Apologia dello scetticismo: riflessioni sull’opera di Giuseppe Rensi

Apr 10, 2025

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Penso che di questi tempi sia consigliabile leggere (o rileggere) un libello filosofico di Giuseppe Rensi “Apologia dello scetticismo” che ebbe la sua prima pubblicazione in Italia nel 1926 (ovvero nella fase iniziale del regime fascista) e che è attualmente reperibile nella ristampa del 2011 per la casa editrice “La coda di paglia”, arricchito da una preziosa introduzione di Armando Torno che ci aiuta a non cadere in facili fraintendimenti sul pensiero del filosofo.

Politicamente, Rensi fu inizialmente socialista (come Mussolini), poi interventista (come il futuro Duce), e nella fase iniziale, sostenne il fascismo soprattutto nel periodo che va dal 1919 al 1922. Nel 1921 uscì un suo saggio “Filosofia dell’autorità”, dove Rensi offriva degli spunti di riflessione che giustificavano le posizioni autoritarie fasciste. Ma dopo l’affermazione definitiva del fascismo, Rensi si allontanò dal regime, arrivando anche a firmare il Manifesto degli intellettuali antifascisti del 1925 lanciato da Benedetto Croce.

C’è da dire però che, se la posizione di Rensi aderiva alla corrente dello scetticismo (inconcepibile ai tempi delle “certezze fasciste”), Rensi si distingueva tanto dall’attualismo di Giovanni Gentile, quanto dallo stesso idealismo liberale di Benedetto Croce. Croce e Gentile furono i più grandi filosofi idealisti italiani, del post-hegelismo che Rensi respingeva in toto (dopo un’iniziale, giovanile adesione).

Rensi non criticava il fascismo “da Sinistra”, ma “da Destra”; era il legame che il fascismo aveva ancora con Hegel e con il socialismo che Rensi – a torto o a ragione – contestava, non ne riconosceva la matrice conservatrice che avrebbe voluto, o non ne rintracciava a sufficienza secondo il suo personale modo di pensare. Infatti possiamo affermare che la collocazione ideale-politica di Renzi dopo l’allontanamento dal fascismo, possa esser definito conservatore. Rensi aveva tagliato i ponti con quel idealismo hegeliano che si era diviso in due correnti, quella di Sinistra che conduceva al social-comunismo marxista e quello di Destra che approdava appunto all’idealismo liberale di Croce e fascista dell’attualismo gentiliano.

Vale la pena riportare un lungo passaggio del breve saggio di Rensi:

“Stabilita, cioè, l’impossibilità se esista e che sia un Bene in sé e un Bene sommo, lo scetticismo dà i seguenti risultati riguardo alla «saggezza della vita», alla morale, alla politica: 1°) rispetto dei precetti dell’igiene, le conseguenze della cui osservanza e della cui violazione sono solidamente constatabili per via empirica, e costituiscono quindi, anche senza l’aggettivo «categorico», un imperativo assai più potente sulle coscienze di quello di Kant; 2°) benevolenza verso gli altri; non nuocere, o nuocere quanto meno possibile, anzi quanto più si può giovare, e insieme tollerare e rispettare le opinioni di giudizio e diritto di «non-conformismo»; tutto ciò onde poter vivere in un ambiente amico, in quel commercio spirituale soddisfacente, in quell’insieme di rapporti di reciproca simpatia con gli altri, che costituisce una delle più ricche fonti di contentezza che il mondo possa offrire (…) 3°) repressione delle passioni, delle cupidigie, delle «elationes», perché tolgono la «aritas», la serenità e tranquillità di spirito, che è, come sensazione immediata, l’unico bene certo e possibile, certo appunto per essere una di quelle sensazioni immediate la cui esistenza e verità non è controvertibile; 4°) nessuna pretesa di trasformare da capo a fondo la società, poiché (oltre il turbamento e l’agitazione che un’azione in tal senso procura a chi la tenta) è impossibile conoscere e antivedere le conseguenze riflesse e ultime che da un siffatto radicale capovolgimento sorgeranno, conseguenze che, per l’«eterogenesi dei fini», possono essere diversissime e opposte rispetto a quelle che chi effettua il cangiamento si proponeva; quindi invece opera a ritoccare con prudenza il mondo sociale dato; 5°) dominio della ragione oculata (s’intende nel senso di ragione empirica e pratica, nel senso di «senno»), «sottoposizione ad esempio dei moti spirituali, forza di volontà. Su di una base empirica e positiva, sulla base della negazione del Bene (in sé), lo scetticismo dunque fa sue, e asside più solidamente di quanto altre più pompose dottrine riescono a fare, le quattro «virtù cardinali»: prudenza, giustizia, fortezza e temperanza”.

