Da Roma alla Terra Santa: viaggio introspettivo di un pellegrino solitario

Feb 26, 2024

Tempo di lettura: 8 min.

La partenza, in cammino sull’Appia antica.

Che cosa spinge le persone al cammino?  Che cosa spinge l’uomo, o la donna, a cominciare un viaggio lungo mesi, percorrendo migliaia di chilometri a piedi e passando infinite giornate sotto il sole e la pioggia? Perché l’essere umano moderno, schiavo dell’automobile, delle comodità e della tecnologia, decide di passare un periodo in pellegrinaggio? Quasi sempre la risposta a queste domande si trova proprio sulla strada.

Si dice che “ogni viaggio nasca da un’esperienza fatta in precedenza” ed è proprio questo il caso: sono passati circa cinque anni dall’arrivo alla Città Eterna dopo la lunga Via Francigena, che in 70 giorni mi ha portato a percorrere la strada da Canterbury a Roma, il cuore della nostra vecchia Europa. Lungo i sentieri tra Inghilterra, Francia, Svizzera e Italia ho conosciuto un mondo che fino ad allora non sapevo nemmeno esistesse e che, ad ogni passo, diventava sempre più grande e chiedeva solo di essere esplorato. La decisione di ripartire per un altro pellegrinaggio è maturata lentamente, alternando il lavoro e la vita quotidiana a periodi di pazienti ricerche fino al momento della partenza. Non è stato facile muovere i primi passi e i motivi sono diversi: la prospettiva di stare via per un periodo imprecisato, probabilmente mesi, scoraggerebbe chiunque ami le comodità di casa propria. Rinunciare agli affetti con la certezza di passare da soli intere giornate su sentieri poco battuti, quale sano di mente lo farebbe? Abbandonare il lavoro, per il quale si ha lottato, per inseguire il sogno del pellegrinaggio in Terrasanta: suona quasi come un desiderio infantile alle orecchie di chi non vuole ascoltare.

Il Tavoliere delle Puglie.

La spinta definitiva che mi ha portato a Roma, per riprendere la strada, è stata la consapevolezza dei miei quasi trent’anni, e che l’occasione di poter intraprendere un’impresa personale come questa capita una volta sola. E’ l’8 luglio e la bellezza della Città Imperiale è soffocata dal caldo e dal flusso interminabile di turisti provenienti da ogni parte del mondo, fortunatamente basta un’ora di cammino per schivare il caos della capitale ed immergersi in un percorso ancestrale, sulle orme dei nostri antenati. La strada per la Terrasanta comincia sull’Appia antica, facente parte della moderna Via Francigena del Sud, che attraverso una serie di ramificazioni stradali secondarie, sentieri e carrareccie, conduce agli antichi porti della Puglia, dai quali i pellegrini si imbarcavano per l’Oriente.

L’antica Pella

La Via attraversa il Lazio e la Campania, passando per una serie di Città e abitati la cui storia è ben nota; per citarne alcuni: Albano Laziale, l’antica Albalonga. Teano, luogo di passaggio dei Mille. Benevento, una città di fondamentale importanza strategica per la Roma antica. Attraversato l’appennino su percorsi non sempre facili si arriva in Puglia, qui la Via condurrebbe ad est portando chi cammina direttamente a Bari e poi Brindisi; era mio desiderio, invece, deviare in direzione di Monte Sant’Angelo sul Gargano, per visitare la grotta di San Michele e i numerosi punti di interesse lungo la strada. Dal monte si scende sulla Scannamugliera,un sentiero a picco sul mare, l’inizio della variante litoranea che conduce prima a Bari poi Brindisi in dieci giorni di cammino. Qui termina il tratto italiano del mio percorso, nel porto più importante del Mare Nostrum. Per proseguire bisogna solo prendere il traghetto che in una nottata porta di là dal mare, precisamente a Durazzo, dove nell’antichità iniziava la Via Egnatia romana, il collegamento più diretto con Costantinopoli.

L’Egnatia Odos in Tracia.

