Da più di dodici secoli, milioni di uomini e donne si sono messi in marcia lungo gli impervi sentieri del nord della Spagna. Ancora oggi, più di 300 mila pellegrini, ogni anno, si recano a piedi a rendere omaggio alla tomba di San Giacomo apostolo. Il cammino di Santiago è un viaggio nella storia, nella tradizione e nella sacralità della Civiltà europea.
Cosa attira, ancora oggi, così tante persone in quel lembo di Galizia, estremo promontorio occidentale dell’Europa? È una storia complessa, per certi versi difficile e poco conosciuta, ma profondamente “europea”: perché anche su questi mille chilometri di Cammino, lo si può dire senza timore di smentita, si è forgiata la cultura unitaria del Continente. Cerchiamo di ricostruirla, partendo dalle Sacre Scritture.
Dopo la morte di Gesù e la discesa dello Spirito Santo, gli apostoli si sparpagliarono in ogni angolo del mondo allora conosciuto per annunciare la parola del Cristo risorto. Giacomo Zebedeo, detto il Maggiore, fratello di Giovanni, il prediletto di Gesù, raggiunse il nord della Spagna, terra romana ma di secolare cultura celtica, dove predicò per anni. Tornò poi in Palestina, intorno all’anno 42, dove subì il martirio per ordine di Erode Agrippa. Due suoi discepoli, Teodoro e Anastasio, ne raccolsero le spoglie e decisero di riportarle in quelle verdi regioni del nord ovest, che erano state ben più ospitali della natia Giudea. Sbarcati nei pressi dell’attuale Padròn, portarono il corpo fino ad un antico campus di sepoltura romano, dove lo seppellirono sotto un’arca di marmo, simile a un altare, di cui per secoli si perse ogni traccia.
Caduto l’Impero Romano, l’intero Continente sprofondò nella decadenza e, nei primi anni del 700, la penisola iberica venne addirittura quasi totalmente invasa dagli arabi. In questo clima, nel 813, un eremita di nome Pelayo vide una stella ferma sul monte Libradón, che sembrava indicare un luogo; ne informò il vescovo Teodomiro e fu così ritrovato l’antico campo di sepoltura e anche l’ara di marmo con all’interno i resti di un uomo decapitato. L’antica leggenda dell’apostolo sepolto in Spagna diventava così, improvvisamente, realtà.
SI FORGIA L’EUROPA
Da quel giorno, il pellegrinaggio alla tomba dell’apostolo Giacomo diventò uno dei tre pellegrinaggi canonici del cristianesimo, insieme con quello a Roma, alla tomba di Pietro, e a Gerusalemme, al Santo Sepolcro. Fu proprio per proteggere il fiume di pellegrini che, in quei secoli, si metteva in marcia da ogni dove verso quei luoghi Santi che si avviarono le Crociate, in Terra Santa, e la Reconquista, in Spagna. Sul luogo del ritrovamento delle spoglie di San Giacomo sorse una chiesa e attorno nacque la città di Santiago de Conpostela (il campo della stella). L’11 agosto 997, orde di Mori guidate allo sceicco Al-Mansur la saccheggiarono, ma già nel 1075 il vescovo Diego Példez poté benedire la prima pietra di quella che è oggi la grande Cattedrale di Santiago. A partire dall’XI secolo, il rito del pellegrinaggio da tutti i Paesi cristiani verso le mete sante contribuì a costruire il cosiddetto “idem sentire” europeo, basato sulla fede e declinato in molteplici forme di arte, architettura, tradizioni e persino di musica e poesia.
Nel 1122, papa Callisto istituì l’Anno Santo jacopeo (che si celebra ogni volta che la festa di San Giacomo, il 25 luglio, cade di domenica). Nel 1179, papa Alessandro III estese l’indulgenza plenaria a tutti coloro che si recavano a Santiago in pellegrinaggio. Così, il flusso di pellegrini ad limina Sancti Jacobi (letteralmente “alla soglia di San Giacomo”) diventò un autentico fiume contribuendo a far sorgere lungo il Cammino paesi e città dove sorgevano hospital, chiese e castelli e cattedrali.
