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È uscito recentemente il film “Comandante” diretto da Edoardo De Angelis, un film “divisivo”, perché narra di un fatto realmente accaduto, ovvero del comandante Salvatore Todaro, che dopo aver affondato una nave nemica, ne trae in salvo l’equipaggio, anche a rischio proprio dovendo emergere in superficie con il suo sottomarino. Stiamo parlando, ripeto, di fatti realmente accaduti durante la Seconda Guerra Mondiale e che per inciso, l’azione non fu punita dal regime fascista, al contrario, il Comandante in questione ricevette una medaglia d’oro per il suo comportamento eroico e al tempo stesso, umano.
Il film in questione pone un problema che in questi ultimi anni sta rielaborando la metapolitica e la cultura militante su più versanti, ovvero: si vuole de-fascistizzare dei personaggi obiettivamente connotati, e nel caso specifico, affermare che anche nella Seconda Guerra Mondiale i naufraghi venivano soccorsi, oppure, si tende a “umanizzare” furbescamente certi personaggi comunemente riconosciuti come fascisti, per portare ad una graduale riabilitazione almeno di una parte del fascismo?
Detto in altri termini, il film “Comandante” trasforma un fascista puro in una specie di umanitaristica simile alle odierne ONG, e quindi porta acqua al mulino del fronte progressista, oppure, mostra che una parte, magari consistente di fascismo e fascisti, non erano una “associazione a delinquere” come hanno millantato per decenni, ma persone per lo più animati da ideali, e di un’umanità nobile? La domanda resta senza risposta. Non conosciamo le idee politiche del regista (o almeno non le conosco io), ma possiamo dire che film come “Comandante” sono pellicole di cui abbiamo bisogno perché offrono una terreno di confronto dove Destra e Sinistra possono dialogare. D’altro canto, checché ne dicano Partito democratico e 5 stelle, il Governo di Destracentro attualmente al potere, non sta compiendo violazioni dei diritti umani, ma cerca un compromesso tra sicurezza delle frontiere e assistenza di chi ha realmente bisogno, e in questa direzione auspichiamo vada l’accordo tra Governo italiano e quello albanese.
Stessa operazione è in atto su altri personaggi, se vogliamo, anche più noti, si pensi a Gabriele d’Annunzio, il cui personaggio è stato messo in pellicola nel film “Il cattivo poeta”, scritto e diretto da Gianluca Jodice. Qui la de-fascistizzazione del Vate è più pronunciata e non mi soffermo a descriverla nei dettagli perché rimando ognuno a vedere o rivedere il film. Difficile non osservare in questo film, l’influenza dell’operazione di revisionismo storico operato da un brillante storico e intellettuale di Destra quale Giordano Bruno Guerri, che oltre ad aver scritto diversi libri dedicati alla descrizione biografica del poeta-soldato e delle sue azioni, ne è anche da molto tempo il Presidente del Fondazione Vittoriale degli Italiani. Personalmente considero il lavoro di Guerri, encomiabile, sia nel suo lavoro editoriale che come curatore della Fondazione Vittoriale degli Italiani. Di tutti i libri scritti da G.B. Guerri, forse il più avvincente è “Disobbesisco. Cinquecento giorni di rivoluzione. Fiume” del 2019 (al centenario dell’impresa fiumana del Vate). Consiglio vivamente la lettura di questo libro, perché è veramente bello, soprattutto per chi si considera genericamente di “Destra” o comunque “nazional-rivoluzionario”. Ma l’operazione di de-fascistizzazione che Guerri opera in questo libro (così come in precedenti), è – se posso permettermi – eccessiva, ne non addirittura fuorviante.
Anche qui, ci domandiamo, è più negativo la de-fascistizzazione di tutti i personaggi eccellenti di quel periodo, come a dire, sì, erano dei geni, ma appunto perché non erano fascisti. Oppure è prevalente la linea di sdoganamento di personaggi scomodi, che pur de-fascistizzati non possono esser inseriti nel campo progressista? Il dubbio resta. Ma pur suggerendo (raccomandando) la lettura di questo avvincente libro di Guerri, devo fare un’annotazione. Quanti intellettuali comunisti italiani erano in polemica con la linea ufficiale del PCI eppure non per questo non possono essere definiti “anticomunisti”? Un esempio per tutti, il “marxista eretico” Pier Paolo Pasolini. Non potremmo considerare d’Annunzio un “fascista eretico”? Magari un “critico”, un non “organico”, ma pur sempre nazionalfascista? Perché è così difficile fare questa analisi?