È evidente da questo lungo passaggio che Rensi fosse refrattario alle trasformazioni “rapide e violente” tipiche delle rivoluzioni, che allora erano soprattutto presenti nel bolscevismo e nelle imitazioni marxiste che in Italia segnarono il nefasto “biennio rosso”. Ma l’uscita nel 1926 di un libro apologeta dello scetticismo, critico dell’idealismo e del razionalismo, non poteva non essere indirettamente una presa di distanza anche dal fascismo e dalle posizioni sia di Gentile che di Croce. Vi è anche un chiaro riferimento alla necessità di conservare ed esaltare un pluralismo di punti di vista in chiave democratica, non si spiegherebbe altrimenti la conclusione rensiana che lo scetticismo conduce a dubitare di qualsiasi posizione “finale”; non c’è un giusto e un torto assoluto e se c’è, non è da noi determinabile. Quando una posizione dominante si impone, si scivola nell’autoritarismo, o peggio, nel totalitarismo. Dov’è il limite del pensiero di Rensi? Il rischio di scivolare nel relativismo, nel negare che ci siano un Vero e un Bello in assoluto; il rischio di aderire a posizioni positivistiche e materialistiche, il distacco dalla metafisica oltre che dall’idealismo, e quindi, infine, sfiorare l’ateismo o quantomeno l’agnosticismo. Rensi cerca in questo libro di specificare che non è questa la sua visione, afferma che c’è ovviamente un Vero e un Bello, ma sono imponderabili, non fenomenologicamente concepibili a livello razionale, e che la realtà con cui dobbiamo fare i conti quotidianamente è sempre “relativa”.

Senza sfociare nel “disfattismo”, nel “pessimismo assoluto”, tutt’altro, perché dunque ne consiglio la lettura di questi tempi? Perché se il trascorso della Destra italiana, dal MSI, ad Alleanza nazionale fino a Fratelli d’Italia, ha fatto approdare il fascismo, neofascismo, postfascismo in una nuova concezione nazional-conservatrice, e perciò ritengo che – senza nulla rinnegare – pensatori conservatori e “pessimisti attivi” come Rensi possono essere utili “bussole” per orientarsi. Usciamo da un lunghissimo periodo di egemonia culturale, prima marxista-leninista, poi maoista e sessantottina e infine radical-chic. Usciamo da uno di quei “conformismi” denunciati da Rensi, il politically correct e il Woke. Il regime del “pensiero unico”. La lettura di Rensi ci aiuta a distinguere questa pretesa progressista di stravolgere il mondo in senso “idealistico” (qui in senso che Hegel definiva il suo “idealismo oggettivo”, poi rovesciato da Marx in “materialismo oggettivo”), ma ci può aiutare anche a esser prudenti e non cadere nella tentazione opposta, di capovolgere il mondo seguendo un opposto “idealismo”. Normale che tutti i nostri sforzi ci spingano a “rovesciare” le posizioni di forza in favore, non dico di una nuova egemonia opposta, ma quanto meno di un “bilanciamento”. Personaggi come Trump, Musk e Milei (nel momento in cui scrivo) stanno di fatto sconquassando gli equilibri politici, culturali, etici ed economici del mondo, con apparenti spunti positivi da cogliere, ma anche con insidiose novità da osservare con attenzione e prudenza. Dove stia andando il mondo e se stia andando dove la Destra – per come noi concepiamo “Destra” – desidera, non ci è ancora francamente chiaro sapere. Il governo italiano e FdI stanno annusando il vento, cercano di capire se e come cogliere l’occasione, se seguire o no la corrente. Giusto. Tuttavia bisogna usare cautela, onde evitare di passare da un fanatismo ad un altro. Non è questo lo spazio per riflettere sui rischi del “trumpismo”, ma mai come adesso è consigliabile, andare avanti, ma con… “scetticismo“attivo”.