Valentina Mira: l’antifascismo cringe da Premio Strega

Mag 15, 2024

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Valentina Mira è una perfetta sconosciuta che da qualche giorno si ritrova catapultata tra i libri più venduti su Amazon ed è in corsa per il Premio Strega. L’amichettismo a sinistra fa miracoli e basta congegnare un romanzo fiction su un episodio degli Anni di piombo per ritrovarsi in cima alle classifiche. L’autrice aveva esordito con un romanzo nel 2021 dal nome X. In tale romanzo d’esordio, la Mira mise al centro della finzione del racconto uno stupro subito nell’estate 2010 durante una festa di maturità da un ragazzo che ascoltava gli ZetaZeroAlfa, gruppo musicale legato a Casa Pound, e che non poteva essere che un bastardo. Tanto basta quindi per avere un’idea del canovaccio, dove attraverso una forzatura si cerca di associare “la cultura dello stupro” a quella del cosiddetto “neofascismo”.

Nel secondo libro, in dozzina allo Strega 2024, “Dalla stessa parte mi troverai”, il titolo sembra preso a prestito da un filmetto di Salvatore Muccino, anche se è di una canzone di De Gregori. L’orologio va indietro fino al 1978 e ai fatti di Acca Larentia. Luca Beatrice su Libero si chiede: “se a mettere i soggetti dei due libri, la violenza contro le donne e l’antifascismo militante, è difficile non sospettare di elaborati concepiti a tavolino da astuti editor, gli argomenti tirano, il primo giustamente, il secondo… in questi termini c’è molto da discutere.

In particolare, in un passaggio del libro della Mira: “Mentre escono dalla sezione, due di loro vengono ammazzati. Gli sparano. Sono anni in cui succede. Sono anni in cui loro sono i primi ad ammazzare. Carnefici: qualche volta, come ora, anche vittime”. Il primo elemento che salta all’occhio è il “Noi e Loro”, Il sentirsi parte di uno scontro ideologico che ha segnato gli anni di piombo, ma da trentenne, di chi quegli anni non li ha vissuti e se li è sentiti raccontare da gente che credeva (e crede ancora) che uccidere un fascista non sia reato, perché i fasci sono solo delle merde. Il racconto è costruito con un “italiano sciatto, con frasine corte, pochi complementi, sconosciute coordinate e subordinate” e come ricorda giustamente Beatrice, rivendica il diritto di non leggere né questo né tutti gli altri libretti insulsi in lizza, a cominciare dalla Valerio, avatar della Murgia, altro fenomeno da baraccone letterario che già altri critici si sono occupati di demolire.

La furbizia meschina che va a sfruculiare nella memoria del passato di una comunità militante, perché per l’autrice, l’intento era quello di “smontare l’apparato vittimistico dei neofascisti”. Nel libro la Mira ricostruisce la vicenda dal punto di vista di Valerio Scrocca, militante di Lotta Continua, vittima di ingiusta detenzione e poi morto suicida in carcere. Nella ricostruzione falsata della storia, l’autrice dimentica addirittura i nomi delle vittime della Bloody Sunday dei ragazzi del Fronte della Gioventù e che per alcuni di loro segnerà il passaggio verso la lotta armata. Uno sfregio alla memoria di Francesco Ciavatta e Franco Bigonzetti, freddati a colpi di mitraglietta Skorpion, ai quali seguì anche l’omicidio, qualche ora dopo, di Stefano Recchioni, ucciso da un carabiniere con un colpo di pistola alla testa. Le vittime di quella strage furono l’apice della violenza dell’odio rosso che dal rogo di Primavalle arriverà a Sergio Ramelli e Paolo Di Nella, tra morti atroci e infamie consumate. Ad Acca Larentia le vittime furono più di quelle canonicamente indicate, dato che il padre di Francesco Ciavatta, per il dolore, decise di avvelenarsi con il cianuro due anni dopo la morte del figlio.

Dal passato giornalistico di Valentina Mira è interessante notare che – prima di balzare in vetta alle classifiche su Amazon – scriveva articoli per il sito di ispirazione marcatamente conservatrice Gli Italiani. Articoli in cui si possono leggere riserve sulla celebrazione del 25 aprile, elogi per il filosofo della Nouvelle droite Alain De Benoist ed un ricordo dell’attivista missino Ugo Venturini.

Tutto ciò prima delle strombazzate fatte dalla Gruber su La7 sulla sua dichiarata professione femminista ed antifascista.
La Mira deve aver capito che restando a destra, sarebbe rimasta nel sicuro anonimato e che cavalcando l’onda del Femminismo e dell’antifascismo di regime si sarebbe costruita presto un personaggio letterario.

Oltre a rifarsi il look ideologico, ha pensato bene di cambiare anche il colore dei capelli, da bionda si è fatta bruna, e magari ci sarà stata la mano dell’armocromista della Schlein per confezionare il prodotto da Premio Strega: lecito chiederselo…

La donna è volubile e chissà se nel cambio di colore della chioma non ci sia stato un sintomo freudiano di rimozione, di sicuro sembra però esserlo il titolo del libro, anche se più appropriato sarebbe stato intitolarlo: “Dall’altra parte mi troverai”. Da quella dei salotti buoni dell’amichettismo di sinistra appunto, dove si è parte di una combriccola culturale autoreferenziale, dove ci si promuove e ci si elogia tra soliti, e nel frattempo si vendono copie, perché è quello alla fine che conta. Poi si può passare pure sopra i morti, deturpandone la memoria e prestandosi ad una prevedile strumentalizzazione antigovernativa. Si stuzzica la memoria toccando un nervo scoperto della coscienza nazionale, qualche politico vicino alla Meloni risponde, ed al resto ci pensano i titoloni di Repubblica o del Fatto Quotidiano: “Attacco al Premio Strega”, per montare il caso editoriale. Intanto le vendite schizzano e per un Premio Strega si è pronti a cambiare idee così come si cambia il colore dei capelli.

 

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