The Order of Fire: quando ha avuto inizio la sua avventura? Perché? Come vive e prospera?
Ho fondato The Order of Fire nel 2022 per promuovere la filosofia dell’Idealismo Solare, da me già introdotta in Fuochi nell’Oscurità, pubblicato per la prima volta in lingua inglese nel 2021. The Order of Fire nasce come movimento esclusivamente maschile, i cui membri prendono il nome di The First Men, come i Primi Uomini del mito descritto nel mio libro. Come gruppo, noi celebriamo l’eccellenza, e vediamo gli archetipi del nostro pantheon sincretico come proiezioni dell’immaginario virile – di uomini, cioè, che immaginano versioni più perfette, più ideali di sé stessi a cui tendere. Ad oggi, contiamo membri in Canada, Europa, Australia, Guatemala, India, oltre che, naturalmente, negli Stati Uniti.
I membri di The Order of Fire interagiscono soprattutto online, ma li incoraggiamo a incontrarsi anche di persona, e nel corso dell’anno organizziamo meeting che di norma includono varie forme di attività fisica – addestramento al poligono, arti marziali, sollevamento pesi o escursioni. Inoltre, quando la logistica lo consente, i nostri eventi prevedono anche il Rituale del Fuoco, evocativa ed energizzante esperienza spirituale con cui ricostruiamo il mito dei Primi Uomini e del Primo Fuoco, dando vita a una nuova asse di significato e valore in un mondo ormai sempre più preda del caos. Il rito trae le idee nello spazio fisico, rendendole più “reali” e meno “astratte una volta connesse alla dimensione esperienziale. Il rito, insomma, è un modo per convertire pensiero in azione, e intenzione in Storia. Così tanti uomini oggi non sanno chi sono o in cosa credono, e questo nostro cerimoniale ritualizza la creazione di una salda visione del mondo. In ciò, l’influenza del saggio di Mircea Eliade Il sacro e il profano si è rivelata decisiva.
Anno dopo anno, libro dopo libro, hai parlato al cuore di innumerevoli uomini in un mondo moderno che pare essersi completamente scordato cosa davvero significhi essere un uomo. Come ha contributo la tua attività di scrittore alla creazione di The Order of Fire?
C’è un passo dell’Hávamál che recita: orð mér af orði orðs leitaði, verk mér af verki verks leitaði (“parola per me da parola trassi con la parola / opera per me da opera trassi con l’opera”). Molti accademici sono convinti che gli scrittori moderni si limitino a ripetere cose che hanno letto altrove, e neppure io sono riuscito a sottrarmi all’accusa, soprattutto da parte di quanti amano far congetture su chi e cosa mi abbia mai influenzato. Beh, la realtà è che tanti cosiddetti intellettuali non sono né ispirati né originali, e quindi danno per scontato che tutti siano – come loro – incapaci di pensare con la propria testa.
Il mio lavoro segue un percorso evolutivo fatto di domande che mi pongo e a cui provo a dare risposta, e ciò mi porta ad apprendere nei modi più strani, e a concepire nuove idee in maniera organica. Mi sono chiesto: “cos’è la mascolinità”, e ne è uscita La via degli uomini. Scrivere di tribalismo in quel libro mi ha portato a domandarmi chi fosse realmente la mia gente. Eccomi dunque unirmi a una tribù, imparare un sacco di cose buone o cattive sulla mentalità tribale, e finire per scrivere Diventare un barbaro. Ne La via degli uomini, ho separato la virilità dalla morale. I due campi non sono di per sé mutualmente esclusivi, ma ciò è stato necessario per concettualizzare al meglio il primo. La domanda cardine è “cos’è un brav’uomo?”, con quell’aggettivo, “bravo”, o buono, che lasciamo definire ai filosofi. Personalmente, credo che spetti a noi stabilire cosa riteniamo essere “bene” per noi stessi, non mancando comunque di tributare al passato il rispetto che gli è dovuto. Dalle domande “cos’è il bene?” e “che tipo di uomo voglio essere?” si è naturalmente articolata la linea direttrice del mio lavoro, e frutti ne sono stati Fuochi nell’Oscurità e la fondazione di The Order of Fire. Fra noi membri, le discussioni filosofiche sono costanti, e in un certo senso, i nostri riti sono filosofia applicata ad arte.
La solitudine che i nostri contemporanei spesso sperimentano, vivendo una vita frenetica e futile o persa davanti a uno schermo a ingozzarsi di cibo spazzatura, smarriti nelle molte distrazioni che l’Impero del Nulla offre loro, è abissale. Come recuperare un rapporto autentico con la Natura potrebbe aiutare queste anime sopite a ridestarsi?
La mascolinità è un talento, e come ogni talento, per svilupparsi richiede dedizione. Un po’, è come uno strumento musicale: non suonerai mai davvero bene, godendo nel farlo, senza lunghe ore di duro esercizio a prepararti, e nessun ascolto di note altrui renderà mai la stessa gioia che viene dall’apprezzare la propria melodia. Una donna nasce donna, ma un uomo deve esercitarsi per saper davvero essere un uomo, indipendentemente da quanto la sorte possa mai avergli arriso.
