Trump, atto terzo. Le elezioni americane e lo scenario europeo

Nov 20, 2024

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Remember remember, the 5th of November

Donald Trump è il 47esimo Presidente degli Stati Uniti. Nella giornata della congiura delle polveri, il barone di New York ha trionfato dove Guy Fawkes ha fallito: ha riacceso la miccia della sua rivoluzione populista, ha fatto esplodere il parlamento progressista, e si appresta a ritornare sul trono. È iniziato il 3° atto dell’Epopea MAGA.

Trump's in. Here's what it means for Europe. – POLITICO

Ma andando al di là della cinematografia, il ritorno di The Donald alla Casa Bianca non rappresenta una grande sorpresa. Diversi fattori ci avevano fatto capire che, per quanto schierato e agguerrito fosse l’establishment progressista, Kamala Harris non sarebbe riuscita a spuntarla nella corsa elettorale: il ripetersi delle stesse circostanze delle elezioni del ’68; la poca pubblicità fatta alle elezioni stesse; e soprattutto il chiaro e evidente riallineamento politico di una fetta sostanziosa della classe miliardaria americana, (il principale esponente di questo fenomeno è stato Elon Musk), che, in qualità di élite imperiale si è resa conto (grande rivelazione) che l’impero a stelle e strisce, se vuole sopravvivere, deve mettere da parte l’ideologia woke.

In una giornata che vedrà sgorgare due fiumi, uno pieno dello champagne dei conservatori e dei populisti del centro-destra, e l’altro straripante delle lacrime dei progressisti e anti-fascisti, è fondamentale mantenere un fermo controllo del timone, rimanere lucidi, e impostare una rotta che tenga conto delle conseguenze fondamentali di una seconda presidenza Trump per l’Europa.

Di primaria importanza rimane la questione della difesa dell’Europa e il futuro della NATO. Le prese di posizione e le promesse elettorali di Trump, che spaziano dall’imporre nuovi dazi all’Europa, al “mettere fine a tutte le guerre”, al far pagare di più agli alleati dell’Alleanza Atlantica, impongono a tutti paesi europei di fare i conti con un fatto: non possiamo più fare affidamento su Washington. L’epoca della delegazione della sicurezza del continente allo scudo difensivo americano è ufficialmente finita. L’esito elettorale americano si inserisce in una serie di eventi, che parte con la guerra russo-ucraina, e continua con gli attentati ai gasdotti Nordstream, fino alla guerra in Palestina; grazie ai quali l’Europa si è resa conto che le garanzie dell’egemone mondiale non bastano più a garantire la sua sicurezza. Di fronte a queste minacce, l’Europa ha agito in maniera confusa e spesso contraddittoria, avendone compreso la portata ma non essendo riuscita a delineare una strategia della difesa europea chiara, alla base della quale ci dovrebbe essere la costruzione di un’industria bellica comune.

50 European leaders assess how Trump will affect their fortunes and seek a common stance on Russia | AP News

Negli altri paesi dentro la sfera d’influenza americana si è già cominciato a comprendere l’importanza di un cambio di direzione. In Giappone, il consigliere speciale del nuovo governo, Takashi Kawakami, ha sostenuto che la posizione “America First” di Trump, offre al paese del Sol Levante un’opportunità d’oro per svincolarsi dagli USA e riacquistare l’indipendenza e la sovranità, perdute dopo la sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale. Fortunatamente, svariate figure politiche europee concordano con questa idea, come l’ex Presidente finlandese Sauli Niinisto che, una settimana prima delle elezioni americane ha commentato: “se non facciamo tutto il possibile per la nostra sicurezza, non possiamo aspettarci che gli altri lo facciano per noi”. Dello stesso avviso, ma con un tono più pessimistico, era stato il nostro Ministro della Difesa Guido Crosetto, che, in occasione della conferenza sulla difesa aerea europea tenutasi a Roma in ottobre aveva commentato: “Non siamo pronti per le sfide odierne […] O abbiamo un’industria europea che abbia la capacità di non dipendere da nessuno, oppure non siamo in grado di garantire una difesa europea”. Insomma, la volontà c’è, occorre ora passare dalle parole ai fatti. I paesi dell’Europa dell’est e della Scandinavia, che si sentono maggiormente minacciati dal pericolo russo, sono i primi ad essersi mossi in questa direzione, e le strategie che hanno adottato, oltre ad essere un buon punto di partenza, ci mostrano inoltre come la difesa comune europea può passare anche per Washington. La Polonia per esempio, ha fatto ingenti acquisti di sistemi d’arma americani dopo l’inizio dell’invasione russa. Un percorso fattibile, a patto che le condizioni d’ingaggio per l’uso di queste armi non vengano stabilite dagli stessi americani, e che si mantenga l’equilibrio NATO-Russia, fino all’eventuale scioglimento dell’alleanza atlantica e al ritorno all’Europa della padronanza del proprio destino.

Di tutte le conclusioni che si possono trarre dalla vittoria di Trump, la più importante è che non si può più fare affidamento sullo Zio Sam. Sfruttando la stanchezza dell’egemone gli europei dovranno riappropriarsi della loro sicurezza, tracciando così un percorso che porterà, speriamo in un futuro non troppo lontano, al ritorno dell’indipendenza europea.