Il binario morto di certi movimenti “antisistema”

Mar 16, 2024

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Il complottismo è un boomerang

Il primo errore di tutta l’area «antisistema» è quello di aver esasperato il concetto di complotto. Beninteso: i complotti sono sempre esistiti e continuano a esistere, e non è da cospirazionisti asserire che dietro la faccenda covid/vaccini c’è del marcio (l’obiettivo non è mai stato quello di preservare la salute della collettività). Tuttavia – come abbiamo visto alle politiche del 2022 – l’ossessione per i complotti ha portato tantissime persone ascrivibili all’area «antisistema» a rigettare le organizzazioni partitiche e di conseguenza le elezioni. I motivi principali erano due. In primo luogo gli stessi partiti e movimenti «antisistema» sono stati accusati di essere operazioni di gatekeeping, ovvero dei finti oppositori del sistema, che in realtà lavoravano per il sistema che dicevano di voler combattere. Le stesse liste «antisistema» che hanno partecipato alle elezioni, si scambiavano questo tipo di accuse, sapendo di trovare terreno fertile tra i potenziali elettori, sempre affamati di complotti e dietrologie.

L’élite, più che controllare alcuni di questi partiti, si faceva grasse risate pensando che organizzazioni così disomogenee e impolitiche non avrebbero messo in discussione il potere costituito. C’erano altri che, pur credendo nella buona fede dei partiti «antisistema», sostenevano – e continuano a sostenere – che “le elezioni legittimano il sistema”, e per questo motivo vanno boicottate. Chi invita a boicottare le elezioni, non offre mai un’alternativa valida (pratica) per cambiare il sistema che vorrebbe cambiare, ciancia solo di “consapevolezza”, “presa di coscienza collettiva” e tante altre frasi fatte che tanto piacciono a quell’area. Risultato? Il nulla. Il tanto odiato sistema continua a fare quello che desidera.

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Il non vaccinato non è un «soggetto politico»

Il secondo errore è quello di aver considerato il non vaccinato un «soggetto politico», come se la faccenda covid/green pass/ vaccini avesse fatto emergere una coscienza di classe tra dominanti e dominati, e di conseguenza questi ultimi avrebbero dovuto essere tutti d’accordo, dalla stessa parte della barricata contro il potere. Chi ha rifiutato la vaccinazione anti covid, lo ha fatto per motivi diversi: c’è chi lo ha fatto per motivi di principio e chi per semplice paura. Questi ultimi non si sono mai interessati di OMS, Bill Gates, Klaus Schwab e via dicendo, hanno solo rifiutato di sottoporsi alla vaccinazione perché non la reputavano sicura. Fine.

La mancata vaccinazione non era la conditio sine qua non per mettere su un partito, per il semplice motivo che tale scelta – per buona parte dei non vaccinati – non esprime alcunché di politico. Durante le manifestazioni era lecito chiedersi: a parte la scelta di non vaccinarmi, cosa ho in comune con tutti gli altri? Avere in comune una singola battaglia, non significa automaticamente combattere la stessa guerra. A manifestare in piazza contro il green pass, c’era tutto e il contrario di tutto.

Inoltre, vediamo ancora oggi persone ascrivibili all’area «antisistema» continuare a gioire cinicamente per le morti improvvise, un modo per ribadire quotidianamente di aver fatto la scelta giusta e indirettamente, di condannare i vaccinati, ovvero la maggioranza degli italiani. C’è più uno spirito settario, di “eletti” che si sentono più intelligenti degli altri, che una voglia di arrivare alla maggioranza. Questo atteggiamento è il trionfo dell’impolitico.

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La morale degli schiavi

I cosiddetti partiti e movimenti «antisistema», rappresentano più un termometro politico della degenerazione degli schieramenti tradizionali che una soluzione ai problemi. Non a caso molti dei leader e dei militanti, provengono dal M5S. Gli «antisistema» dicono che le cose non vanno bene, ma tutto si riduce a una reazione: “siamo contro i vaccini obbligatori, contro la NATO, contro l’Ue, contro l’euro, contro i il trasnumenismo, contro il cibo sintetico, ecc.”. Non dicono mai chi sono, solo cosa non-sono: gli «antisistema» sono la rappresentazione plastica di ciò che Nietzsche definiva “morale degli schiavi”. In Genealogia della morale il filosofo tedesco scrive che «la morale degli schiavi ha bisogno, per la sua nascita, sempre e in primo luogo un mondo opposto ed esteriore, ha bisogno, per esprimerci in termini psicologici, di stimoli esterni per poter in generale agire – la sua azione è fondamentalmente una reazione».[1]

