La smania italiana per il vincolo esterno

Mar 27, 2024

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La smania tutta italiana di legarsi a “vincoli esterni” è cosa antica, taluni ne scorgono le caratteristiche persino nel Veltro che Dante invocava per la salvezza di un’Italia “sanza nocchiero in gran tempesta”, un Principe straniero da taluni identificato nell’imperatore Arrigo VII. A parte le digressioni letterarie, è fatto che l’establishment italiano abbia considerato il popolo del tutto ingovernabile in quanto cinico, dedito al tornaconto e alle “furbizie” per sfuggire ai suoi doveri, in una parola: “moralmente” inadatto a scegliere da sé la propria via. Partendo da questo presupposto, ha sempre provato ad applicare ai cittadini una “pedagogia” che li elevasse dalle “bassezze” in cui si trovavano. Tipico è il disprezzo riservato da intellettuali e politici risorgimentali ai “cafoni” che rigettavano l’occupazione piemontese, atteggiamento a loro parere da curare a suon d’esecuzioni sommarie e paesi bruciati. Naturalmente per il loro bene.

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Sia come sia, un tale atteggiamento s’è mantenuto nel tempo ed è parte determinante sia della supina accettazione della sudditanza agli USA, sia della deliberata adesione ai vincoli di Maastricht e quelli che sono seguiti. Se per lo zelante assoggettamento all’impero americano possono essere scomodati fattori storici (e assai più concreti interessi personali), per comprendere i motivi dell’adesione ai vincoli europei basta leggere le memorie di Guido Carli – icona sciagurata di classe dirigente autoreferenziale – il quale sosteneva con convinzione “che gli istinti animali della società italiana, lasciati al loro naturale sviluppo, avrebbero portato altrove questo paese”.

Di esempi se ne potrebbero fare molti altri, anche in tempi assai più recenti, ma il succo del discorso resta sempre che per la classe dirigente del Belpaese i “vincoli esterni” sono antidoto per l’italica – a loro parere connaturata – inaffidabilità. Insomma: gli italiani non possono permettersi il lusso di decidere da sé perché non adatti. E che importa se votano (chi lo fa ancora) diversamente, sono eterni minorenni irresponsabili.

Il fatto è, al giorno d’oggi, che i due cardini cui l’Italia s’è incatenata stanno crollando: l’impero USA è in visibile ritirata e la UE è in stato eufemisticamente confusionale, con ciò dissolvendo sia il pilastro securitario americano cui essa s’è da sempre ancorata, sia quello economico tedesco. E, poste queste condizioni, qualcuno ha (ingenuamente) pensato che l’avvento di un governo auto-definitosi “sovranista” avrebbe mutato le cose: errore.

È vero, una transizione egemonica come quella attuale aprirebbe all’Italia inusitate opportunità: contare nel Mediterraneo-Medioceano in evoluzione; grazie alla debolezza di Berlino (in manifesta crisi esistenziale) puntare a rivedere patti di stabilità e follie simili; non avendo passato neocoloniale (più recente e bruciante di quello coloniale) porsi come mediatrice fra Europa e Africa dove è (ancora per quanto?) bene accetta.

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Ma la smania di “vincoli esterni” permane, anche e soprattutto ai giorni nostri, per pochezza strutturale di una dirigenza e per l’interesse che essa ha di blindarsi per auto-mantenersi al vertice. Ancora e sempre suddita. Per cui, progetta avventure in Estremo Oriente, dimenticandosi del proprio mare lasciato a terzi; stringe patti a Kiev ma trascura ciò che l’avvince a Maastricht e la strozza; va in Africa, ma a rappresentare gli interessi altrui (e di grandi aziende) perché sconosce i propri. In breve: non sa pensarsi libera, non se ne cura perché convinta che l’interesse suo sia rimanere serva. E il popolo? Per lei non conta, sa lei ciò che va fatto.