaro e sembra scritto ieri:

Bisogna condannare con tutte le armi l’infinita tristezza di questo fenomeno che, attraverso la volontaria sterilità individuale, può condurre alla sterilità, al suicidio collettivo di un popolo. Bisogna ritornare alla terra, restituire agli uomini la fede nella vita, ristabilire su salde fondamenta ed in tutto il suo valore religioso e sociale la famiglia, che è la prima cella della società nazionale, la sola forma con la quale l’uomo possa sfuggire al terribile isolamento nel quale nasce, vive e muore.

Il problema della denatalità è talmente grave, che i governi europei dovrebbero incentrare tutta la politica sull’incremento della natalità, non solo perché, come scrive il PNF «tutto ciò che si spende per l’infanzia l’avvenire restituisce centuplicato», ma anche perché ne va della nostra sopravvivenza come popolo, come civiltà, che rischia letteralmente di scomparire fisicamente.