L’antifascismo: ultimo avamposto degli intellettuali di regime

Giu 5, 2024

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Il politologo marxista Gianfranco La Grassa definì l’antifascismo l’ultimo avamposto dei miserabili. Dall’ANPI alla Shlein, fino a quel manipolo di finte scrittrici come Chiara Valerio e finti storici alla Scurati, l’antifascismo rappresenta una polizza a vita, un attestato di fedeltà al sistema culturale dominate, che si traduce in ospitate in tv e partecipazione a premi subletterari come lo Strega.

L’opinione comune degli analisti da Fatto Quotidiano come i Travaglio ed i Padellaro, è quella di credere che continuando a gridare al Fascismo, alla dittatura immaginaria, alla censura, la sinistra continuerà a perdere.

Tuttavia, a ben vedere, le cose stanno diversamente. 

Tempo fa in un editoriale sul Corriere, Ernesto Galli della Loggia sosteneva l’inservibilità di tale feticcio antistorico, ma ricordando come questo avesse avuto una funzione fondamentale per tutta la sinistra, dal dopoguerra in poi. 

Il richiamo costante all’uomo nero ci ha assillato dalla I Rep a Silvio Berlusconi, passando per Gianfranco Fini; un tormentone che ha tenuto in vita il fu PCI, che con la svolta della Bolognina di Achille Occhetto rinnego pure l’anima, non solo Mosca. 

Tale feticcio, dicevamo, ha quindi contribuito a tenere in vita una comunità politica, che progressivamente perdeva idee e contenuti, che sostituiva man mano i diritti dei lavoratori e delle classi subalterne con quelle di tutta una serie di marginali (immigrati, donne, omosessuali, ecc.) e passava armi e bagagli All’Atlantismo e all’Europeismo più sfegatati. Ovvio che in un siffatto stato di cose, l’antifascismo doveva contribuire non solo a tenere una ferita sempre aperta nella memoria nazionale, ma a rappresentare l’unica ragion d’essere di tutta un’area politica che aveva abdicato ai suoi principi e valori fondamentali. L’anticapitalismo, anima portate dell’ideologia comunista, venne sostituito da un grimaldello ideologico usato per screditare l’avversario politico. Essendosi piegati all’establishment liberale, non potendo più vendere l’ideale della lotta di classe e dell’emancipazione della classe operaia, l’antifascismo rimase l’unico motivo (seppur antistorico) per giustificare il proprio fallimento politico dopo la caduta del comunismo.

Solo in questo modo si spiegano la boria e la sicumera della Di Cesare e di Canfora che hanno l’ardire di chiamare i membri del governo, “nazisti”. Oggi tali personaggi si esprimono ancora con frasi demagogiche: “Essere dalla parte giusta della storia”, come se il Comunismo al quale apertamente si richiamano, non avesse fatto molti più morti dei fascismi. È proprio grazie all’antifascismo mitologico che tutto ciò è possibile.

Sbagliano quindi coloro che pensano che continuando ad agitare lo spettro dell’antifascismo la sinistra perderà sempre. Se non ci fosse perderebbe l’unica sua ragion d’essere ed il suo elettorato non avrebbe di che campare. È ciò che permette ancora di puntare il dito o alzare il sopracciglio verso l’elettore di destra, ammantandosi di una superiorità antropologica, ancor prima che ideologica, che permette al PD di non scendere mai sotto la soglia fisiologica del 20%, per non contare le sue protesi ancillari come la sinistra di Bonelli ed i 5 stelle.

A ben vedere se la destra vince è perché la sinistra, come si è ripetuto fino allo sfinimento, è lontana dalla realtà e dalla pancia del Paese, e perché pur rappresentando il “deep state” è disastrosa quando è al Governo. Ma l’antifascismo in assenza di fascismo serve eccome e chi dice che non gliene frega a nessuno pecca di ingenuità. Perché le campagne di odio del politicamente corretto hanno come sostrato lo spettro del “Fascismo eterno” di Echiana memoria. Alain De Benoist ha descritto bene questo processo di destoricizzazione del Nazifascismo e dell’uso strumentale della memoria. Se pongo fuori dalle circostanze storiche e sociali un determinato fenomeno, posso caricarlo di qualsiasi significato. Per cui, come ricordava lo storico Renzo De Felice, tale parola col tempo ha finito per perdere i suoi connotati propriamente politici ed indicare semplicemente tutte le qualità negative dell’essere umano. Fascista diventa una categoria dello spirito, una categoria morale, pre-politica. Da una parte ci sono “loro” i buoni, e dall’altra “noi’ i cattivi. Fascista finisce per essere chiunque sia violento, razzista, sessista, omofobo e via dicendo.

E si arriva così a comprende anche lo stato di costante imbarazzo e soggezione di una destra che ha talmente interiorizzato questo “senso di colpa” per il proprio passato, che non ha capito che è solo disinnescando il ricatto ideologico, facendo pace con la propria storia, che potrà togliere l’ultima arma ideologica alle sinistre.

Del resto il caso degli egomartiri di professione alla Roberto Saviano (“ve lo avevo detto!”) che “chiagnene e fottono” o di scrittori di seconda fascia come Scurati che si sentono bersagli se qualcuno prova a ricordagli la loro natura, qualcosa doveva pur insegnare: questi lacchè di regime un pretesto per sollevare il caso mediatico lo troveranno sempre. 

Una volta al timone della Rete pubblica nazionale, bisognerebbe non temere di imprimere una propria direzione programmatica, fottendosene delle critiche. Che andassero a fare i loro siparietti antifa ed i loro squallidi monologhi denigratori su La7. D’altronde, che si trattasse di una mera questione di cachet lo si era capito con la velocità con cui Fazio e soci si sono precipitati sulla Rete di Cairo, atteggiandosi pure ad epurati.

Tornando al caso Scurati, male ha fatto la Meloni a pubblicare il suo monologo sul suo profilo Twitter, perché così facendo non solo non ha posto fine all’ennesima polemica, ma ha confermato quella soggezione culturale alla sinistra che in quanto a moralità, tra scandali Soumahoro ed Emilano dovrebbe solo andarsi a nascondere. Concludo facendo mie le parole del sempre ottimo Marcello Veneziani:

Alla destra di governo invece dico: non è servito a nulla, come vedete, tutto il vostro atto di contrizione, tutti i santini che avete baciato e tutti i riti esorcistici a cui avete partecipato. Dopo la sequela di abiure, condanne, dichiarazioni frementi di antifascismo da parte vostra, l’accusa di fascismo nei vostri confronti prosegue inalterata. Non avete capito che le vostre parole non basteranno mai perché a decidere che siete comunque fascisti non sono le vostre dichiarazioni ma le loro attestazioni. È in mano a loro la sentenza, voi non potete far nulla. Perciò, smettetela di stare al loro gioco, tacete sul tema, rifiutatevi di replicare, di giustificarvi, di sostenere gli esami, ribellatevi alla camorra pseudo-intellettuale di sinistra e alla loro malafede, lasciateli parlare. Che si fottano; non hanno titoli per giudicare. Sarete giudicati dagli italiani per quel che fate e farete al governo e non per la vostra irrilevante opinione sul fascismo”.