Costruire l’Europa, una missione schiettamente identitaria

Set 22, 2024

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Costruire l’Europa, una missione schiettamente identitaria

 Per riuscire a conquistare una ragazza intenta a raccogliere fiori su una spiaggia, Zeus, secondo il mito, dovette trasformarsi in un toro e – successivamente – assumere le sembianze di un’aquila. La giovane, futura sposa del re Asterio e prima regina di Creta, rispondeva al nome di Europa: termine che affonda le radici arrivando alle origini, possibilità storica da costruire, missione da compiere per ogni identitario.

Il mito di Europa e il toro - MediterraneoAntico

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 Partiamo da un presupposto, indietro non si può tornare. La strada va percorsa – qui e ora – solamente in avanti. Facendo anche i conti con l’ingombrante (quando non inutile o dannosa) presenza dell’Unione Europea, tematica da affrontare alla Berto Ricci: “non conformi, non indifferenti, ma in pugna con i tempi”. Il tanto discutibile meccanismo dell’Euro, per esempio, andrebbe ripensato. Ci ha portato più problemi che benefici, siamo d’accordo. Facciamo però attenzione ai particolari: su quelle monete troviamo (anche) il Colosseo, la Statua di Marco Aurelio, Castel del Monte, Dante, Leonardo Da Vinci. C’è la bellezza di Venere, con Boccioni un richiamo al futurismo. L’aquila nelle versioni tedesche, in Grecia la stessa Europa che cavalca il forte bovino o la civetta, sacra ad Atena.

Ovvero tutto quello che i nostri avversari vorrebbero livellare, imbruttire, distruggere. Lo stesso pachiderma burocratico del Vecchio Continente ha dovuto quindi attingere – almeno simbolicamente – proprio dal patrimonio ancestrale europeo. La cui fiamma, repetita iuvant, finché avrà modo di ardere, brucerà sempre più forte di ogni stramberia proveniente dall’opposta fazione. Oggi il woke, domani chissà.

Tutto quello che viene imputato alla classe dirigente dell’Unione Europea poi, in caso di uscita italiana – dati gli attuali rapporti di forza – si riproporrebbe al di là di ogni colore del governo. Bruxelles comanda, sotto l’arco alpino si fa più di quanto imposto: da questo punto di vista Francia e Germania hanno sempre dimostrato una maggior attenzione all’interesse nazionale. Colpa anche di chi tira le fila mediatiche, sempre pronto a seguire le mode del momento. Come, anni addietro, nel caso del nucleare.

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L’Europa, la nostra missione

Le sfide attuali non mettono in discussione solamente il nostro amato paese, ma le nazioni europee nel loro insieme. Principio unitario, ovviamente declinabile nelle varie differenze che intercorrono dal Portogallo alla frontiera orientale, dalla Scandinavia ai paesi mediterranei. Verosimilmente si ripropone un vecchio quesito, se già Adriano Romualdi nel secondo dopoguerra auspicava il superamento del nazionalismo di stampo ottocentesco. Ciò non significa sputare sul Risorgimento e sul primo conflitto mondiale, tutt’altro: vuol dire connettersi in un’ottica futuribile con il corso degli eventi.

La patria insomma non deve ridursi a pensiero paralizzante. Dove si realizza l’interesse nazionale: nel farsi i dispetti tra affini o nel riunire i propri fratelli in un’ottica di potenza? Completando una massima tanto inflazionata: più del dio egualitarista che impone comandamenti servono divinità che spingono l’uomo ad elevarsi, più della famiglia imborghesita quella per cui ogni sforzo – militante, politico o culturale – assume un significato più alto e profondo.

Ma che cos’è l’Europa? Facciamo nostre le parole di Adriano Scianca: “l’eterno rinnovarsi in forme diverse di una specifica mentalità, incarnata in popoli storici ben precisi”. Una questione filologica, politica, sociale. E storica, con l’incontro tra Roma e l’Ellade (Graecia capta ferum victorem cepit et artes intulit agresti Latio, ovvero “la Grecia conquistata conquistò il rude vincitore e portò le arti nel Lazio agreste”) sul versante mediterraneo. Succederà successivamente qualcosa di simile sulla direttrice continentale: protagoniste questa volta le genti germaniche, militarmente vittoriose ma allo stesso tempo “vinte” dalla cultura romana. Meccanismi propri di popoli simili, discendenti da antenati comuni.

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Per riaffermare il nostro retaggio

Per mettersi a disposizione del futuro, il passato ha bisogno di radicarsi nel presente. Senza scendere ad ulteriori compromessi con i “valori dell’Occidente” nei quali – giocoforza – siamo imbevuti fino al collo. Tornare avanguardia dettando l’agenda, non seguire (per esaltazione o reazione contraria) quella altrui. Equidistanti tanto dal sogno americano quanto dal sentimento anti-americano, per riaffermare quel retaggio europeo oggi deformato. Ma, nonostante tutto, ancora vivo e fecondo. E agire nella realtà, sostanza malleabile dalla comunità di destino. C’è solo un’Europa possibile: quella identitaria, che abbia volontà d’essere. È già tempo di costruire.