Libero arbitrio: una sfida tutta umana

Mag 30, 2025

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INTRODUZIONE

L’uomo ha affrontato l’argomento del libero arbitrio da diverso tempo nel corso della sua esistenza, eppure ancora oggi si hanno dubbi riguardo quest’ultimo; potremmo dunque definirlo un dilemma esistenziale della nostra specie. Per questo, infatti, non avrebbe senso stipulare una visione categorica e dogmatica del fenomeno, ma che perlomeno possa essere fattibile e attestabile nella quotidianità e nell’analisi della storia dell’umanità. Consideriamo, innanzitutto, che noi esseri umani siamo condizionati sin dalla nascita da vari fattori che influenzano il nostro percorso di vita: l’appartenenza a un determinato popolo – questo anche a livello spirituale, mediante lo Spirito del Popolo – a una determinata cultura, a un determinato ambiente sociale, e così via. Ciononostante, come possiamo osservare nei vari cambiamenti della storia, esiste un modo per uscire dallo scorrere del tempo e diventare qualcosa che va oltre il fattore imposto dalle circostanze esterne e, di conseguenza, interne.

  1. L’umanità e i fattori

    Partiamo dal presupposto che, in principio, l’umanità si sia ritrovata in un mondo ostile e pericoloso, tanto da minacciare la sua stessa esistenza; dalle esigenze per far sopravvivere la specie, nasce quindi la necessità: questa nasce dalle condizioni imposte dalla realtà circostante – la natura, in questo caso – e quindi potremmo definire questa necessità un fattore preesistente, divino. L’uomo, come il resto delle creature nell’universo, è destinato a contemplare e sottostare alle leggi della natura, che gli piaccia o meno: da qui nasce il primo fattore che plasma il pensiero dell’uomo. Le necessità primarie, però, non soddisfano pienamente l’essenza della specie umana, in quanto esseri dotati di una coscienza unica del suo genere, a quanto sappiamo finora: lo Spirito allora si palesa all’uomo come ulteriore necessità. Tuttavia, questa volta non si limita ad essere universale e basata su necessità fisiologiche e tangibili, bensì espande così tanto la sua portata che riesce a raggiungere il fondo dell’anima, toccando ciò che inizialmente era nascosto e intrinseco. Sto parlando di ciò che noi definiamo Dio, Uno, Principio Assoluto, Spirito dell’Universo e così via: prendendo coscienza della realtà, abbiamo progressivamente iniziato a prendere coscienza anche della nostra esistenza e del nostro scopo. Di conseguenza, le esigenze che potremmo definire spirituali si sono moltiplicate sempre di più nel corso del tempo. Da qui nascono quindi le esigenze di vivere in una società organizzata e stabile, omogenea e ordinata, prospera e sicura, ma soprattutto spirituale: i popoli si espandono, esprimono la loro creatività mediante l’arte e la cultura, sviluppano i loro sistemi politici per organizzare nel migliore dei modi la società, cercano di comprendere il divino e associano quest’ultimo all’esistenza stessa. Cosa c’entra tutto questo con il libero arbitrio? Ebbene, questi progressi elencati sono dovuti a fattori prodotti da necessità, quindi l’uomo è soggetto anche a tali fattori spirituali in modo involontario e innato. Dove si trova la libertà in tutto questo? Semplicemente nei dettagli. Se infatti l’uomo è soggetto a cose che non può controllare, né modificare (per esempio il tempo, le necessità descritte precedentemente, l’inconscio collettivo, eccetera), egli ha comunque il potere di agire mediante una volontà diversa rispetto a quella imposta da un determinato contesto socio-culturale in un tempo specifico; diventa così lui stesso l’incarnazione della volontà ribelle. 

  2. La scelta umana

    Questo fenomeno non può essere esito solo di fattori incontrollabili, perché un’esigenza entra in conflitto con un’altra: essere conformi ai costumi e alle usanze della società di cui facciamo parte è un’esigenza psicologica primaria che ci permette di partecipare alle relazioni interpersonali nella suddetta società con facilità, senza la preoccupazione di essere discriminati e isolati. Andando contro questa, creiamo una situazione che non aiuta a soddisfare la necessità di appartenere a un gruppo sociale collettivo, anzi, peggiora proprio le circostanze che permettono il soddisfacimento di questa. D’altro canto, la volontà di andare contro un sistema socio-culturale che riteniamo essere un pericolo per l’integrità dello Spirito del nostro popolo è anch’essa un’esigenza, in questo caso quella di preservare il Sangue e i suoi valori. C’è quindi un conflitto di fattori che può essere risolto soltanto da un elemento fondamentale: la scelta. Abbiamo deciso di dargli il nome di “libero arbitrio”, ma altro non è che una semplice e banale scelta. L’umanità non è in grado di creare fattori, ma solo e unicamente di scegliere quali siano quelli più importanti, di estrema necessità, e quali no. Non esistono fattori giusti o sbagliati, del bene o del male, ma soltanto quelli efficienti o irrilevanti – o persino una minaccia vera e propria – per il progresso spirituale del popolo. Prendiamo come esempio la nostra era: per conformarsi ai “valori occidentali”, ci hanno detto che dobbiamo essere tolleranti, accoglienti, democratici, pieni di compassione e rispettosi dell’uguaglianza. Dato che questa imposizione proviene dai vertici della società occidentale (governi, enti pubblici, giornalisti, multimiliardari, politici, eccetera), ciò che sta sotto il loro dominio, ovvero il popolo, è costretto a conformarsi a tali norme sociali per fare carriera, per rientrare nella parte dei “buoni” e non essere umiliati dalla società solo per il fatto di essere andati contro qualcosa molto più grande di loro. Chi invece sceglie di andare contro la verità soggettiva del regno del Denaro, accetta le conseguenze delle sue azioni senza il timore di non poter soddisfare la necessità di appartenenza sociale perché, secondo la volontà che ha scelto di seguire, la necessità di riportare ordine e disciplina nella società è una priorità per la sopravvivenza del Sangue.

