Negli ambienti non conformi, negli ultimi anni, si è diffuso l’uso del termine “identitario” da parte chi, appunto, vuole mettere l’identità al primo posto della propria battaglia politica. A prescindere dalle varie discussioni su quale dovrebbe essere l’identità principale di riferimento (regionale, nazionale, europea, eurosiberiana, eurasiatica), poniamo l’attenzione su cosa debba intendersi correttamente per identità. La prima questione è questa: l’identità è qualcosa di statico o di dinamico?
Se facciamo nostra la prima definizione, la conseguenza naturale sarà quella di avere un approccio conservatore, nostalgico e soprattutto smobilitante nei confronti dell’identità. Guarderemmo sempre al passato con gli occhi lucidi, rimpiangendo i bei tempi andati e fatalisticamente andremmo ad accettare, nei fatti più che nelle intenzioni, il venir meno della nostra identità. Il mondo moderno è sempre più indirizzato, soprattutto l’Europa, verso un destino di miscuglio delle varie identità etno-culturali e, a prima vista, l’estinzione delle varie identità sembra un destino ineludibile. Ma, come abbiamo scritto prima, c’è anche un’altra prospettiva del concetto di identità: quella dinamica, appunto. In quest’ottica, l’identità non riguarda unicamente il passato, ma abbraccia tutte e tre le dimensioni del tempo: il passato, il presente ed il futuro.
Proviamo a pensare alla nostra identità di europei da questo punto di vista. Per il passato non possiamo che fare riferimento agli indoeuropei, quell’insieme di popolazioni che non solo avevano una comune identità etnica e biologica, ma anche una precisa visione del mondo, come è stato ampiamente dimostrato da Dumezil nei suoi numerosi studi. Per il presente, dovremmo concentrarci su un’azione metapolitica volta proprio a far risorgere e riscoprire questa nostra antica identità, l’unica in grado di proiettarci nel futuro. E, per quanto riguarda proprio il futuro, si tratterà di indirizzare i nostri sforzi per la costruzione di un’Europa non semplicemente unita da un punto di vista politico, ma che si proponga – nell’agone della politica internazionale – anche come una potenza militare e tecnologica che le permetta di riaffermare quella sua indole prometeica che era tipica, appunto, delle sue popolazioni più antiche.
Solo agendo in questo modo sarà possibile la (ri)nascita dell’identità europea. È necessario non solo riappropriarsi del nostro passato, ma anche proiettarsi verso un diverso futuro, perché l’identità non è solo un dato di fatto ma anche un progetto. Pensate, banalmente, alla nostra Patria italiana. Prima del Risorgimento vi era già una specifica cultura italiana che affondava le proprie radici nei secoli, anzi nei millenni, se pensiamo all’antica Roma. Ma affinché la nostra cultura potesse raggiungere una specifica e ben precisa identità, come avevano già fatto altri popoli europei, fu necessario appunto costruire anche uno Stato nazionale. Ed è quello che anche oggi, a livello europeo, dovremmo fare. Costruire un’Europa Nazione che permetta al Vecchio Continente di tornare protagonista della storia mondiale come è sempre successo fino alla dolorosa sconfitta militare del 1945. E a chi dovesse tacciare di utopismo questo progetto, ricordiamo loro che ogni sogno, fino a quando non è realizzato, è di fatto utopico. Ma grazie alla volontà di alcuni, di solito una minoranza visionaria capace di anticipare i tempi, il sogno poi un giorno diventa realtà.