Tutto il nord della Spagna, dalla Navarra alla Galizia passando dal León e dalla Castiglia, ne risultò rivitalizzato, mentre gli Ordini monastico-militari (Templari e cavalieri di San Giacomo su tutti) oltre a impedire che queste terre fosse occupate dai Mori, finirono per costituire l’ossatura dell’esercito che, sotto la guida dei “re cattolici”, Isabella e Ferdinando, condusse alla Reconquista della penisola iberica cacciando, il 2 gennaio 1492, l’ultimo governatore arabo di Granada. Le truppe cristiane portavano sulle loro insegne l’immagine di San Giacomo “matamoros” che, da quel giorno, fu proclamato patrono di Spagna.
SECOLI BUI E RINASCITA
Seguirono secoli di grandi mutamenti: le guerre tra monarchie europee, le eresie e gli scismi protestanti, le pestilenze… ostacolarono prima e resero quasi impossibile, poi, il flusso dei pellegrini verso Santiago; così come la definitiva perdita di Gerusalemme segnò la fine del pellegrinaggio al Santo Sepolcro. Si arrivò al punto che, nel 1588, per cautelarsi contro un possibile saccheggio da parte dei pirati inglesi di Francis Drake, l’arcivescovo di Santiago fu costretto a nascondere in un luogo segreto le spoglie di San Giacomo. Guerre, carestie e pestilenze si abbatterono sul popolo spagnolo, al punto che, dei resti dell’apostolo, si perse persino la memoria. Fino al 1878 quando, nel corso di lavori sotto l’altare maggiore della Cattedrale, venne ritrovata un’urna con i resti di un uomo dalla testa mozzata.
Occorsero anni di indagini scientifiche prima che, nel 1884, papa Leone XIII potesse dichiarare che si trattava proprio delle spoglie di San Giacomo; così, da quel giorno, il Cammino iniziò, seppur lentamente, a rinascere nonostante le due sanguinose guerre mondiali che distrussero definitivamente il ruolo di motore culturale, politico, economico e morale dell’Europa. Un secolo dopo, nel 1989, Giovanni Paolo II divenne il primo pontefice a recarsi a Santiago, seguito da una folla di giovani di tutto il mondo e, da quel momento, è stato tutto un crescendo, tanto che i pellegrini sono passati dai 2.500 del 1985, agli oltre 300.000 odierni.
L’ARTE SUL CAMMINO
Cosa rimane oggi di questi dodici secoli di storia travagliata? La testimonianza delle pietre, prima ancora di quella degli uomini. Gli 800 chilometri dell’odierno Cammino, quello chiamato “francese”, sono sicuramente l’unico esempio al mondo di un “unicum” culturale omogeneo e incontaminato di arte sacra, dall’inizio del Medioevo al Rinascimento. In questa parte di Spagna hanno lavorato: artisti, artigiani, architetti e semplici manovali giunti da tutto il Continente. Ognuno ha portato la sua esperienza, in una fusione di stili che fa del Cammino una sorta di gigantesco museo a cielo aperto, un catalogo delle più pregevoli espressioni artistiche dell’Europa
Alle preesistenti vestigia dell’Impero romano (ancora oggi rimangono ponti, tratti di strade o di fortificazioni) si sovrappose innanzitutto il solido stile romanico, mentre, già a partire dal VI secolo, le chiese diventavano monasteri, luoghi di apprendistato anche per scultori, architetti e pittori. Insieme ai pellegrini francesi arrivarono, poi, i monaci di Cluny che introdussero forme architettoniche e plastiche ispirate al loro senso dell’ordine: la pianta della chiesa a croce latina e il deambulatorio dietro al coro per consentire il fluire ordinato dei pellegrini alle cappelle senza disturbare le funzioni. Alla fine del XII secolo furono, invece, i Cistercensi a proporre nuove idee “ristrutturando” vecchie chiese ed erigendone di nuove sull’esempio delle cattedrali di Chartres o di Reims. Nacquero così le meraviglie gotiche di Burgos e di León.
Durante il regno dei “re cattolici”, fino a tutto il XVI secolo, fiorì invece l’arte spagnola, con l’architettura plateresca: uno stile filigranato, fatto di pinnacoli, balaustre, scudi araldici che impreziosivano le decorazioni di chiese e palazzi. Infine, il trionfo del barocco, in cui la ricchezza e il fasto delle forme venivano contrapposte all’ostentato minimalismo dei protestanti luterani.
La modernità, invece, non è riuscita ad apportare alcun contributo artistico significativo al Cammino, se si fa eccezione per il Palazzo Episcopal di Gaudí, ad Astorga, il cui stile neo-gotico si fonde armoniosamente con la storia dell’arte del Cammino.