Per una rivoluzione culturale identitaria, che cavalchi la tigre dell’egemonia progressista

Ott 26, 2024

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Diciamo la verità. La cultura non è sempre stata appannaggio delle Sinistre. Per considerare solo il XX° secolo, la prima metà è stata prevalente – salvo le ovvie eccezioni – la cultura di Destra, nei suoi diversi orientamenti. Non mi riferisco solo al Ventennio fascista, ma anche a quanto lo ha preceduto e in parte, a quanto lo ha succeduto almeno fino a tutti gli anni Cinquanta. Cultura cattolica e cultura laica, liberale o fascista, moderata o conservatrice, l’egemonia culturale italica nella prima metà del Novecento è stata di Destra, ove per “Destra” s’intende delle “destre”. Inutile e noioso fare l’elenco dei personaggi. Dopo la caduta del Fascismo, qualcosa è cominciato a mutare, si pensi ad esempio al neorealismo cinematografico. Dopo il Concilio Vaticano II – guarda caso – nasce in Italia il primo governo di Centrosinistra, con i socialisti al governo negli anni ’60. Al termine di essi, con il Sessantotto, la “diga” fu divelta è l’uragano devastante della contestazione dilagò, non solo in Italia, ma nel mondo.

Quando diciamo “si stava meglio quando si stava peggio”, personalmente non alludo ad un rimpianto del passato regime autoritario fascista, sebbene meriti enormi in tutte le discipline sono innegabili al fascismo, ma io alludo al declino, alla decadenza molto grave che è iniziata dopo quel famigerato ’68 che non siamo mai riusciti né ad arginarlo né a archiviarlo.

Che fine ha fatto la cultura di destra? - Marcello Veneziani

Nel 2007, un già demotivato, ma ancora speranzoso Marcello Veneziani, dava alle stampe uno dei suoi saggi più brillanti (che ho di recente riletto con piacere), ovvero, “Rovesciare il ’68”, edito Mondadori. Nel frattempo, Veneziani appare col passare degli anni sempre più pessimista e anche a-politico, o, quantomeno, a-partitico. Ad un cambiamento “vero”, sembra non crederci più. In effetti nel 2007, quel saggio sopracitato, sembrava alludere che i tempi fossero maturi per invertire il senso di marcia di una cultura, che era stata marxista-leninista, poi sessantottina e infine “woke”. Il “woke” – queste non sono parole di Veneziani, ma mie – è il frutto maturo, anzi, marcio del Sessantotto. Brevemente, il saggio di Veneziani è suddiviso in quattro parti: “L’autunno del 68. L’anno maledetto che dura quaranta”; “L’inverno del nostro scontento. Il presente, la scuola e le rovine”; “La primavera dello “sfamiglio”. Gruppo di famiglia in un inferno”; “L’estate che verrà. Pensieri contromano per liberarsi del 68”.

Il Sessantotto, l'anno che cambiò per sempre la nostra mentalità -  Fondazione Luigi Einaudi

Nonostante il giudizio di Veneziani sia (giustamente) lapidario sul ’68, egli non solo lo fa evitando moralismi troppo scontati, ma soprattutto nella parte iniziale del suo bellissimo libro, fa dei paragoni tra il ’68 e un altro evento che, ahimé, per molto tempo non se n’è parlato, ma che fu esaltante, ovvero, il 1919. Quel ’19, fu il “68 di Destra”, in quella intrepida impresa fiumana di legionari, arditi, futuristi, nazionalisti e fascisti. Il vero atto di nascita del fascismo fu lì, con Fiume e con la Carta del Carnaro, la “Costituzione più bella del mondo”. Anche Giordano Bruno Guerri nei suoi libri di storia, fa collegamenti tra Fiume e il ’68, sebbene, l’ottimo Guerri de-fascistizza Fiume e d’Annunzio considerando dannunzianesimo fiumano e fascismo quasi come opposti. Ammiro Guerri, ma questa lettura defascistizzante non mi convince minimamente. Ciò detto, Veneziani, in “Rovesciare il ’68” critica anche certi eccessi fiumani, e soprattutto, sottolinea anche le differenze, anche contrastanti tra Fiume e il ’68. Dobbiamo contestualizzare storicamente l’evento fiumano, uscito da una “vittoria mutilata” della Grande Guerra, l’eccezionalità dei personaggi, l’influenza del pensiero di Nietzsche che allude ad una “morale aristocratica”, a differenza del ’68 che fu l’utopia di considerare la “massa” eccezionale, livellando con una visione collettivistica e anarchica. Sulle vicende di Fiume, consigliamo la lettura di un recente romanzo per “Passaggio Al Bosco” di Nicola Crippa: “Il sogno di Fiume”,2024.

