Da anni – inesorabilmente e non senza ragione – si discorre di un declino europeo che a molti sembra inarrestabile. Il fatalismo, contro il quale Dominique Venner ci aveva esortati ad insorgere, pare aver preso il sopravvento sull’analisi del reale: per quasi tutti, compresi quelli che dovrebbero convincersi del contrario, l’Europa è un ferro vecchio che la storia dei prossimi anni rottamerà senza troppa galanteria.
L’Institut Iliade, che del “rinascimento europeo” ha fatto qualcosa di più di una vana speranza per sognatori, ha sfornato un testo che vuole sostituire i pregiudizi emotivi con l’analisi compiuta, oltre ogni facile illusione e ogni resa preventiva: si tratta di “Europa Potenza” di Olivier Eichenlaub – pubblicato in Italia da Passaggio al Bosco Edizioni – che propone “una geopolitica continentale dinanzi al mondo”.
Si tratta di un testo eccezionale: non solo per l’ottima qualità dei temi trattati, ma anche per la precisione che – malgrado il formato tascabile – accompagna una carrellata di argomenti complessi ed eterogenei, che vengono organicamente inseriti in un ragionamento complessivo coerente e comprensibile. Se è vero – come sostiene il geografo francese Yves Lacoste – che la geopolitica è «l’insieme delle osservazioni e dei ragionamenti strategici, geografici e storici che permettono di comprendere meglio i conflitti», questo libro può esserne considerato una degna manifestazione scientifica: si parte infatti con l’analisi dell’Europa-terra, con le sue declinazioni geografiche, per poi passare all’Europa-mare, con le sue rotte fluviali, i suoi mari interni e il suo rapporto con l’Oceano-mondo. Infine, l’Europa potenza, tra mercato, Civiltà e Imperium.
Sono stati tre, secondo l’autore, i modelli che nel corso dei secoli hanno provato a realizzare questa potenza continentale: tutti, si sono dimostrati incapaci di reggere la prova del tempo. In prima battuta, c’è il modello imperiale – che ritroviamo nelle conquiste di Cesare e di Napoleone – che ha assunto una forma più o meno universale attraverso lo sfoggio di colonie oltremare. In secondo luogo, abbiamo il modello «westfalico», che si fonda sulla concertazione piuttosto che sulla guerra, in una logica di rispetto delle frontiere e di ragionevole equilibrio delle potenze. Infine, quello odierno: una cooperazione economica che si basa su valori liberali legati alla Guerra fredda e allo sviluppo del capitalismo mondiale.
Questa terza formula, che ha portato alla costruzione dell’Unione europea, costituisce un’avventura politica istruttiva, ma si rivela globalmente incapace di concepire lo spazio europeo come un vero e proprio territorio di potenza. Ma, in concreto, esiste una prospettiva di riconquista? L’autore, che non vuole suggerire ricette inapplicabili, lancia una suggestione che trova fondamento negli antichi miti greci: la complementarietà di Estia ed Ermes. Estia, dea del focolare e riferimento verticale, è colei che regge la casa; Ermes, invece, è il dio del viaggio, colui che percorre il mondo e risponde ad una dimensione orizzontale. In un’ottica geopolitica, Estia la si associa alla terra, mentre Ermes è affine all’oceano.
La prima corrisponde ad una forma di radicamento di ciò che siamo nel luogo in cui viviamo, il secondo ad un’esplorazione di ciò che possiamo essere, ovunque sia possibile vivere. Non dobbiamo stabilire una gerarchia tra queste due figure che compongono insieme – e soltanto insieme – una prospettiva di analisi per la storia e le ambizioni europee. Tuttavia, bisogna arrendersi all’evidenza: l’Europa del XXI secolo non è più in una posizione di forza sulla scacchiera mondiale. È quindi probabilmente il momento di mettere da parte i viaggi per mare per concentrarsi sull’essenziale: la ridefinizione di una casa comune che permetterà la necessaria rinascita.
Oggi, prima di rispondere di nuovo all’appello di Ermes, dobbiamo rivolgerci a Estia e riprendere il controllo del nostro spazio continentale. Anzitutto, occorre accantonare l’ignavia del presente e costruire un apparato politico rinnovato e vitale, composto di élite che abbiano contezza delle potenzialità europee e non agiscano per conto terzi. Non solo: si rende necessaria una riappropriazione cognitiva che riscopra la storia, la geografia e le peculiarità di ogni popolo d’Europa. Per rinnovarsi e definirsi come un soggetto politico inedito, l’Europa deve infatti ispirarsi sia al modello della Nazione che a quello dell’Impero, in un sistema di tipo federativo che non la riduce a un super-Stato, ma la esalta invece come una comunità di cultura e di destino che sublima sussidiarietà e spazio politico. A molti sembrerà l’ennesima utopia. Eppure – come ripeteva Adriano Romualdi, ispirandosi a Guglielmo il taciturno – “non occorre sperare per intraprendere, né riuscire per perseverare“.