Dominique Venner: esistere e trasmettere l’anima europea. Messaggio e video del decennale.

Set 14, 2023

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La commemorazione di Dominique Venner avvenuta a Firenze.

«Scrivi con il tuo sangue e capirai che il tuo sangue è spirito». Questa massima di Frédéric Nietzsche, Dominique Venner l’ha incarnata esattamente dieci anni fa, il 21 maggio 2013, sotto le volte della cattedrale Notre Dame di Parigi.

Questa morte volontaria non ha rappresentato né una rinuncia, né un gesto di disperazione, ma un germoglio, “un moto di speranza e insurrezione”, un gesto compiuto “con un atto di protesta e di fondazione”, poiché Dominique Venner sentiva il dovere di agire “a fronte dei pericoli immensi per la nostra patria francese e europea”. Stupefacendo tanto i suoi peggior nemici, quanto i suoi amici più fedeli, Dominique Venner ha saputo morire come un Vecchio Europeo, seguendo l’esempio di Catone, di Seneca, di Regolo. In questi tempi pieni di vite senza senso, il suo gesto incarna un’etica della volontà, trasformandosi in un richiamo a quegli Europei ancora lucidi, oltre le masse anestetizzate.

Da colui che porta la spada, Dominique Venner diventava portatore di luce. Attraverso la sua morte, ci ha trasmesso una fiamma che non dovrà mai estinguersi. Da quel 21 maggio 2013, lo sparo che lo ha ucciso rimbomba come l’oscuro e pesante fragore che annuncia le tempeste e gli uragani di un secolo di ferro e di orrore che si apre davanti a noi. Dieci anni dopo il suo gesto, i “pericoli immensi” che Dominique Venner invocava nella sua lettera-testamento sono più vicini che mai. Dinanzi all’immagine inconcepibile di Notre Dame in preda alle fiamme sei anni dopo il suo ultimo gesto, delle sfide abnormi si schiudono davanti ai nostri occhi: invasione migratoria, crisi morale, sociale, ecologica, economica, ritorno della guerra in Europa… L’insieme di questi pericoli si congiunge in una convergenza di catastrofi che non aveva mai avvicinato così tanto la minaccia dell’annichilamento completo del nostro mondo. Di fronte a tutto ciò, siamo gli ultimi Europei, “quelli che portano sulle loro spalle il peso delle eredità più gloriose”, carico di quaranta secoli di storia ma, ancor più, ricco di una concezione del mondo e di un certo tipo d’uomo diverso da tutti gli altri, quello cantato nelle nostre epopee, sin dai poemi omerici, dall’Edda, le storie Bretoni, le leggende dei Nibelunghi…

Il 21 maggio 2013 non ha segnato una fine, ma un inizio, un rito di fondazione. Dandosi la morte a Notre Dame, luogo immemorabile e sacro, Dominique Venner ha aperto un sentiero. Un “giuramento muto” ci lega ormai col sangue versato quel giorno nel presbiterio della cattedrale. Sta a noi, adesso e per sempre, continuare quella guerra tanto etica che estetica. Di fronte alle tempeste d’acciaio che verranno, dovremo essere nuovamente i “portatori maledetti di forza creatrice”, germogli d’ordine in mezzo al caos, capaci allo stesso tempo di vegliare e di risvegliare, pessimisti e gioiosi, tradizionalisti e rivoluzionari, meditativi e attivi, presenti nelle strade e custodi dei segreti delle foreste.

Del risveglio degli Europei, Dominique Venner non ha mai dubitato. Rifiutando ogni visione escatologica, crediamo, come lui, nell’imprevisto della Storia, innanzitutto portata avanti dalla volontà degli uomini, e giuriamo di consacrare tutta la nostra energia affinché ciò che oggi sembra ineluttabile, non lo sia. Senza dubbio, non potremo vedere la riuscita, come, ad esempio, accadde con la Riconquista che si dipanò su sette secoli, ma la nostra veglia ardente saprà un giorno accogliere, dopo una lunga notte “quello che presto apparirà nella nuova alba”. Allora, proprio come Artù che ritorna da Avalon, o come l’imperatore Barbarossa dormiente sotto la montagna di Kyffhäuser, l’Europa congiurerà il sortilegio gettato nel 1914 e si risveglierà per ritornare dinanzi alla Storia, e sarà così per sempre, facendo proprio l’ultimo oracolo di Delfi.

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