Europeisti che odiano l’Italia, italianisti che odiano l’Europa
Essere Italia o non essere Italia? Essere Europa o non essere Europa? Iniziamo il nostro contributo al dibattito del mondo (che si vuole) identitario rispondendo senza tentennamento alcuno al – doppio – quesito amletico. Sia quindi chiaro, nella nostra visione del mondo la dimensione nazionale non esclude mai quella continentale. Anzi, per molteplici ragioni, la innesta. Ma andiamo con ordine.
Avversari politici e falsi miti
Ora, pur consci che non ci si afferma mai per negazione, facciamo subito un passo indietro. O meglio, delineiamo per prima cosa il profilo del nostro – nel senso schmittiano del termine – nemico politico principe. Europeisti che odiano l’Italia, consolidata categoria afferente a un certo tipo di sinistra. Un novero nel quale, se dovessimo fare una statistica, rientrerebbero tutta una serie di miti storici incapacitanti che ben conosciamo: l’inesistenza della nostra nazione prima del 1861, la Grande Guerra derubricata ad inutile strage, il fascismo esorcizzato con l’etichetta di male assoluto.
E poi, varcando la fatidica soglia del 1945 le teorie di genere, l’immigrazionismo di massa, il rigetto verso il proprio paese, l’esaltazione di tutto ciò che culturalmente può arrivare dal di fuori. Più in generale l’accettazione di una subordinazione verso l’altro da noi. Per i comunisti era Mosca, per progressisti e liberali è oggi Washington. Purché non sia Roma, perché – quante volte i governi italiani si sono castrati – “ce lo chiede l’Europa” (il termine così declinato intende esclusivamente il pachiderma burocratico conosciuto come Unione Europea).
Italianisti che odiano l’Europa
A questa figura nel corso del tempo si è contrapposta – specialmente a destra – il suo negativo. È la folta schiera degli italianisti che odiano l’Europa in ogni sua declinazione. Quelli che cercano la propria età dell’oro sempre all’indietro – il vecchio conio, i rampanti anni ‘80 – e mai in avanti. Un’idea di nazione ferma, statica, immobile, chiusa, che ricorda un po’ la paura della politica in un particolare momento storico del Movimento Sociale Italiano. Che non tiene conto delle variabili odierne: le guerre in corso in Medio Oriente ed Ucraina, la sfida dell’intelligenza artificiale, la transizione energetica, la conquista dello spazio. E – obiettivamente – un pensare che fa a cazzotti con la visione di chi valuta l’evolversi storico in una continuità spiralica (in senso ancora più profondo l’eterno ritorno dell’origine).
Ora, se le critiche ai farraginosi sistemi di Bruxelles, Strasburgo e Francoforte sul Meno – sedi rispettivamente di commissione, parlamento e banca centrale – sono cosa buona e giusta, a volte tasti doverosi da toccare, altro è fraintendere quelli che sono i capisaldi del militante identitario.
Il completamento necessario
Sì, perché né il Risorgimento né il primo conflitto mondiale né – tantomeno – la visionaria sintesi mussoliniana possono esaurirsi nei ristretti confini della patria – terra dei padri e, nietzschianamente, dei figli. Come evidenziato da Adriano Scianca in un recente editoriale pubblicato sul Primato Nazionale “il mito dell’Europa, il progetto dell’Europa potenza” non solo non confligge con la difesa e la continuazione dell’identità nazionale ma “ne è il completamento necessario”. Lungi da isolamenti e sciovinismi, sempre continuando con le parole dell’intellettuale umbro: “per essere buoni italiani – è una lezione che va da Giuseppe Mazzini a Berto Ricci e fino ad Adriano Romualdi e Giorgio Locchi – bisogna essere più che italiani, l’italiano è autenticamente, eroicamente se stesso quando si supera.”
Un concetto simile a quello espresso da Gabriele Adinolfi nel quaderno di formazione dei Lanzichenecchi. Essendo l’Italia e l’Europa “al tempo stesso un mito e un modello del passato e del futuro” l’imperativo diventa quello di “coltivare la storia e le identità nazionale, regionali ed europee” affinché l’Europa diventi “un imperium, non un globalismo alternativo”. Fusi ma con confusi, per dirla in altre parole. Cantare la bellezza dell’Italia, costruire la grandezza dell’Europa.