Una trasmissione particolare: Cazzullo e la morale antifascista che cozza con la storia

Ott 20, 2024

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Mercoledì 9 Ottobre è andata in onda su La7 la puntata del programma Una giornata particolare condotto da Aldo Cazzullo sul celebre incontro tra Mussolini ed Hitler del Maggio 1938. Ben sapendo in che ambienti nasceva il progetto, non ci aspettavamo nulla di più di quello che – complice la serata televisiva sottotono – abbiamo visto. Del resto, il canale noto per le inchieste e i dossieraggi contro il ritornante (?) neofascismo è una garanzia in tal senso. L’impostazione è morale: non si giudicano fatti penalmente rilevanti – per i quali dovrebbero intervenire prima di tutto Magistratura e Forze dell’Ordine – ma le semplici idee che si odiano, per le quali ci si indigna, che danno fastidio.

Cazzullo, stimato per la moderatezza sinistrorsa quanto per l’assoluto profilo politicamente corretto, ha allestito una gradevole trasmissione, impostandola però sugli aneddoti, su quanto gli antifascisti – dell’ultima ora – ebbero a dire, ovviamente nel dopoguerra. Liberissimo, sia chiaro, di fondare un programma sul verosimile, sul “detto-non detto”, sulle battutine, sui pettegolezzi, ma guai a chi confondesse – come la maggior parte degli spettatori avrà fatto – ciò con la storia o, addirittura, con la ricerca storica.

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Certamente, si trattava di un prodotto commerciale, “deve fatturare”, e si sa che le scienze storiche o, comunque sia, la “cultura” in generale, sono sempre scommesse perse sotto questo punto di vista. Una TV dove imperano i reality show altro non può offrire al “mercato”. Non sembra celato il fine di tutta l’operazione, quello di “rafforzare il nostro antifascismo” per dirla alla Scurati. E siccome il verosimile, la testimonianza interessata del dopo, come i romanzi, non sono soggetti a prove di veridicità, se vi sono forzature, falsità, manipolazioni, ebbene, queste sono da ricondurre alla “poetica” dell’autore.

Dove si giunge al paradosso di tutta questa operazione è, però, quando qualcuno pretende di darci una lezione, salendo in cattedra come un supponente professorino. Ebbene, se chi fa antifascismo non fa storia, chi dà giudizi morali non fa lo storico, ma il moralista. E questo, come ben insegnava il povero Renzo De Felice, è tutta un’altra cosa. Sarebbe tedioso confutare punto per punto tutte le solenni affermazioni di cui è condita la trasmissione di Cazzullo, anche se è evidente la solita manovra della vulgata, quello di ridicolizzare e demonizzare nello stesso tempo il fascismo. Strumentalizzazione che avviene ormai da decenni.

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Comunque, qualche osservazione, visto che ci siamo, possiamo farla. Anche perché non credesse, chi dispone di tali ingenti possibilità di moralizzazione nazionale e popolare, di essere davvero “dalla parte giusta della storia”, per dirla alla Salis. Sulle solite litanie sulla “libertà” – “uccisa da Mussolini”, per rimanere in tema pubblicitario dell’ultimo romanzo non storico di Scurati – potremmo fornire argomentazioni glaciali per i professorini del politicamente corretto, ma ci limitiamo a sentenziare che il consenso di massa ottenuto dal Fascismo non permette di etichettare come “liberticida” il Regime.

Giudicare il passato con gli occhi deviati dalla ideologia e con la visione dei contemporanei è sempre un falsare l’interpretazione dei fatti. Il fascismo è una Weltanschauung che prende vita nella Grande Guerra e da lì si dipana la rivoluzione mussoliniana. Le correnti di pensiero socialiste, sindacaliste rivoluzionarie, nazionaliste, repubblicane, trovarono nel fascismo una nuova lettura e, soprattutto, la possibilità concreta di trasformare il presente. Violenza politica, guerre, rivoluzioni, non sono certamente una invenzione del fascismo, ma il naturale scorrere della storia. Negare tutto ciò è negare la storia.

