Patrioti fiamminghi ed europei: intervista agli identitari di NSV

Mag 24, 2025

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Un fuoco patriottico arde nelle università fiamminghe: si tratta di Nationalistische Studentenvereniging (NSV), e della militanza indefessa e goliardica dei suoi giovani. Scopriamoli insieme, in esclusiva per Identitario   

NSV: chi siete?

Nationalistische Studentenvereniging (“Associazione degli Studenti Nazionalisti”) – in breve NSV – è un’organizzazione nazionalista studentesca fondata ad Anversa nel lontano 1976. Da quel primo nucleo, altri ne sorsero in seguito a Hasselt, Ghent, Lovanio, Bruxelles, Malines, oltre che nelle Fiandre Occidentali. La nostra attività militante si basa su tre pilastri: azione, educazione, tradizione. La birra che beviamo, i copricapi grigi, i nastri colorati, le nostre canzoni sono tutti elementi di una tradizione studentesca fiamminga che ad ogni costo vogliamo onorare. Però, c’è di più. Bere birra e cantare è divertente, certo, ma non basta. Un nazionalista necessita di una certa educazione, e questo per noi significa non soltanto approfondire le idee, ma curare lo sviluppo personale del singolo. Ciascun militante deve aver ben chiaro che ‘nazionalismo’ non è una parola vaga, ma una precisa visione del mondo che ogni nostro ragazzo deve mostrarsi capace di definire. Infine, abbiamo l’azione, che ci vede presenti su tutti i fronti dell’agone metapolitico. Il nostro grande corteo annuale è ormai conosciutissimo, e per suo tramite abbiamo saputo imporre diversi concetti nel dibattito pubblico. In proposito, “Generation Remigration” è un esempio perfetto. L’efficacia della nostra penetrazione ha fatto sì che i nostri ranghi, nel tempo, divenissero una fucina di futuri leader politici, uomini d’affari, intellettuali affermati. Prendete il presidente del Vlaams Belang, Tom Van Grieken: ha iniziato come membro della nostra organizzazione, e oggi guida il più rilevante partito politico della destra fiamminga.

Il nazionalismo fiammingo, fiera pagina di patriottismo europeo: vorreste ricapitolarne in breve la storia?

La vicenda del nazionalismo fiammingo, nientemeno, copre quasi duecento anni. Tutto iniziò nel 1830, quando nacque il Belgio. Quei primi nostri predecessori si trovarono d’un tratto a confrontarsi con un’entità statale decisa a sopprimerne idioma e identità. La lotta per garantire dignità e diritti alla nostra lingua rappresentò quindi il primo capitolo della nostra storia. Venne la Prima Guerra Mondiale, e per quanto non capissero il francese, ai fanti natii delle Fiandre toccava prevalentemente obbedire a ufficiali francofoni. Questo portò i reduci ad aprire gli occhi, e a dar vita al primo partito nazionalista fiammingo. Nel primo Dopoguerra, stato e chiesa agirono di concerto per reprimere i nostri interessi, ma non riuscirono mai a soffocare lo spirito volitivo dell’uomo fiammingo, che nella Seconda Guerra Mondiale indusse moltissimi dei nostri giovani – soprattutto sul fronte russo – ad unirsi a tanti altri camerati europei nella loro lotta contro il comunismo. Alla sconfitta della Germania, purtroppo, seguì un’altra ondata di repressione antifiamminga, e numerosi intellettuali e politici nazionalisti dovettero intraprendere la via dell’esilio per scampare alla galera o al plotone d’esecuzione. Tuttavia, gli anni passarono, gli uomini andarono e vennero, ma la fiamma del nazionalismo fiammingo non si spense. Nuovi partiti, nuove organizzazioni militanti – inclusa la nostra – videro la luce, per continuare dagli scranni parlamentari e dal ribollire delle piazze ciò che i nostri avi iniziarono nel fango delle trincee e nel gelo delle nevi russe.

Canzoni, birra, “cantus”, studio, tradizione: in questi tempi di grigio conformismo, come si può far sì che gli studenti tornino ad essere esempi luminosi di una salutare e allegramente combattiva gioia di vivere?

Lo stile di vita del mondo studentesco è incredibilmente degenerato nel corso degli ultimi ottant’anni, e per lo studente medio, oggi, tutto ciò che conta è sbronzarsi e far festa. Già l’abbiamo detto, la birra è un pilastro della cultura fiamminga, soprattutto a livello giovanile, e in quanto a bere bene, beh, non ci facciamo mancare nulla. In fondo, anche al miglior militante capita una volta di alzare un po’ troppo il gomito. Tuttavia, uno studente nazionalista deve saper bene che esistono dei limiti. A differenza di altri club per universitari, per noi la birra è un mezzo, non un fine. Non c’è posto per alcolizzati e ubriaconi nelle nostre fila. Uscire la sera fa piacere a tutti, spassarsela è bello, ma se un ragazzo non è disposto a porre al centro della propria vita una seria volontà di crescere come persona, non ha diritto a niente in una società ordinata. Ecco perché l’educazione è per noi così fondamentale. Ciascun nostro membro, per essere tale, deve leggere obbligatoriamente determinati libri, e frequentare scuole di formazione. NSV, in ciò, rappresenta un’alternativa salutare al debosciato e degradante mondo studentesco odierno, senza al contempo abbandonarsi a sterili bigottismi e perdere di vista la vitalità tipica della gioventù.    

A proposito di giovani coraggiosi, l’Europa intera ha assistito al trionfo della vostra recente manifestazione a Ghent. Come si posizona NSV nel grande dibattito sulla remigrazione?

Per noi, “Generation Remigration” è ben più di uno slogan. Siamo l’ultima generazione che ancora può invertire la marea montante della Grande Sostituzione, e dal canto nostro, abbiamo saputo imporre la remigrazione tanto nel dibattito pubblico fiammingo quanto nell’agenda ufficiale di partiti come il Vlaams Belang. In linea con quanto già delineato da Martin Sellner, vogliamo i seguenti gruppi di migranti fuori dalla nostra terra, subito: clandestini, che in quanto tali già non dovrebbero essere qui; zavorre economiche e culturali che pesano sul tessuto sociale delle Fiandre; immigrati che si ostinano a barricarsi nelle loro società parallele, incompatibili con la nostra cultura. Ecco, già questo sarebbe per noi un buon inizio, e per ottenerlo, da un lato si dovrebbe escludere a prescindere tali categorie dal welfare, e dall’altro la remigrazione volontaria andrebbe stimolata in ogni modo.  Inoltre, chi sceglie di continuare a vivere come un corpo estraneo in casa di chi lo ospita, rifiutandosi di andarsene, andrebbe perseguito con tutta la forza delle nostre leggi. La remigrazione è già stata nel passato una realtà più che praticabile, e può benissimo tornare ad esserlo nel prossimo futuro. Far sì che ciò accada, beh, è solo e soltanto nostro dovere.

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