“Le tre età della Fiamma” – Recensione del libro di Marco Tarchi

Giu 13, 2024

Tempo di lettura: 6 min.

Usciti da poco dalle ridicole polemiche del presunto (inesistente) atto di censura che la RAI avrebbe inferto all’intellettuale Antonio Scurati e sul monologo che avrebbe dovuto propinarci con sproloquio sulla solita (ancora!) accusa della non esplicita abiura del Premier Giorgia Meloni del fascismo (ancora!), e usciti anche dalla decrepita paccottiglia di retorica antifascista che ogni 25 aprile ci rifilano per la Festa della Liberazione con glorificazione della Resistenza e della eroica battaglia partigiana (ancora!). Tanto ci sarebbe da dire sulle troppe pagine nere della Resistenza rossa, e dei mai riconosciuti ideali che indussero i fascisti dell’ultima ora a scegliere l’altra strada. Ma proprio perché ne abbiamo la nausea di tutto ciò – per adesso – evitiamo.

Anzi, propongo come viatico, di acquistare un interessantissimo saggio fresco di stampa (inizio 2024), uscito per la Solferino un preziosissimo libro di Marco Tarchi, dal titolo “Le tre età della fiamma”. In realtà si tratta di una versione aggiornata di una precedente pubblicazione; in forma di intervista, Antonio Carioti pone delle domande a Tarchi, il quale, rispondendo, ricostruisce la storia e l’evoluzione della realtà politica e culturale del neofascismo, postfascismo, fino ad approdare all’a-fascismo. È necessario intanto ricordare chi è Tarchi: egli è figura di spicco della denominata “Nuova Destra” che prese quota a metà degli anni Settanta del secolo scorso, su ispirazione della GRECE, associazione nazionalista francese; una Think tank (laboratorio di pensiero), fondata nel 1968 da Alain de Benoist, scrittore, filosofo e giornalista, legato al movimento culturale della “Nouvelle Droite” francese, che si distinse da altre organizzazioni tradizionali e conservatrici, per via di un suo specifico interesse per la cultura germanica e nordica, il rifiuto del cristianesimo e il monoteismo, preferendole un paganesimo moderno, e anche per una propensione ecologista, la quale però si distanzia molto dall’ideologia del “Green” moderna. Da “Nouvelle Droite” discende il termine italiano “Nuova Destra”, che tuttavia, pur traendo varie ispirazioni, ha sempre tentato di darne una traduzione in salsa italiana, animando e svecchiando il panorama culturale e metapolitico. Oltre a Tarchi, hanno orbitato attorno alla “Nuova Destra”, intellettuali quali Stenio Solinas, Giuseppe Del Ninno, Gennaro Malgeri, Enrico Nistri, Carlo Terracciano, Piero Visani, Maurizio Carbona, Carlo Fabrizio Carli, Claudio Finzi, Giorgio Locchi, Franco Cardini, Sigfrido Bartolini, Enzo Erra, Gianfranco de Turris.

La “Nuova Destra” ha anche spesso cercato “sponde” con intellettuali di Sinistra “eretici”, quali, Giampiero Mughini e Massimo Cacciari, o intellettuali “irregolari” e “antimoderni” come Massimo Fini (questo ultimo, fondatore del “Manifesto antimodernista” del “Movimento Zero”, e anche dialogando con intellettuali quali Costanzo Preve e Giorgio Galli.

Diciamo subito che le tesi della “Nuova Destra” – indubbiamente “stimolanti”, sono state spesso percepite come “eretiche” dalla Destra politica del Msi e da altri intellettuali più tradizionalisticamente legati ai valori “classici” dell’ambiente di Destra. Non è un mistero, per esempio, che Marcello Veneziani o Domenico Fisichella, non stimino particolarmente Tarchi, e Tarchi li ricambia dello stesso sentimento. Questo è uno dei tanti aspetti che emergono dal libro “Le tre età della fiamma”, ma è buona cosa riflettere che ciò che può sembrare una “debolezza” della cultura di Destra, ne è invece uno degli aspetti migliori e più vivaci. In una recente trasmissione televisiva, per rispondere alle solite farneticanti tesi di pseudo-intellettuali di radical-chic che denigrano la cultura di Destra come “rozza”, o addirittura ne negano l’esistenza, l’anarco-individualista Giordano Bruno Guerri (autodefinitosi di Destra), ha spiegato in largo modo, la differenza tra cultura di Destra e cultura di Sinistra. Se quest’ultima è “omologata al pensiero unico”, la cultura di Destra è meno “organica” ad un partito; a Sinistra prevale il “l’intellettuale-collettivo”, mentre a Destra, l’individualità. Guerri si è detto grande amico e estimatore di Veneziani e Buttafuoco, ma ha anche affermato che tra i tre ci sono grandi divergenze di vedute.