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Appare poi grottesco giudicare gli eventi di un secolo fa – e perché non quelli di due secoli prima? – non tenendo presente quello che accade oggi oppure quello che accadeva di ancor più terribile nel campo opposto. La guerra ai civili degli Alleati (i famosi bombardamenti benedetti dagli antifascisti); il genocidio (vero, reale, con esiti concreti e dimostrabili) degli Italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia; le stragi (ben più barbare e numerose in termini di vite umane spezzate di quelle che si attribuiscono ai Germanici) compiute dai partigiani antifascisti durante e, soprattutto, dopo la guerra; non possono essere liquidati come “strumentalizzazioni politiche da contestualizzare” (visto che non si possono più occultare o facilmente giustificare).

Ecco, “la parte giusta della storia” non può dare patenti di moralità a nessuno, né tanto meno, essendo uomini liberi, siamo disposti a prendere lezioni da costoro. Sia chiaro. La strumentalizzazione – questa sì! – della terminologia “nazifascista”, usata al solo scopo di affibbiare ai fascisti i crimini commessi dai Germanici è solo una operazione politica da respingere. Per onestà intellettuale, prima che per correttezza storica. Ma Mussolini deve rimanere un “criminale”, un “capobanda”. Benissimo, e tutti gli statisti degli Stati del “bene assoluto” cosa sono? E non stiamo parlando degli schiavisti dell’Ottocento, dei guerrafondai del secolo scorso. Basta sfogliare le pagine dei giornali di oggi, nel regno delle abusate, quanto vuote, parole: “democrazia”, “pace”, “fratellanza”.

Hitler e Mussolini | Museo Nazionale della Resistenza

Il Fascismo e il Nazionalsocialismo come regimi sono finiti nel 1945. Eppure, guerre, razzismi, violenze di ogni genere non sono certamente cessati. Si sono moltiplicati. Certo, lontano dall’Europa “civile” si dirà. Dimenticando che le colonie, da sempre, non si fanno guerra tra loro. Accettano il “padrone”, la loro pacifica schiavitù, limitandosi caso mai a portare le armi per gli altri (e non vogliamo ampliare il discorso citando le Guerre del Golfo o i vergognosi bombardamenti sulla Serbia di qualche anno fa). Per tutti questi “massacri in democrazia”, ci si limita a condannare verbalmente, ad indignarsi ipocritamente, a girarsi dall’altra parte quando non farsi complici, sposando la consolidata omertà istituzionale (cfr. il dramma delle foibe fino al 2004).

I fascisti, cari moralisti sedicenti gramsciani, non erano certamente a My Lai dove in nome della “libertà” e della democrazia si compì un massacro indicibile; così non erano in tutte quelle stragi di cui gli Stati democratici si sono macchiati fino ai nostri giorni, sempre in nome della “parte giusta della storia”. E non vogliamo entrare nel merito del comunismo, barbarie certamente peggiore al nazionalsocialismo, perché – nonostante le coccole che il politicamente corretto gli dedica – sarebbe, almeno per noi, come “sparare sulla Croce Rossa”. Però, il “criminale” rimane Mussolini. Perché, tra l’altro, aggredì con una guerra un altro Stato. Ossia, fece quello che tutti gli Stati, fin dagli albori della civiltà, hanno fatto e continuano a fare. Ma perché non ci si parla del volontarismo di guerra, delle passioni, degli eroismi, che animarono gli Italiani in quegli anni? Passioni ed eroismi, volontà di sacrificio e culto del dovere (cfr. art. 52 della Costituzione!), che furono vivi e reali, anche davanti alle sconfitte, almeno fino al 25 Luglio 1943. Il consenso, caro Cazzullo. Il consenso.