Quegli uomini che sprecano le loro giornate fra merendine e videogiochi sono consumatori passivi, e così facendo rinunciano ad allenare la loro virilità. Non suonano il loro strumento. E per quanto i talenti di una persona possano variare, la mascolinità è necessariamente fisica. Noialtri, siamo esseri fisici. Nei miei vent’anni, non mi sarei mai descritto come “forte”. La forza fisica non era parte della mia identità. Quando, sulla trentina, ho riscoperto la mia virilità, e ho cominciato a sollevare pesi e a praticare arti marziali, la mia prospettiva è cambiata radicalmente. Oggi, a 50 anni suonati, i miei compagni di jiu-jitsu mi considerano decisamente forte. La mia forza, la mia possanza, è parte di ciò che sono. Ha cambiato il modo in cui io mi percepisco, in cui gli altri mi percepiscono. Un giorno, anch’io sarò vecchio e fragile, ma l’esperienza di esser stato forte, nessuno potrà mai togliermela.
Un uomo che non si è mai messo fisicamente alla prova manca di una parte importante di ciò che significa essere un maschio umano. Nella fisicità, infatti, c’è gioia e soddisfazione. Risveglia ciò che davvero siamo, e ci consente di connetterci alla Storia in un modo diverso. Con tutta probabilità, non avrai mai da incrociare la spada con qualcuno su un campo di battaglia, ma una sessione di sparring ti basterà per approcciarti a Omero e Virgilio in un modo molto più intimo e personale rispetto a qualcun altro la cui realtà è fatta soltanto di videogiochi e film sul divano.
Osservare una montagna dall’alto grazie a un drone non equivale a scalarla. In Italia, avete alcune fra le più spettacolari catene montuose al mondo. Se abitassi in Italia, starei sempre sulle Dolomiti a scarpinare. Purtroppo, però, sono pronto a scommettere che ci sarà qualcuno che leggerà questo pezzo e non ha mai mosso un passo su quelle rocce stupende. Eppure, farlo gli arricchirebbe enormemente l’esistenza.
A tanti piace lamentarsi del mondo moderno, ma il mondo antico è lì, tutto intorno a noi. Viviamolo.
Nella tua ultima fatica, Fuochi nell’Oscurità, ti inoltri a esplorare le più antiche tradizioni per portare i tuoi lettori a riscoprire valori eterni. Cosa diresti a un giovane italiano, prossimo a perdersi nel fatalismo e nella disperazione, così che egli possa trovare negli archetipi del Padre, del Condottiero, del Signore della Terra il coraggio di uscire dal perimetro, e accendere un nuovo, inestinguibile fuoco?
Per chi è disperato – un ragazzo, soprattutto, ma, in fondo, pure chiunque di noi – la miglior cura è la prospettiva. Oggi, uomo cinquantenne, non riesco neppure a ricordarmi quali fossero i miei problemi a 18 o 28 anni. I nomi di quel compagno di classe che magari odiavo, di quel preside o di quell’antipaticissimo insegnante giacciono da tempo nell’oblio più assoluto. Ciò non significa che le rogne che ti capitano nella vita non abbiano importanza (anzi, talvolta la vita potrebbero pure devastartela irrimediabilmente), ma spesso, a pensarci bene, le circostanze sono ben meno fosche di ciò che potrebbero sembrare.
La Storia, tutto ciò, lo illustra più che bene, e in un certo senso, può regalarti una sorta di cameratismo con i grandi uomini che ti hanno preceduto. Il caos e il tumulto sono normali, ma come Eraclito ebbe a scrivere, “il fulmine governa ogni cosa”. Per esempio, leggere dell’antica Grecia in cui vivevano Socrate e Platone mi ha donato una diversa prospettiva, come saggista e come pensatore. Fare domande è sempre stato pericoloso, e la cancel culture non è nata ieri. Socrate fu condannato a morte nientemeno che per aver “fatto apparire migliori le cause peggiori” e aver “corrotto la gioventù”. Erano, quelli, tempi duri, densi di conflittualità che spesso e volentieri sfociavano in guerre.
Gli archetipi del Padre, del Condottiero e del Signore della Terra sono composti di molti miti, dèi, eroi e storie. Essi rappresentano gli ideali di una variegata eterogeneità di sistemi, ma possono parlare, in qualche modo, a ciascuno di noi. Il Padre rappresenta tutti i padri celesti, la sua saggezza riunisce in sé tutte le loro saggezze, sorgente sterminata di informazioni da cui attingere. Nel Condottiero, stanno tutte le divinità guerriere e gli eroi – non da una sola cultura, ma da tutte, e non c’è retaggio – dai Sumeri ai Greci, dai Romani alla Germania antica, dagli Indù, e persino dalle Americhe e dall’Estremo Oriente – che non possa rivelarsi fonte d’ispirazione per uomini d’ogni età. Il mito, in ogni sua declinazione storica, è ricco di draghi da abbattere e forze malevole che minacciano instabilità e confusione, ma le sue leggende sono altrettanto piene di figure come Eracle e Beowulf, cantate agli uomini per incitarli a farsi più indomiti. Il Signore della Terra, infine, è il costruttore, l’agricoltore, il mercante, l’artigiano, e ogni altro volto di quell’archetipo che mantiene la vita florida e fa girare il mondo.
Per questo, in conclusione, ho voluto creare l’Idealismo Solare: perché i suoi archetipi sono importanti per tutti noi, e sempre lo rimarranno. Essi rappresentano il fuoco ardente della grandezza umana, e l’inesauribile lottare dell’uomo deciso a imporre il suo ordine nel caos. Questo, oggi come ieri, è il nostro destino.