Da non perdere, come tutti i suoi testi, è uno degli ultimi lavori dell’infaticabile Guillaume Travers, colonna portante dell’Institut Iliade e autore di ottimo livello, già apprezzato su queste colonne per il suo “La società della sorveglianza”, tutto dedicato alla deriva securitaria e repressiva in atto con il “Great Reset” di matrice liberale.
“Capitalismo moderno e società di mercato”, agile quanto affascinante, è un viaggio nelle pieghe di un sistema economico che – prima di essere analizzato con la contezza dei numeri e delle statistiche – deve essere affrontato nella sua dimensione antropologica, filosofica e culturale. Sarebbe limitante, infatti, declinare l’interpretazione di una deriva globale nella pura orizzontalità dei meccanismi tecnico-finanziari: il capitalismo – ci spiega l’autore – è anzitutto uno un modo di organizzare l’esistente. Niente di più vero: la “mano invisibile” del mercato – che per molti liberali avrebbe governato il mondo, regolandone gli equilibri e le disparità – non ha mai operato in modo asettico e neutrale.
Il saggio di Travers, per nulla scontato, parte da una domanda semplice e cristallina: siamo sicuri di sapere davvero che cosa sia il capitalismo? Tutti lo citano, molti lo contestano, ma quasi nessuno lo conosce veramente. Questo testo, finalmente, ci aiuta a comprenderne la genesi, le istituzioni, i limiti e le declinazioni. Il fatto più rilevante del nostro tempo – del resto – è che tutto può essere comprato e venduto: i beni del patriomonio nazionale, il ventre di una madre surrogata, le derrate alimentari infarcite di prodotti chimici.
Tutto ha un prezzo, anche quando non ha più un valore. È questa totalità, ormai assurta a solo parametro dell’esistente, che ne amplifica l’orizzonte: il capitalismo non è più un affare per soli economisti, perchè riguarda l’intera società. Attorno alla sua logica, del resto, è stato riorganizzato il pianeta: perchè:
“quando tutti i valori non commerciali sono desacralizzati, quando desta maggiore ammirazione pubblica il ricco che non il saggio o il coraggioso, si esce dal campo ristretto dell’economia per vedere coinvolte tutte le scienze sociali”.
Del resto, se parliamo di società, parliamo anche di mercato: le due cose, al giorno d’oggi, sono inevitabilmente connesse e inseparabili. Non è più pensata – anche se pensabile – una società diversa da quella che abitiamo: questa ineluttabilità, condita dal giudizio millenarista sulla “fine della storia”, rende inconcepibile una critica strutturale ad un modello che sembra essere accettato passivamente non solo come il “migliore”, ma addirittura come “il solo possibile”.
In tal senso, l’autore abbozza una definizione:
“il capitalismo è un sistema economico e sociale che riduce ogni relazione tra gli uomini alla relazione commerciale interessata, che considera ogni bene come una merce e qualsiasi valore come puramente soggettivo per l’individuo”.
Così definito, il capitalismo non è più riducibile al mero metodo di produzione o alla semplice relazione tra capitale e lavoro: esso diventa uno spirito, una mentalità, un modo di vedere il mondo. Le sue ricadute, evidentemente, sono al centro dell’indagine di Travers: dal superamento dei confini al disinnesto dell’economia; dall’autonomia del capitale alla mercificazione del mondo; dal ruolo dello Stato al dibattito pubblico, passando per la storia, per la religione, per la filosofia e per la tecnica.
Dalle sue orgini alla sua evoluzione, l’attuale sistema è passato in rassegna con efficacia: dalle tesi dei suoi pensatori alle molteplici declinazioni pratiche; dal ruolo dell’individuo alla riorganizzazione del commercio; dal superamento dei legami comunitari all’annichilimento dei tratti specifici e degli ancoraggi trasmessi. Ma vi è di più: il testo passa in rassegna, in una sintesi puntuale e ben organizzata, tutti quei filoni storici – siano essi sociologici, politici e spirituali – che hanno avanzato delle critiche al capitalismo.
La conclusione, la cui interpretazione è rimandata al lettore, è assai interessante: poichè il capitalismo è uno spirito, non può estinguersi naturalmente. Esso dovrà scontrarsi con un’altra visione dell’uomo e del mondo, con una sensibilità alternativa, con una diversa gerarchia di valori: è questa la sfida che ci si pone all’orizzonte.
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