Noi e Loro: Giocare con il… “fuoco”. Un film su un mondo inesistente

Apr 22, 2025

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Il 27 di febbraio 2025 è uscito nelle sale cinematografiche il film Noi e loro (Jouer avec le feu), realizzato dalle sorelle francesi Delphine e Muriel Coulin ed ispirato al romanzo di Laurent Petitmangin, Quel che serve di notte, pubblicato nel 2020.

Il film, ambientato nella periferia di Metz, un paesino ubicato nel nord-est della Francia, narra le vicende di un giovane e del rapporto conflittuale – per motivi politici – con suo padre, ex sindacalista: il ragazzo, infatti, nato in una famiglia da sempre politicamente orientata a sinistra, decide di avvicinarsi ai movimenti dell’estrema destra/ultras, suscitando così il dissenso del genitore.

Prendendo in esame il film, inizierei a trattare la parte relativa agli aspetti postivi che, a mio giudizio, sono veramente pochi: in primis, la recitazione; soprattutto merita una menzione la prova di Vincent Lindon (nelle vesti del padre, Pierre), grande attore transalpino, per la quale gli viene conferita la Coppa Volpi a Venezia 81, e che riesce sempre a mettere grande intensità nelle sue interpretazioni (per chi avesse la possibilità, consiglierei la visione della serie TV che lo vede protagonista: D’Argent et De sang ); in secundis, la fotografia, su cui ruota tutto un particolare gioco di luce/buio che richiama anche il titolo originale della pellicola; ed infine, in tertiis, qualche altra interessante trovata delle Coulin.

Detto ciò, nel continuare ad analizzare il film, passerei ad evidenziare tutte le criticità.

Secondo le due registe, questo film rappresenterebbe la realtà francese, italiana, statunitense, etc., orientata verso una deriva fascista tramite la violenza squadrista, dilagante nelle strade e spesso rivolta verso gli stranieri, ma questa visione è fallace e assolutamente lontano della realtà. Infatti, ogni giorno si registrano casi di violenze, messe in atto da gruppetti di immigrati (quasi sempre clandestini, o di seconda generazione) a danni dei locals (e quasi mai il contrario): intere zone delle città, in mano a queste bande criminali, sono quindi, per timore, accuratamente evitate dai cittadini autoctoni.

Tutto questo induce a porsi delle domande e a riflettere sulla peculiarità del punto di vista delle due registe, residenti in Francia, un paese ove le banlieue e i ghetti – luoghi ove ormai trovare un europeo è speranza vana – sono in continua espansione e il tasso di criminalità è in costante crescita; tuttavia, sembra che le due sorelle non si rendano conto di questa assoluta evidenza, pur vivendo in un paese ove la violenza, tra cui anche quella politica, è all’ordine del giorno.

In effetti, quotidianamente, in ogni angolo d’Europa, si assiste a violenze politiche da parte della Sinistra, più o meno estrema, che si manifestano con aggressioni di gruppo contro singoli militanti aventi idee diverse alle loro; contromanifestazioni che sfociano in guerriglia urbana; irruzioni in strutture pubbliche, con l’intento di impedire lo svolgimento di regolari e legali manifestazioni; etc.

Le due registe sembrano, però, cieche di fronte a queste realtà e preferiscono volgere la loro attenzione ad un’altra area politica, dipingendo un ambiente legato allo stadio e/o a concerti ove si inculca la violenza, la quale sarebbe endemicamente di Destra, trasmettendo così il messaggio, fuorviante, per cui se questa si manifesta nel campo opposto non è così grave ed è sempre «buona». Senza voler spoilerare alcunché, nel film, la violenza di Sinistra viene appena accennata, e se avviene, è solo per autodifesa, e non perseguita dallo Stato (sostenendo l’assurda tesi secondo la quale, è il ragazzo di Destra che ostacola il percorso della giustizia).

Delphine e Muriel Coulin hanno perso l’occasione per esporre una riflessione più accurata sulla violenza in generale, e su quella politica in particolare: bisogna stare molto attenti a chi gioca col fuoco, tentando di aizzare gli animi, ben sapendo di essere coperto da giornali, tv, polizia, magistratura, etc. In queste condizioni, anche solo reagire e/o difendersi, va fatto con estrema cautela, con completa cognizione di ciò che si fa e coscienza delle conseguenze delle proprie azioni. Ma fare questo tipo di analisi avrebbe richiesto alle registe un livello minimo di onestà intellettuale (cosa di cui sono evidentemente sprovviste) e la volontà di fare un vero film politico e non uno di propaganda militante.

