Una corte austriaca ha condannato Manuel Eder, militante identitario e chitarrista del gruppo Terrorsphära, all’incredibile pena di nove anni di prigione per una serie di “crimini” politici non-violenti, oscillanti dal “possesso di libri riconducibili all’ideologia Nazionalsocialista” alla non conformità dei testi delle canzoni della sua band. Un destino – questo – già sperimentato – fra gli altri – da Michael Regener (al processo, definito “terrorista con la chitarra” dal pubblico ministero), frontman dei Landser, anch’egli costretto a scontare una pena pluriennale su sentenza di un tribunale tedesco in simili circostanze. Si tratta, a tutti gli effetti, di un precedente molto pericoloso, che oggi coinvolge un militante della destra radicale e domani, per qualche astruso motivo, potrebbe coinvolgere chiunque altro: del resto, le maglie della repressione si stringono costantemente, avanzando veri e propri reati d’opinione che portano a condanne esemplare anche in assenza di effettivi reati. E questo, a prescindere da come la si pensa, deve essere motivo di preoccupazione.
In un’Europa in cui la libertà intellettuale è sempre più criminalizzata, e il dissenso represso, vaghe e generiche fattispecie di reato, come quanto nei Paesi germanofoni è noto con il nome giuridico di Volksverhetzung, “attizzamento delle masse”, vengono usate senza ritegno come clavi per colpire e silenziare attivisti, pensatori, editori, e ora anche musicisti, mentre assassini e stupratori allogeni ricevono di continuo trattamenti in guanti bianchi da giustizie sempre più profondamente ingiuste, totalmente disinteressate al sangue e al dolore da questi sparso.
Chi crede in una determinata Weltanschauung, e ad essa ha consacrato la sua vita e il suo cuore, non chiede pietà. Non sarebbe degno, soprattutto in nome di chi, venuto prima, ha dovuto affrontare prove ancora più dure. Stile e Idea corrono di pari passo, e se mai, in alcun modo, si deve chinare la testa dinanzi alla persecuzione, è comunque giusto e doveroso denunciare a gran voce quanto accade, e non lasciare che la vergogna si consumi nell’oblio collettivo, e nell’omertosa complicità di tanti.
Nel frattempo, solidarietà a tutti i militanti identitari sotto processo, in ogni parte d’Europa. Come insegna Dominique Venner, nonostante tutto e tutti mai abbandonarsi al fatalismo, ma continuare ostinatamente a lottare e sognare, mantenendo in sé “la Natura come Solco, l’Eccellenza come Fine, la Bellezza come Orizzonte”.