Da una parte, da Sinistra, perché se si ammettesse che molti intellettuali fascisti erano convintamente fascisti, di fatto, si concederebbe al fascismo una sua “nobiltà culturale” che si è sempre cercato di negare (Riecheggiano le “parole in libertà” di Scanzi che ha, in tempi recenti, affermato che non ci sarebbe un intellettuale di Destra da almeno 300 anni, ridicolo). In secondo luogo, da Destra, perché per riuscire a far emergere una cultura di Destra, che c’è sempre stata, ma era sommersa, schiacciata, censurata, ghettizzata, si potrebbe pensare ad una sua riemersione graduale, collocandola genericamente a Destra, pur de-fascistizzandola. Difficile dire adesso se il gioco vale la candela. Ma di fatto, l’egemonia culturale di Sinistra, langue, barcolla, cede terreno, ed avanza quella di Destra, in tutte le sue declinazioni. In tal senso, ben venga un dibattito libero, che riconosca che il fascismo fu un autoritarismo, ma mai un totalitarismo, e v’era una dibattito al suo interno (si pensi all’operato di Giuseppe Bottai e il suo dialogo con la “fronda interna”), e il titolo “disobbedisco” del libro di Guerri, è perfetto, in quanto ci propone la possibilità di un fascismo eretico che dal “credere, obbedire, combattere”, si evolve al “pensare, disobbedire, e controbattere”.
Del resto quello che ci possiamo aspettare da una cultura di Destra postfascita e che applichi una sorta di “riforma protestante” del fascismo stesso. Non quindi un rinnegamento del fascismo in favore di una deriva liberale, bensì, un “fascismo democratico” adeguato alle nuove realtà. In tal senso, ripeto, Guerri è sfavillante, e trovo inopportuno che qualcuno lo disconosca come intellettuale di Destra solo per i suoi trascorsi nel radicalismo pannelliano. Giordano Bruno Guerri è a tutti gli effetti un intellettuale di Destra, che collocherei nell’anarchismo di Destra, personalmente considerato eccessivamente “libertario”, ma passi. Quello che non posso condividere di Guerri, è appunto il suo eccessivo processo di de-fascistizzazione di d’Annunzio. Che il Vate fosse uno “spirito libero”, ribelle, insofferente, infastidito da alcuni aspetti un po’ rozzi di talune frange del fascismo, è un’analisi che accetto, ma qui mi fermo. E qui, ergo, suggerisco a chiunque abbia letto o voglia leggere il libro di Guerri, di “compensarlo”, con un’altra immancabile lettura che è “D’Annunzio in libertà – Il Vate, e il Fascismo, oltre le manipolazioni del politicamente corretto” di Pietro Cappellari, per la Casa Editrice, Passaggio al Bosco.
Di questo libro non anticipo nulla, per non rovinarne le sorprese per chi non l’avesse ancora letto, ma il titolo spiega già, come le ricostruzioni dell’ottimo Guerri (e i film come “Il cattivo poeta), rischiano di essere delle “marchette” (passatemi il termine), da pagare per poter far passare artisti, intellettuali, eroi, politici, personaggi storici, che solo con un processo revisionistico possono passare dall’esame, dalla lente d’ingrandimento del “politicamente corretto”, e dal delirio iconoclasta e bigotto della “Cancel culture” e dal “Woke”. Il breve ma intenso libello di Cappellari, restituisce d’Annunzio a quello che fu, un poeta soldato, che entrò per la prima volta in Parlamento nei banchi di quella che allora era l’Estrema Destra (quando ancora Mussolini era socialista), e pronunciò l’epico “Discorso della Siepe” che non può lasciare dubbi sulle reali convinzioni ideali del Vate, poi il suo avvicinamento al nazionalismo, l’interventismo nella Grande Guerra, l’impresa eroica e patriottica di Fiume.
Anche i continui paragoni tra Fiume e il Sessantotto, sono forvianti. Fiume non su il promo del Sessantotto; c’erano, certo, correnti futuriste e libertarie che nessuno nega, ma si tende ad accentuare eccessivamente questi aspetti, e sottacere su quelli guerreschi, patriottici, nazionalistici, e polemici nei confronti della demagogie delle democrazie liberali o di quelle socialiste. Gabriele d’Annunzio fu il Giovanni Battista del Fascismo, colui che annunciò e precedette il “messia laico” della rivoluzione nazionalista e fascista compiuta da Benito Mussolini e dalla sua Marcia su Roma. Al limite, possiamo paragonare per certi versi d’Annunzio, come il Che Guevara del fascismo, e domandarci come sarebbe stato il fascismo se lo avesse guidato il Vate. Ma sono considerazioni che hanno un’importanza fumosa.