Come il titolo dell’opera può far intuire, “Le tre età della fiamma” non ricostruisce fatti, sentimenti e pensieri dell’esperienza fascista, ma solo la fase post-bellica, quella nella quale, l’eredità fascista è stata raccolta dal partito della “fiamma”. Tre sono i partiti della “fiamma”: il Msi (diventato con il passare degli anni Msi-Destra nazionale, con l’ingresso delle componenti monarchiche e conservatrici), sotto la guida dei vari leader; Alleanza nazionale (dopo la svolta di Fiuggi); e l’attuale Fratelli d’Italia. Il libro di Tarchi è immancabile nella biblioteca personale per chiunque, abbia il cuore che “batte a destra”. Devo però fare due annotazioni. La prima è che Tarchi è (giustamente) poco docile nel criticare il percorso della “Fiamma”, criticandone l’eccessiva personalizzazione del partito, la mancanza di una chiara democrazia interna, un dirigismo ottuso e una mancanza di interesse per la cultura, considerata talvolta come inutile, consegnandola così alla Sinistra, soprattutto a quella comunista, il controllo egemonico. Allo stesso modo, trattandosi di Tarchi, occorre fare il dovuto “peso”. Tarchi esagera. I problemi della Destra della fiamma, ci sono stati (ritengo, adesso molto meno), ma non così pronunciati come accusa Tarchi. Il giudizio su Arturo Michelini è troppo sommario; il suo tentativo di costruire una “Grande Destra” che guardasse ad un’alleanza con monarchici, liberali, democristiani conservatori, fu lungimirante – a prescindere dagli esiti – e anticipa di decenni il Centrodestra di governo guidato da Silvio Berlusconi, prima, e da Giorgia Meloni, adesso. Anche il giudizio su Almirante, non è tanto lusinghiero. Alla fine – ma è scontato considerato il pensiero di Tarchi – quello che ci esce meglio è Pino Rauti, il più attento all’aspetto culturale, sebbene i suoi tentativi di dare vita ad una Destra alternativa, antisistema, sono descritti per quello che furono, ovvero, velleitari.

Descrivendo le fasi di evoluzione del partito della “fiamma”, il Msi viene rappresentato come una forza politica dalla doppia faccia, una “movimentista” rivolta ai militanti, soprattutto i più giovani, e una “rassicurante”, di stampo più borghese, conservatore e nazionale, in quanto, alla fine, la maggioranza dell’elettorato proveniva da quelle fasce di italiani spaventati dalla minaccia sovversiva delle sinistre, e poco tranquillizzate dalla Democrazia cristiana.

Alleanza nazionale di Gianfranco Fini, ha avuto la fortuna di vedersi spianare la strada dalla rivoluzione di Tangentopoli, e trainata dal carisma di Berlusconi e Forza Italia, ma incapace di compiere quel sorpasso che Fini ha tentato per tutto il periodo della convivenza tra Forza Italia e Alleanza nazionale. Tarchi non è certo tenero nei confronti del tatticismo inconcludente di Fini che lo ha condotto alla scomparsa politica.

Infine, giunge alla raffigurazione di Fratelli d’Italia, un partito che decollato con un magro consenso elettorale iniziale (non poteva essere diversamente, dopo l’uscita dal Popolo della libertà), è riuscito con gli anni a crescere, fino ad arrivare a diventare primo partito italiano e a eleggere (finalmente) il primo politico della Fiamma a Palazzo Chigi, e per di più, la prima donna Premier. Le ragioni di questa scalata è dovuta agli errori politici altrui e delle ottime scelte della classe dirigente di FdI. Il successo populista del Movimento 5 stelle, si è presto smontato a vantaggio della Lega di Matteo Salvini, ma i tanti, troppi errori di quest’ultimo, hanno fatto a sua volta travasare i voti dalla Lega a FdI.

Se il Msi era ancora (in parte) una forza neofascista “nostalgica” (ma solo fino ad un certo punto, “non rinnegare, non restaurare”) e Alleanza nazionale, con Fiuggi fu “postfascista”, Fratelli d’Italia viene descritta da Tarchi, come l’evoluzione finale del partito della fiamma in un contenitore nazional-conservatore, riconoscendone al tempo stesso, l’approdo alla fase “afascista”. Non è un passaggio irrilevante. Essere afascisti, significa non essere fascisti, ma neppure antifascisti, se non altro, in quanto, non esiste un parallelo “anticomunismo”. Tarchi non vede in FdI la realizzazione delle idee della “Nuova Destra”, ma certifica che FdI ha finito gli esami con la storia, acquisendo piena legittimazione democratica approdando in una politica e una cultura nazional-conservatrice e liberale. Qui si ferma Tarchi con questo bellissimo, imperdibile libro. Ciò che io mi sento di aggiungere, è che il fatto che FdI abbia superato le ambiguità, scegliendo di definirsi come forza pienamente di Destra (in Europa è nel Gruppo dei Conservatori e dei Riformisti Europei), è la scelta giusta, ma come detto in precedentemente, la forza della cultura di Destra sta nella sua pluralità di idee, dentro la quale, c’è spazio, ovviamente, anche per quelle della “Nuova Destra”, e soprattutto, l’afascismo di FdI, implica che questa Destra nazional-conservatrice si ponga nei confronti dell’esperienza politica, metapolitica e culturale del fascismo, del neofascismo e del postfascismo, come realtà di “continuità nella discontinuità”, superando la tesi dell’antifascismo retorico. Non rinnegare, non restaurare. È tempo di distinguere criticamente ogni aspetto politico e intellettuale del fascismo, regime autoritario, dal fascismo “ideale”; comprendere quali valori e idee possono essere ancora validi oggi, e attuarli, aggiornarli, in un contesto moderno e democratico. Le tre età della fiamma ci dice, che la fiamma non è spenta, ma è accesa!