  3. Spettacolo divino

    Qualcuno potrebbe dire che la volontà ribelle esiste per necessità di contrastare quella predominante; infatti è così. Ma questo non significa che l’uomo che la incarna debba altrettanto esistere. Il fatto che tutta la realtà esista per fattori preesistenti non implica che nel corso del tempo tutto sia predeterminato fino alla fine dei tempi – o del ciclo attuale, in ottica dell’eterno ritorno. Anche se la nostra realtà fosse un ciclo eterno, questo fattore non determina il fatto che ciò che accade all’interno di questo ciclo rimane tutto uguale, immutato; banalmente potrebbe essere il semplice rinnovamento dell’universo materiale, e dunque anche immateriale, dato che entrambi sono interdipendenti. Qualcuno potrebbe pensare che tutto sia stabilito da qualche divinità definita, ma se la realtà esiste a prescindere della nostra esistenza, tutte le nostre azioni non diventerebbero soltanto un misero spettacolo per gli dèi? L’estinzione o l’indebolimento del nostro Sangue non diventerebbe qualcosa di sacro, visto che questo è il suo destino perenne immutabile? E se succedesse il contrario in futuro, non renderebbe l’età contemporanea che affligge il nostro popolo qualcosa di inutile? Per quale ragione, poi, dovrebbe succedere una cosa del genere, se si nega l’esistenza di una forza spirituale che è l’antitesi di ciò che è naturale e bello? Se tutto esiste perché deve esistere, allora stiamo accettando tutte le necessità che ci vengono poste nel corso della nostra esistenza, tra cui quella della conformità al sistema attuale. Il problema esistenziale che nasce dal determinismo assoluto è proprio la pretenziosità di privare all’uomo qualsiasi attività che possa influenzare la sua esistenza: magari è proprio per il fatto che ci riconosciamo come forza del destino che ci fa sentire importanti, ma non è affatto così. La decisione di essere contro il proprio tempo, infatti, non è sufficiente per dimostrare che siamo noi a decidere se far parte di qualcosa o meno? Non siamo voluti, ma plasmati, come qualsiasi altro essere vivente su questo pianeta; la nostra battaglia non è necessaria per natura, perché potremmo anche non esistere come specie e questo non comprometterebbe affatto la sua esistenza, anzi, gli gioverebbe di più in questo momento. Piuttosto che essere al centro degli interessi divini, siamo semplicemente influenzati dai loro fattori, tra cui l’istinto innato di preservazione del Sangue.

  4. Una soluzione esistenziale

    Per risolvere i vari dubbi esistenziali del genere umano, è necessaria una visione concentrata sulla libertà d’azione dell’uomo nella realtà. Nonostante dobbiamo accettare che questa “libertà” si limiti alla sola scelta tra vari pensieri già esistenti – anche perché questi da dove provengono, se non dal fondo della nostra anima, quindi dal divino? – dobbiamo essere coscienti della nostra essenza puramente umana che, in base alle informazioni che riesce a percepire, agisce. Unica del suo genere, diversa dal resto delle altre creature, ma non superiore alle leggi della natura. Le azioni che compiamo ogni giorno, per nostra scelta, influenzano l’andamento del contesto che ci circonda, e in base a questo punto di vista dobbiamo adeguare le nostre scelte nella prospettiva di contrastare quello che oggi rappresenta una minaccia per la sopravvivenza della nostra identità come popolo. Il Fato non è qualcosa di impercettibile o esterno alla nostra coscienza, ma una statua da scolpire. Soltanto attraverso una visione macroscopica della nostra esistenza potremmo infatti conquistare il nostro Spirito, ormai alienato da concetti che vanno contro la nostra stessa natura: individualismo, materialismo, esaltazione della debolezza, pigrizia, nichilismo. Una volta superata la tragedia dell’assurdità della vita, potremmo allora conquistare le stelle e dare uno scopo alla nostra esistenza. Uno scopo che abbiamo formato noi, con le nostre decisioni.

  5. Amor Fati

    Questa visione, ovviamente, non è da considerare una verità assoluta, ma proprio per il fatto che la nostra coscienza sia limitata alla nostra dimensione spazio-temporale, possiamo solo contemplare dei punti di vista che possano permettere alla nostra specie, e in primis al nostro popolo, il progresso spirituale adatto alle esigenze del nostro Spirito: uno spirito che crea e plasma il tempo, non che lo subisce passivamente. Amor Fati significa, aldilà delle altre cose, amare la propria libertà (scelta) con determinazione e senza dubitare della sua efficacia, considerandola come la soddisfazione di un necessità superiore, disposta a plasmare una volontà oltre il tempo. Dopotutto, quello che facciamo ora, dobbiamo viverlo come se fosse eternità.

 

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