Impresa di Fiume - Wikipedia

Ma tornando al punto: come si esce dal ’68 “marcusiano?”, Sono importanti alcuni passaggi del saggio di Veneziani, per esempio: “La vera trasgressione è oggi la Tradizione”, oppure, “Nessuno auspica conservatori ottocenteschi, country e rétro; ma conservatori rivoluzionari e un po’ ribelli…” o ancora: “Rovesciare il 68 non vuol dire vomitarlo, ma rivoluzionare le sue premesse, gli esiti e le rovine”. Le indicazioni date da Veneziani sono utili per due ragioni: la prima per riflettere che l’epoca pre-68 non era certamente perfetta e immutabile, ma il cambiamento è stato realizzato in forma e sostanza sbagliate e che la Destra del periodo perdette un’occasione per “cavalcare il ’68” da Destra, arroccandosi su posizioni reazionarie. La seconda indicazione che Veneziani ci indica, è che per “Rovesciare il ’68”, è necessaria un’azione “rivoluzionaria”, uguale e contraria a quella storica. Allora qui ci poniamo il problema: può un governo di Destracentro a traino “Fiamma” realizzare questa azione? Fratelli d’Italia è nel Gruppo dei Conservatori e Riformisti. Per qualcuno è un ossimoro, ma non lo è: la miscela di conservatorismo e riformismo, allude ad un progetto di graduale mutazione della società (questione di leggi ma soprattutto di costumi), in senso conservatore, e non progressista. In circa due anni di governo, l’azione di Fratelli d’Italia e dei suoi alleati ha portato indubbiamente a un risultato encomiabile, ma a mio modesto parere, insufficiente, e mi chiedo se è possibile “rovesciare il 68” semplicemente con un’azione “riformista”, e non sia necessaria una nuova “Rivoluzione Culturale”, un “68 Blu”, una contestazione rivoluzionaria e identitaria che incalzi “da Destra”, la Destra di governo.

Evola, il pensiero proibito - Marcello Veneziani

Una contestazione rivoluzionaria Blu. La questione è però: chi può fare questa azione? Certamente tutta la galassia politica extraparlamentare che è posizionata su tendenze più radicalmente a Destra. Ma soprattutto il mondo dei giovani, compresi quelli che militano in FdI, e infine l’ambiente culturale e intellettuale. Compreso questo nostro giornale digitale e le pubblicazioni per Passaggio Al Bosco. Per rovesciare una rivoluzione, ci vuole un’altra rivoluzione, questo è il punto, una rivoluzione che non sia ostile al governo di Destracentro, tutt’altro, ma che lo incalzi sulla sua forza riformatrice. E qui, giganteggia, seppur rimasto finora per lo più inascoltato, Julius Evola e soprattutto il suo “Cavalcare la tigre”. Già quando il libro uscì, fu considerato da molti il testo che più di qualunque altro avrebbe potuto ispirare la gioventù di Destra per realizzare il suo mutamento. Non a caso, Evola fu definito – al netto delle terminologie e dei paragoni – “il nostro Marcuse”: fu un punto di riferimento per Pino Rauti, uno dei più colti esponenti della “destra” missina. La domanda – cattiva, me ne rendo conto, ma necessaria – è: l’elettorato di Destra legge? Legge abbastanza? I giovani militanti nelle varie destre sparse, leggono? Cosa leggono? Hanno letto Evola? Hanno letto “Cavalcare la tigre?” Lo hanno capito? L’edizione attualmente disponibile della Edizioni Mediterranee, ultima edizione del 2018, contiene una preziosa appendice di Gianfranco de Turris (che ne ha curata l’intera edizione), dove chiarisce in modo inequivocabile che il pensiero di Evola non ha mai avuto nulla a che vedere con una certa eversione o con fraintendimento di vario genere. La verità, è che l’evolismo è sempre stato un pensiero di “nicchia” nella Destra, e penso non solo che questo sia un grave errore, ma che è da qui che dobbiamo ripartire, ovvero, da una approfondita lettura e comprensione dell’intera opera di Evola, e che un testo come “Cavalcare la tigre” è indispensabile per quel Sessantotto di Destra che io ritengo ineludibile perché possa davvero cambiare l’Italia e il mondo. Perché è evidente, che se si parla di “costumi”, il problema non può essere relegato solo a questioni nazionali; è necessario un movimento di protesta globale, extrapolitico, ma non neutrale sulla visione politica, morale e culturale.

Su questo argomento, torneremo a discutere.