A conferma di questo, notiamo un atteggiamento da vittime (sono stato discriminato!) e non da eroi che vogliono plasmare una nuova società partendo da idee radicali. Manca totalmente un «pensiero forte» da contrapporre all’attuale egemonia. Questo avviene per un motivo molto semplice: non solo non esistono più le ideologie, essere post-ideologici è diventato un vanto. Per gli «antisistema» non essere “né di destra né di sinistra” – nel senso più ampio possibile – nel migliore dei casi è una mancanza totale di riferimenti (di formazione), nel peggiore dei casi è un modo per mascherare la propria provenienze per prendere i voti di tutti. Pensiamo a Italia Sovrana e Popolare, che parlava di superamento della dicotomia destra/sinistra, pur essendo nelle mani di comunisti (non a caso la stella rossa nel simbolo) che volevano rifarsi una verginità politica cavalcando l’onda del dissenso, sperando di pescare voti a destra, in quanto a cose normali i loro microscopici partiti marxisti non prendono quattro voti in croce. Ed era quanto meno stucchevole vedere nostalgici di Stalin, sostenitori della Cina e della Corea del Nord, manifestare per la difesa della libertà individuale (tra l’altro lo stesso Rizzo si è espresso a favore delle vaccinazioni obbligatorie perché in quanto marxista crede nella scienza) (https://www.la7.it/coffee-break/video/obbligo-vaccinale-marco-rizzo-pc-la-prosopopea-che-ci-si-vaccina-per-salvare-la-societa-e-falsa-15-07-2021-390493).

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Il nazionalsocialismo eterno

Un altro errore grossolano – della maggior parte degli «antisistema» – è quello di vedere il nazismo ovunque. Esattamente come i progressisti di sinistra, per gli «antisistema» – sulla scia di Umberto Eco – esiste un nazismo eterno. Il nazionalsocialismo sarebbe una sorta di categoria atemporale del male che oggi si manifesta senza svastica e leggi razziali. Sono tutti nazisti: gli USA, la NATO, l’Ue, Israele, perfino il Partito Democratico, anche se non sa di esserlo. Come scrive lo storico del fascismo Emilio Gentile «La pratica dell’analogia è molto diffusa nelle attuali denunce sul ritorno del fascismo, con un uso pubblico della storia in cui prevale la tendenza a sostituire alla storiografia – una coscienza critica scientificamente elaborata – una sorta di “astorologia”, come possiamo chiamarla, dove il passato storico viene continuamente adattato ai desideri, alle speranze, alle paure attuali».[2]

Con una semplificazione disarmante, gli «antisistema» prendono la coercizione come unica categoria per giudicare cosa è “nazista” e cosa non lo è. Quanto possa essere “nazista” l’élite occidentale che impone l’accoglienza di immigrati extraeuropei, senso di colpa dell’uomo bianco, agenda LGBTQ/gender e così via, non è dato saperlo. Senza accorgersene, gli «antisistema» ragionano – se così si può dire – come un qualsiasi sostenitore del Partito Democratico: ciò che a loro non piace (o non comprendono) è automaticamente nazista. E con questa reductio ad Hitlerum gli «antisistema» credono ingenuamente di far emergere i cortocircuiti del sistema. Hanno una stantia retorica antifascista: parlano di “nuova resistenza”, il 25 aprile organizzano manifestazioni per una “vera liberazione”, loro sono i nuovi partigiani – armati di consapevolezza – pronti a combattere il nuovo nazismo. Vogliono superare la dicotomia destra/sinistra per far rientrare dalla finestra – totalmente decontestualizzata – la dicotomia fascismo/antifascismo.

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Limiti insormontabili

In ultima analisi ci sono dei fattori umani che condizionano negativamente tutta l’area «antisistema». A discapito della critica dell’individualismo liberista, i “leader” politici/giornalisti/influencer/militanti «antisistema» in molti casi hanno un ego smisurato che impedisce loro di comprendere e accettare il concetto di gerarchia. Sono talmente democratici che non appena prendono qualche “mi piace” in più sui social, litigano con gli altri credendo di avere la forza di poter fondare un nuovo soggetto politico, praticamente identico a tutti gli altri già esistenti, ma con la possibilità di promettere cariche – inutili – a chicchessia.

Più che legati a una causa, sembrano legati alla propria immagine, anzi, la causa diventa un modo per promuovere la propria immagine.
Chi scrive, ha frequentato questi ambienti. Le ho viste le riunioni mosse da ribellismo, persone appiattite sulla quotidianità, senza una direzione, senza una visione d’insieme, un navigare a vista che si limita a essere “contro” la decisione quotidiana del potere. Tutto portato avanti con la tronfia sicurezza di chi è convito di essere più intelligente degli altri, di aver capito come gira il mondo dopo aver visto un video sulla rete pubblicato da soggetti discutibili. Con le semplificazioni, il rifiuto di un «pensiero forte» (ad esempio non parlano di sostituzione etnica perché temono di essere etichettati come “razzisti”) e le stesse categorie del “sistema”, la possibilità di emergere come “alternativa” scompare. La debolezza di quest’area politica è certificata dal fatto che dopo le politiche del 2022, partiti e movimenti riconducibili a quell’area sono tutti implosi. Saranno sempre fenomeni riconducibili alla disastrosa esperienza del M5S, nati “antisistema” e – in mancanza di una spina dorsale ideologica – morti con il Partito Democratico.

Finché questi piccoli movimenti e partiti si contenteranno – per autocertificazione- lo scettro dell’«antisistema», l’élite può dormire sonni tranquillissimi. La verità, oggi che l’élite ha un chiaro orientamento progressista, è che un’alternativa politica può nascere -sul piano delle idee- solo alla destra dell’attuale centrodestra, ma questa è un’altra storia.

[1] Friedrich Nietzsche, Genealogia della morale, Adelphi, 1984, p. 26.
[2] Emilio Gentile, Chi è fascista, Laterza, 2019, pp. 6-7.