Ad oggi non esiste un vero e proprio tracciato, segnalato e pubblicizzato “alla Santiago” come ci aspetteremmo in Italia, non esiste nemmeno una rete di accoglienze convenzionate e i gestori delle numerose attività ricettive guardano il pellegrino e le sue credenziali come fossero cose aliene. Comunicare è spesso complicato poiché non tutti conoscono l’inglese, non sempre è possibile fare un pasto, trovare dell’acqua pulita o un letto perché la rete di servizi è piuttosto scarsa, resa tale dalla crescente povertà di queste zone. Fare scorta d’acqua e cibo prima di partire è una priorità e la tenda è indispensabile. L’antica Egnatia romana è coperta dall’asfalto per la maggior parte e l’unico modo di percorrerla è seguire le moderne dipartimentali, spesso trafficate anche da mezzi pesanti e non esistono alternative se non lunghissime deviazioni, contrarie all’antica pianificazione stradale romana. La strada conduce attraverso l’Albania e la Macedonia del nord, portando il camminatore a visitare bellissimi centri abitati in vallate profonde e splendidi monasteri ortodossi, inseriti nella cornice fiabesca di un ambiente montano molto simile a quello delle Prealpi Bresciane. Elbasan, Prrenjas, Ocrida e Bitola, sono solo alcuni dei luoghi che si possono visitare.

In pochi giorni si passa il confine con la Grecia e ci si dirige verso Salonicco passando da Pella, uno dei più importanti siti archeologici di tutto il bacino Mediterraneo, conosciuta meglio come la città natale di Alessandro il Grande. Da qui si segue in parallelo la costa, arrivando a Kavala, Alessandropoli e infine a Istanbul nel giro di qualche settimana; la Tracia è una zona storicamente importante e anche se è difficile viaggiarci a piedi, per le difficoltà sopra citate, il fascino della sua piana semidesertica e la bellezza ancestrale dell’antica strada romana a tratti ben conservata ripagano tutte le fatiche. Dopo qualche giorno di pausa sono ripartito in direzione di Ankara e poi Tarso e Antiochia, seguendo i diari di viaggio di tre pellegrini bergamaschi, considerati pionieri di questo cammino dalla Confraternita di San Jacopo che ancora ne custodisce gli scritti. Non avendo un nome ufficiale hanno ribattezzato il cammino come Via delle Rose, ricordando i fiori donati dagli autoctoni durante il cammino, per citarli: “Recidere e donare a stranieri di passaggio profumatissime rose in Terre dove i fiori sono cosa rara é un gesto d’amore che non si può dimenticare.” 

La riserva di Nallihan, Turchia.

L’inizio dell’Anatolia.

Il percorso si fa più ostico, le distanze si allungano costringendo chi cammina a percorrere fino a 50 km al giorno con pochissimi punti dove potersi rifornire di cibo e di acqua, per non parlare del dormire… L’attraversamento dell’altopiano anatolico lo ricorderò come uno dei tratti più estenuanti ma anche tra i più belli di tutta la Via: chi cammina è costantemente circondato da un paesaggio lunare composto da pianure aride, vette dalle forme sinuose e laghi salati grandi tanto da perdersi all’orizzonte. Terminata questa fase si arriva alla catena montuosa del Tarso Centrale, dove si trovano cime che sfiorano i 4000 metri; la possibilità più semplice e meno faticosa consiste nell’attraversare una vallata tra i monti lungo una strada asfaltata che in pochi giorni conduce a Tarso e sulle rive del mare. Ho tentato, invece, di attraversare le montagne in quota arrivando ad un passo intorno ai 3100 metri, restando bloccato dalle prime nevi che già il 10 ottobre avevano coperto diversi canali, rendendo la salita dal lato nord molto pericolosa. Ho rinunciato, dispiaciuto per non essere riuscito nella traversata ma felice di aver respirato di nuovo l’aria pura e fresca che mi ha ricordato tanto le cime delle nostre montagne, il Veneroccolo, la Plem e infine l’Adamello, di cui cominciavo a sentire la mancanza.

Antiochia, la Chiesa di San Pietro.