MUSSOLINI IL CAPOBANDA. PERCHÉ DOVREMMO VERGOGNARCI DEL FASCISMO, di Aldo  Cazzullo

Ricordiamo comunque che, in base alle concezioni politicamente corrette di oggi – dove si condannano eventi di 100 anni fa e si giustificano barbarie commesse a pochi chilometri nello stesso momento in cui si pontifica –, l’Italia è uno “Stato canaglia”. Rimane uno di quegli Stati che, nella sua storia, ha sempre scatenato guerre. Mussolini, lo diciamo sapendo di suscitare scandalo, non inventò la guerra, semplicemente ha seguito la scia. La verità è che lo si condanna di aver perso quella guerra, non di averla fatta. Perché se la fortuna avesse arriso alla Nazione italiana – non a Mussolini, cari antifa’ – oggi avremmo una statua al Duce in ogni piazza e i giornalisti che oggi si indignano per cosa fu il Regime, li avremmo ritrovati tutti a pontificare – con la stessa supponenza e lo stesso zelo – sotto quei monumenti. Italiani, si dirà. Certamente. Ma la guerra fu persa. Ebbene sì e “chi perde paga”. Siamo d’accordo. Ma non si può dire che i fascisti fecero tutto il possibile, sacrificandosi in massa, per vincere. E se a loro va la fumosa “condanna della storia” (emessa da chi? Dai barbari?), come dovremmo giudicare tutti coloro che, invece, tradirono la Patria in guerra e fecero di tutto perché quella guerra venisse persa?

Caro Cazzullo, basterebbe applicare il Codice Penale Militare di Guerra. Senza inventarsi nulla e senza usare leggi retroattive. O l’odio per decidere chi deve vivere e chi deve morire, come “ai bei tempi” della Resistenza. Sorvoliamo sugli aneddoti verosimili, privi di qualsiasi documentazione a riscontro, elaborati con finalità politiche nel dopoguerra, come il cazzotto dato dal gerarca a quel fascista che era dubbioso sulle possibilità di replicare il treno del Fuhrer (dimenticando che il Duce aveva un bellissimo Treno Presidenziale che nulla aveva a che invidiare a quello del suo omologo germanico); come la “Roma di cartone”, dimenticando le opere che ancor oggi fanno bella mostra di sé e non hanno paragoni con nulla costruito “dopo”; come la “persecuzione” degli omosessuali durante il Regime non citando la reale portata numerica di questa, dimenticando tutto quello che avvenne contro gli omosessuali negli altri Stati, anche “a democrazia avanzata”, anche in tempi recenti; ecc.

Rasatura dei capelli, atto ignobile: lo fecero i partigiani alle ausiliarie  Rsi - Secolo d'Italia

In questi casi, non serve “destrutturare”, contestualizzare, basta condannare uno ed assolvere, col silenzio, l’altro. Disinformazja, si chiamava nel “Paradiso dei lavoratori”, quando ancora alto era il Muro di Protezione Antifascista di Berlino… “Bei tempi”… Mussolini, quindi, è un “criminale”. Le violenze che si attribuiscono al fascismo non hanno precedenti – secondo la vulgata – nella storia della intera umanità. Allora, a questo punto, si esce fuori dalla storia. Affermiamo solennemente che anche un solo omicidio rimane un crimine, noi siamo per la sacralità della vita fin dal concepimento e non accettiamo lezioni morali dagli abortisti. Ma attribuire al Duce la morte di Matteotti (ucciso accidentalmente durante una spedizione punitiva,; cfr. Tiozzo, Matteotti senza aureola); di Amendola (morto di cancro); dei fratelli Rosselli (assassinati sì da sedicenti avventurieri fascisti francesi, ma al comando di un Agente dei Servizi sovietici; cfr. Bandini, Il cono d’ombra); di Don Minzoni (bastonato dai fascisti, ma sul cui caso esistono affermazioni agghiaccianti; cfr. Caputo, Il caso Don Minzoni); ecc. è solo una strumentalizzazione politica di eventi che, questi sì, devono essere contestualizzati. Contestualizzati, ad esempio, nella guerra civile scatenata dai sovversivi nel Biennio Rosso (1919-1920), oggi cancellato dai libri di storia.

Apprendere così che Mussolini ordinò la morte anche di Gramsci ci lascia esterrefatti, visto che il pensatore sardo morì di malattia, in libertà, in una lussuosa clinica romana e, magari, chi lo avrebbe voluto morto erano proprio i suoi compagni (cfr. Nieddu, L’ombra di Mosca sulla tomba di Gramsci). Ma dove sono questi ordini di soppressione? E perché non si ricordano le centinaia e centinaia di interventi a favore degli antifascisti di Mussolini, le grazie chieste ed ottenute, in primis a coloro che, nella Primavera di Sangue del 1945, per ringraziamento, saranno a capo di quegli improvvisati Plotoni di esecuzione dediti al massacro di innocenti e, soprattutto, di inermi che non potevano difendersi? (cfr., tra gli altri, gli studi di Giampaolo Pansa e Gianfranco Stella).