Nel film, il giovane militante di Destra viene rappresentato con i soliti stereotipi, banalità e luoghi comuni di cui si sarebbe fatto volentieri a meno. Il quadretto famigliare è segnato dalla morte della madre che crea un vuoto difficilmente colmabile; mentre il fratello «intelligente e colto» ha successo negli studi, l’altro ragazzo, che ha un diploma tecnico, fatica a trovare lavoro e disdegna le «alte discussioni», inevitabilmente, finisce col diventare di Destra e subisce poi il «fascino» della violenza, esercitata allo stadio (nel film non si vedono scene violente) o guardando dei match di MMA (di nuovo: i bravi ragazzi non praticano questi sport da «fascisti cattivoni», sic!). Insomma, siamo alle solite della Sinistra: chi è colto e intelligente è di Sinistra; gli ignoranti, con problemi psicologici, e senza un futuro, finiscono col diventare «fascisti». A mio parere, credo che, nel 2025, non se ne possa più di questa paccottiglia semi-intellettualoide e credo che non valga nemmeno la pena di dimostrare come questi pregiudizi – e luoghi comuni – siano ormai, anzi non lo siano mai stati, basati su alcun fatto concreto. Penso sia sufficiente qualificarli per quello che sono: immondizia, frutto della più totale ignoranza e disonestà intellettuale.

Un ultimo aspetto, a mio giudizio interessante di questa pellicola di pura propaganda, è quello della violenza subita dal giovane all’interno del suo nucleo famigliare e deformata da una lettura militante: il padre, ex sindacalista di Sinistra, vieta al figlio, non solo di frequentare un certo ambiente, ma gli impedisce anche di manifestare qualsiasi idea politica contraria alla sua, arrivando a cacciarlo di casa. Bisogna sottolineare come, in tutto il film, il giovane non manifesti idee violente, razziste, nemmeno discriminatorie. Il «Noi e loro» della disgraziatissima traduzione italiana (che nulla a che vedere con «Il giocare col fuoco» dell’originale), si riassume in una semplicissima dichiarazione identitaria degli abitanti della Lorena, senza alcun accenno di odio verso altre comunità.

Ma questa censura politica viene fatta passare come normale, anzi come obbligatoria: a mio parere, dubito che un buon padre di famiglia debba imporre le proprie idee politiche ai figli, cacciandoli di casa se la pensano diversamente (per la serie: “siccome ti voglio bene e voglio che tu sia un bravo di ragazzo, devi essere di Sinistra, come me; la democrazia è bella solo se la pensi come me!”). Farebbe ridere, se non fosse che il massimo del pathos, nel film, si raggiunge nella scena in cui il padre, in lacrime, afferma di non essere riuscito a fermare il figlio. Forse, invece di tentare di imporre le proprie idee al figlio, gli sarebbe bastato ascoltarlo, mettendolo in guardia – denunciando – su come la Sinistra voglia imporre, con la violenza, le proprie idee a chi non la pensa nello stesso modo; e, quindi, sviluppare un approccio più consapevole in merito allo scontro politico. Ma, ancora una volta, è questo ciò che non si può dire all’interno di un lavoro di propaganda come Noi e loro (Jouer avec le feu): i cattivi sono solo a Destra e deve essere impedito loro di manifestare le proprie idee, eventualmente anche con minacce e violenza. Evviva la democrazia!

In definitiva, consiglio la visione di questo film, non per la recitazione o per le trovate artistiche, ma per mera “canoscenza”, con la “clausola” di recarvi al cinema animati dallo stesso spirito con cui si possono ascoltare, tra stupore e ilarità, quei radical-chic di sinistra dei programmi de La 7, quando provano a giustificare la propria incapacità di incidere sulla realtà contemporanea, descrivendo un mondo che non esiste –  e che forse non è mai esistito – popolato da mostri nazi-fascisti (presenti solo nelle loro teste), ignorando, in mala fede, come il mondo reale sia totalmente diverso.

Buona visione!