Cultura: cambiano i Ministri, ma resta la necessità (incompiuta) di scardinare l’egemonia progressista

Ott 8, 2024

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Sul caso Gennaro Sangiuliano e Maria Rosaria Boccia, e sulle conseguenze sul governo, con le inevitabili dimissioni dell’ex ministro alla Cultura, già se n’è parlato molto, anche troppo, ed evito di tornarci sopra. Quello che intendo qui discutere è che l’uscita di scena dell’ex ministro, ha permesso la sostituzione con Alessandro Giuli al suo posto. Giuli, giornalista e presidente per un anno e mezzo del MAXII (a proposito, si dovrà adesso trovare un nuovo presidente per il MAXII), è il nuovo ministro alla Cultura del governo Meloni. E già è iniziato il fuoco di sbarramento verso il nuovo ministro, perché la verità è che quello che non va a genio alle Sinistre sparse, è il tentativo (ambizioso) dell’esecutivo di porre termine, finalmente, all’egemonia culturale della Sinistra, non dico per sostituirla con una controegemonia di Destra, ma quantomeno, bilanciare la situazione. Operazione, a dire il vero, cominciata proprio con Sangiuliano e che sembra si voglia proseguire con Giuli, tanto che di quest’ultimo è fresco di stampa il saggio (del quale suggerisco la lettura) “Gramsi è vivo”, dove si spiegano le ragioni della storica egemonia progressista teorizzata da Antonio Gramsci e portata avanti dalla Sinistra fino a due anni fa. Fino a due anni fa, perché da quando è al potere il governo Meloni, la situazione è – almeno in parte – mutata.

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Parlavamo di “fuoco di sbarramento”: sì, perché la Sinistra esigerebbe che il Destracentro, mettesse al ministero della Cultura un personaggio di Sinistra, o quantomeno “neutro”. Se c’è una cosa che la Sinistra non sopporta è che si ponga fine all’egemonia progressista nell’arte e nella cultura. Pur di attaccare il nuovo Ministro, però, hanno ricordato ch’egli non possiede una laurea e quindi sarebbe inadatto al ruolo. Che ridere. Neppure il genio di Guglielmo Marconi aveva una laurea, ed è stato uno degli scienziati più grandi del mondo. E per restare sull’argomento, neppure Gabriele d’Annunzio era laureato, ed è stato scrittore e poeta tra i più eccezionali d’Italia e del mondo, con una padronanza linguistica senza pari. E che dire di Giuseppe Prezzolini, anch’egli sprovvisto di laurea; è stato uno dei più brillanti giornalisti, intellettuali e agitatori di idee. E scusate se ho citato solo nomi di intelligenze di Destra, ma giusto per rispondere a chi insiste a dir che non abbiamo intellettuali da 200 anni a questa parte!

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Il passaggio da Sangiuliano a Giuli, dunque, sarà un passo avanti? Dipenderà dalla volontà di accelerare o meno quel processo di smilitarizzazione dei feudi del culturame radical-chic. Qui però, mi sia concesso, occorre far chiarezza. Ottimo avere messo in passato Giuli al MAXXI (in attesa di vedere chi prenderà il suo posto); ottimo Pietrangelo Buttafuoco presidente alla Biennale di Venezia e del Mostra d’arte cinematografica italiana; ottimo aver nominato Annalena Benini al Salone internazionale del libro; e potrei continuare così a lungo. Ma il problema è che sia parzialmente cambiato l’hardware, senza aver intaccato il software di fondo. Un esempio: chi ha vinto la recente Mostra del cinema di Venezia? Pedro Almodovar, regista ultra-progressista e con un film che fa l’apologia dell’eutanasia. Per cercare di “bilanciare” la Mostra, si è riusciti a proiettare (fuori concorso) l’ultima fatica di Pupi Avati “L’orto americano”; sappiamo che Avati è uno dei pochi cineasti italiani non allineati al radical-chic, ma sebbene non abbia visto il film di Avati, trattasi di un horror che, dubito, esprima ideali e valori “conservatori”.

Concorso Ministero della Cultura 2024 per 75 posti, Bando

Per spiegarmi ancora meglio: non basta prendere la presidenza di questo o quell’ente per invertire il senso di marcia di un’egemonia culturale che dura ormai da oltre mezzo secolo. Bisogna che nelle giurie votanti ci siano anche personaggi di Destra, ma soprattutto, ci vuole che ci siano film, canzoni e libri di Destra, altrimenti è scontato che a vincere saranno sempre, l’eutanasia, l’aborto, i matrimoni gay, l’utero in affitto, l’accoglienza all’immigrati, o libri e film che sputano veleno sui reali o presunti crimini compiuti dai soliti “fascisti”. Occorre, dunque, una strategia precisa, organizzata, reale, trasversale, viva, concreta.

Mi chiedo, dunque: ma perché non ci sono (tranne eccezioni), sceneggiatori, registi, produttori “di Destra”? Possibile che il cinema lo voglia fare e lo sappia fare solo chi è di Sinistra? Inutile avere il controllo dei ministeri e delle presidenze delle varie manifestazioni artistiche e culturali, se poi i film, canzoni, libri sono tutti (o quasi) di Sinistra e vincono le loro tesi. Ma sapete come si fa a cambiare direzione? Si cercano i talenti e si valorizzano, creando strutture e prospettive, occasioni e palcoscenici, parole d’ordine e immaginari: per decenni, la sinistra ha letteralmente “piazzato” i propri uomini, anche in assenza di qualità specifiche. Occorrerà bilanciare questa presenza, ma partendo dai meriti e dalle qualità, che certamente non mancano. Ricerca e sviluppo, dunque, ma soprattutto volontà. Chiunque sia a capo del Ministero, è questa la priorità sul breve e medio termine. Quando ci svegliamo?