La frase di Edgar Morin, “Rivoluzione e Conservazione vanno considerate legate l’una all’altra. Non c’è conservazione senza rivoluzione. Non c’è rivoluzione senza conservazione”, evidenzia una verità fondamentale: la continuità e il cambiamento non sono opposti, ma forze complementari necessarie per la costruzione di una società autentica e vitale.
Questa riflessione si presta a una lettura in chiave di difesa dell’identità e del legame con le radici, che rappresentano i pilastri su cui si fonda la coesione sociale. Per mantenere viva questa identità, è necessario un rinnovamento continuo che non rinneghi il passato, ma lo valorizzi e lo integri nel presente, rispondendo alle sfide poste dal mondo contemporaneo.
Conservazione come Preservazione dell’Essenziale
Conservare significa proteggere ciò che definisce l’essenza di una comunità: la cultura, i valori, la spiritualità, il legame con la propria storia e con il territorio. Tuttavia, questa protezione non può limitarsi a una semplice difesa passiva. Una conservazione autentica richiede una reinterpretazione creativa e attiva, capace di mantenere viva la Tradizione rendendola rilevante per le nuove generazioni.
Quando la conservazione si riduce a un rigido immobilismo, essa rischia di diventare sterile, incapace di adattarsi ai mutamenti inevitabili della realtà. Al contrario, una conservazione dinamica riconosce il valore del cambiamento come mezzo per garantire la continuità di ciò che è essenziale e irrinunciabile.
Rivoluzione come Ritorno ai Fondamenti
La rivoluzione, intesa come trasformazione profonda e radicale, non deve essere confusa con la distruzione del passato o con il caos. Una rivoluzione autentica è sempre un ritorno ai fondamenti, un ripristino di ciò che è vero, giusto e naturale.
Questo processo non implica la negazione del progresso, ma richiede che esso sia radicato in valori solidi e permanenti. Ogni rivoluzione che voglia costruire qualcosa di duraturo deve affondare le sue radici nella Tradizione, intesa come un insieme di riferimenti e principi universali che guidano l’azione e danno significato al cambiamento.
La rivoluzione, intesa come trasformazione profonda e radicale, non deve essere confusa con la distruzione del passato o con il caos. Una rivoluzione autentica è sempre un ritorno ai fondamenti, un ripristino di ciò che è vero, giusto e naturale.
Questo processo non implica la negazione del progresso, ma richiede che esso sia radicato in valori solidi e permanenti. Ogni rivoluzione che voglia costruire qualcosa di duraturo deve affondare le sue radici nella Tradizione, intesa come un insieme di riferimenti e principi universali che guidano l’azione e danno significato al cambiamento.
Una Dialettica Necessaria nella Società Contemporanea
Nel mondo odierno, la tensione tra rivoluzione e conservazione è particolarmente evidente. Da una parte, assistiamo a un attacco costante alle identità culturali e ai legami comunitari, spesso minacciati da processi di omologazione globale e dalla perdita di significato dei valori tradizionali. Dall’altra, emerge la necessità di un rinnovamento che possa preservare ciò che è autentico, contrastando le tendenze disgregatrici e promuovendo un nuovo equilibrio tra innovazione e radicamento.
Questo equilibrio non è facile da raggiungere. Richiede un pensiero complesso, capace di vedere oltre le contrapposizioni superficiali e di riconoscere che la vera trasformazione non nasce dalla negazione del passato, ma dalla sua riscoperta e reinterpretazione.
Ritrovare un Ordine Fondato su Radici e Futuro
Rivoluzione e conservazione, se armonizzate, possono diventare la base per la costruzione di una società orientata al bene comune, in cui il progresso non si realizza a scapito della coesione sociale, ma attraverso di essa. Il futuro non può essere costruito senza memoria, così come il passato non può essere conservato senza adattamento.
In questa prospettiva, la rivoluzione non è una minaccia per la conservazione, ma il suo naturale complemento. Entrambe sono strumenti necessari per costruire un ordine sociale capace di rispettare le radici di una comunità e, al contempo, di rispondere alle sfide poste dal cambiamento.
Conclusione:
Una Visione Armonica per il Futuro La frase di Edgar Morin ci invita a superare le false dicotomie e a riconoscere che il progresso autentico nasce dalla dialettica tra continuità e trasformazione. Conservare significa proteggere ciò che è vitale, mentre rivoluzionare significa adattare e rinnovare per mantenere viva quella stessa vitalità.
Solo attraverso questa tensione creativa si può immaginare una società che sappia affrontare il futuro senza perdere di vista ciò che la definisce e la rende unica. È un progetto ambizioso, ma necessario, per difendere l’identità e costruire un futuro fondato sulla coesione, la giustizia e la memoria condivisa.
Bibliografia di riferimento
1. Evola, Julius (1934). Rivolta contro il mondo moderno. Laterza. Una riflessione sul rapporto tra Tradizione e modernità, fondamentale per comprendere il ruolo del radicamento nel cambiamento.
2. Gentile, Giovanni (1923). Teoria generale dello spirito come atto puro. Sansoni. Un’opera che esplora la dimensione dinamica dell’identità e del pensiero.
3. Heidegger, Martin (1927). Essere e tempo. Niemeyer. Analisi sul radicamento dell’essere, essenziale per una comprensione ontologica della conservazione e del cambiamento.
4. Arendt, Hannah (1963). On Revolution. Viking Press. Studio sulle dinamiche rivoluzionarie e sul loro rapporto con il concetto di libertà.
5. Dugin, Alexander (2009). La quarta teoria politica. Arktos. Una proposta di superamento delle ideologie moderne, con un focus sull’identità e sulla Tradizione come basi per un nuovo ordine sociale.
6. Ricoeur, Paul (1984). Time and Narrative. University of Chicago Press. Riflessione filosofica sul tempo e sulla continuità, utile per approfondire il dialogo tra passato e futuro.