Raggiunti Tarso, Alessandretta e Antiochia in pochi giorni si arriva nella zona più delicata di tutta la Turchia: la provincia di Hatay confina direttamente con la Siria, i controlli di polizia si intensificano e il clima spesso è teso. I tre pellegrini attraversarono il confine in tempo di pace molti anni fa, cosa che ad oggi è impossibile, pur avendo un passaggio sicuro garantito in Siria. Sarebbe stato bello poter visitare alcune tra le perle di maggior rilievo del Vicino Oriente, come le varie fortezze Templari e le cittadine arabo-cristiane lungo la Via. In particolare la cittadina di Ma’lula, luogo di pellegrinaggio, dove meno di dieci anni fa molti cristiani sono stati perseguitati e uccisi da estremisti islamici e combattenti stranieri, in un conflitto meschino dove la guerriglia religiosa maschera gli intenti progressisti dei soliti noti sulla scena mondiale, devoti solo al dio denaro… Vista l’impossibilità di proseguire sono stato costretto a ricorrere ai mezzi, al traghetto per Cipro e all’aereo per Israele; ho ripreso il cammino ad Acri, famosa per la cittadella medievale eretta dai Templari e luogo dell’ultima resistenza dei cavalieri cristiani in Terrasanta. Da qui mi sono diretto a Nazareth e Tiberias, attraversando la Galilea e poi spostandomi verso sud, passando per la Depressione del Giordano ed entrando in Palestina.

Le nevi del Tarso Centrale.

E’ affascinante e allo stesso tempo complicato viaggiare in Cisgiordania, i luoghi attraversati sono unici al mondo e seguire il corso del Giordano attraverso la vallata è un’esperienza indimenticabile, ma non bisogna dimenticare che la situazione politica è molto fragile e un semplice malinteso può dar luogo a spiacevoli imprevisti. I Palestinesi però, nonostante la terribile oppressione a cui sono quotidianamente sottoposti, sono persone gentili e accoglienti. Riconoscono i turisti da lontano e si fanno in quattro per aiutare; a Gerico, cittadina araba a pochi km dal confine giordano dove coesistono pacificamente cattolici, musulmani e ortodossi, si può avere un assaggio concreto della loro ospitalità fatta di piccoli gesti e auguri benevoli.

La strada romana verso Tarso.

L’ultima giornata di cammino è stata la più dura: il sentiero nel wadi serpeggia nella vallata rocciosa attraversando più volte il fiume e aggirando moltissimi ostacoli, il tutto ad una temperatura di circa 35 gradi e un tasso di umidità elevatissimo. Poi, ci si ricongiunge alla strada romana che nel giro di qualche ora porta ad attraversare la lunga periferia di Gerusalemme e, infine, dalla Porta di Damasco si entra nella città vecchia e si arriva alla Basilica del Santo Sepolcro, meta di questo lungo peregrinare. Ho avuto modo di visitare in lungo e in largo la città nei giorni a seguire e dopo che il Custode di Terrasanta ha apposto l’ultimo timbro alle credenziali sono stato premiato con la Croce d’oro Leonina, la più alta onorificenza istituita dalla sede papale e oggi divenuta rara.

Il sentiero per il Monte Tabor.

Sempre più vicino.

Il Testimonium che certifica l’avvenuto pellegrinaggio e l’onorificenza.

E’ il più grande onore per un pellegrino ed è conferita solo a chi fa enormi donazioni o a chi giunge a Gerusalemme attraverso un pellegrinaggio ritenuto esemplare. Andrei avanti per ore ma scrivere delle conclusioni a caldo, dopo 116 giorni di viaggio e 3300 km in cammino non è facile, specie per chi, oltre ad aver portato a termine un percorso ha anche realizzato un piccolo sogno. Sono davvero molti i fatti e gli aneddoti da raccontare e spero che in questo la casa editrice Passaggio al Bosco mi darà l’opportunità, come nella pubblicazione del mio libro “Giorno dopo Giorno” scritto dopo aver terminato la Via Francigena. Ad oggi, posso solo dire che è stata in assoluto la più bella esperienza vissuta, ne ho imparato moltissimo e in qualche modo spero di essere tornato migliore di come sono partito. Solo il tempo lo saprà dire.

Alla Basilica del Santo Sepolcro, con la Croce d’oro Leonina.

PER APPRONDIRE LE AVVENTURE DI RENATO ROMANO:

Autore :