Giampaolo Pansa, il magnifico cronista che non sarà ricordato per questo

Non vogliamo giudicare nessuno, vogliamo rimanere nell’ambito delle scienze storiche, ma la frecciatina ai “nostalgici” (?) che si dovrebbero ricordare dei gas usati dagli Italiani in Etiopia fa riflettere se detta davanti ai massacri fatti – anni dopo, fino ad oggi – con le bombe al fosforo, con l’atomica, con i munizionamenti all’uranio impoverito, dalla “parte giusta della storia”. Ma si sa, agli antifascisti non interessa la storia. Loro sono sempre quelli di Piazzale Loreto, quelli dei perpetui Processi di Norimberga, dove i vincitori giudicano ed ammazzano i vinti secondo leggi appena scritte da loro stessi e, poi, si disfanno dei cadaveri, disperdendone occultamente le ceneri. Simbolo eloquente della loro inferiorità morale, perché la loro “parte giusta della storia” non è nemmeno riuscita a distruggerne il ricordo ed ha paura di loro anche dopo che li ha assassinati.

È da qui che nasce la cancel culture, distruggere tutto quel passato, le vestigia di quelle opere mai più replicate, ancor oggi presenti come monito alle generazioni future dell’esistenza di un altro “mondo”. Ebbene, “non ci stanno proprio”, si direbbe a Roma. Ed ecco, dopo un secolo, a riesumare cadaveri, ad abbattere monumenti, croci, lapidi… la guerra morale della toponomastica. Siamo davanti ad una psicopatologia. Ma invece di condannare il passato, Napoleone, Federico Barbarossa, Giulio Cesare, ecc. perché non chiediamo un Processo di Norimberga per quello che sta avvenendo oggi in Palestina, dove in “nome della Bibbia” – e non del Mein Kampf caro Cazzullo! – si stanno commettendo dei crimini che hanno già superato numericamente quelli compiuti dai Germanici in Italia durante tutta la Seconda Guerra Mondiale? Questa volta le leggi (e le condanne dell’ONU) già ci sono, non bisognerebbe nemmeno inventarsele!

Fiom-Cgil nazionale - Sindacato dei Metalmeccanici - Palestina. Sosteniamo  concretamente la popolazione di Gaza

Poi, parlare dei partigiani che sono morti combattendo per la “libertà” e la democrazia, chiude ogni ulteriore discorso. Si combatteva, caro Cazzullo, illegittimamente secondo le Convezioni internazionali di guerra, cosa riconosciuta anche dai Tribunali di questa Repubblica, per lo stalinismo o, in minoranza, per il Re (d’Italia e d’Albania, Imperatore d’Etiopia e Capo dello Stato fascista per venti anni). Parlare di “libertà” e democrazia dimostra proprio una sfacciataggine, una sicurezza di impunità. Se avessero vinto i partigiani comunisti avremmo fatto la fine della Iugoslavia (il più grande cimitero a cielo aperto d’Europa); dell’Albania (un regime dittatoriale di morte e terrore, spietato ed arretrato, barbarico); della Grecia (una guerra civile permanente, con la famosa deportazione di decine di migliaia di bambini verso la “libertà” bolscevica). Ci accontentammo delle foibe, dei triangoli della morte, di una sozzura come mai avvenuta – questa sì! – nella storia d’Italia.

Cazzullo ci lascia con un suo sogno. Quello che sull’obelisco presente al Foro Mussolini sparisca il nome del Duce e al suo posto venga inciso abusivamente quello di Matteotti (recentemente riesumato dalla vulgata come Santo laico della democrazia, dimenticando il fatto che ben prima dell’avvento del fascismo questi venne confinato in Sicilia come sovversivo e il giudizio spietato sul socialista assassinato fatto da Gramsci). No, caro Cazzullo. I monumenti storici non si toccano. Costruitene voi altri, se ne avete le possibilità, le capacità, la moralità.

Pietro Cappellari
Direttore della Biblioteca di  Storia Contemporanea “Coppola”