Comunitarismo: la dottrina perenne che la destra deve riscoprire

Feb 8, 2025

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La Destra italiana per storia e tradizione è da sempre fortemente statalista ma in un mondo attuale, sempre più globalizzato, gli Stati nazionali (figli della Rivoluzione Francese, non scordiamocelo mai) sono in forte crisi. In estrema sintesi potremmo dire che sono troppo grandi per i piccoli problemi e troppo piccoli per i grandi problemi, motivo per cui da una parte vi sono richieste di maggiore decentramento (vedi la recente legge sull’autonomia) e dall’altra vi sono sempre più evidenti necessità di un rafforzamento della struttura europea.  L’Unione Europea infatti continua ad essere un gigante economico ma un nano politico, poiché la sua struttura burocratica spreca tempo e risorse in cose inutili, come le misure degli ortaggi e della frutta, ed è priva di una vera autorità di governo capace di imporre le proprie decisioni nelle materie più importanti, in primis la politica estera e la difesa comune. Pensiamo ad esempio al ruolo decisivo di intermediario che avrebbe potuto avere un esercito europeo nella questione russo-ucraina, senza invece dover obbligare l’Europa intera a dover rientrare sotto l’ombrello della Nato, come ai tempi della Guerra Fredda, e a dover aspettare oggi l’intervento di Trump nella risoluzione del conflitto.

Di fronte quindi all’indebolimento del ruolo degli Stati nazionali dovremmo quindi accettarne la loro scomparsa o comunque il loro costante indebolimento, per cui oggi assomigliano sempre di più a dei semplici consigli di amministrazione che governano le semplici questioni quotidiane garantendo unicamente un minimo di sicurezza per i propri cittadini (cosa che per altro nemmeno riescono più a garantire…) senza più avere alcun progetto futuro e, ancor peggio, senza più avere un ruolo di difesa delle identità dei singoli popoli di riferimento? In realtà una risposta alternativa all’attuale situazione di debolezza degli Stati nazionali e al passo coi tempi, senza sterili ed inutili nostalgismi, è già presente da decenni ed è solo in attesa di qualcuno che provi quanto meno ad applicarla nella pratica: stiamo parlando del comunitarismo.

Con questo termine si indica un filone di pensiero che è sorto alla fine del XX secolo nel mondo anglosassone ma che poi ha avuto numerosi sviluppi in tutta Europa. Secondo questa teoria l’individuo non esiste al di fuori delle sue affiliazioni (culturali, etniche, religiose o sociali), cioè al di fuori della propria comunità di appartenenza, in totale antitesi perciò con l’attuale cosmopolitismo che dichiara l’unicità del genere umano, e lo Stato deve identificarsi con l’ethos del proprio popolo di riferimento, le sue istituzioni divenendo perciò incarnazione dei valori condivisi di quel popolo, promuovendo l’autorealizzazione dei soggetti all’interno della società tutelandone la libertà positiva ( e non quella meramente negativa come avviene coi postulati del liberalismo oggi imperante). La forza del comunitarismo poi è quello di concepire la comunità in senso plurale ed organico e non totalitario, per cui tutte le comunità di appartenenza dell’individuo sono egualmente tutelate e tutte ne rappresentano, in pari modo, lo strumento per l’affermazione della sua specifica identità. Per fare un esempio, in quest’ottica non vi è alcuna contrapposizione tra l’identità regionale e quella nazionale, la prima essendo fondamento della seconda e venendo poi rafforzata da quella; a loro volta, entrambe queste due identità sarebbero la base dell’identità europea e sarebbero racchiuse in quest’ultima.

Ecco perché una Destra che voglia essere contemporaneamente moderna e tradizionale dovrebbe approfondire il pensiero comunitarista e, soprattutto, trovarne delle applicazioni concrete nelle istituzioni pubbliche. Di fronte ad un globalismo sempre più feroce ed imperante, la difesa dell’identità dev’essere la priorità per chi voglia opporsi al disegno liberticida che ci vorrebbe tutti uguali. E il comunitarismo può essere lo strumento adatto e più idoneo per vincere questa battaglia epocale. L’alternativa altrimenti è una sola: la cancellazione di tutte le nostre identità e l’imposizione mondiale di una società fluida e materialista dove l’uomo varrebbe solo come homo oeconomicus.